Festival dell’Economia 2012: tra green economy, paesaggio e conflitti generazionali
Si parlerà di “giovani anziani”, persone tra i 60 e i 70 anni in buona salute che non svolgono alcuna attività. Di “giovani NEET” (Not in Education, Employment, and Training), che non lavorano e non studiano al tempo stesso. Si parlerà di quel ritiro precoce che crea problemi ai giovani e agli adulti quando raggiungono l’età in cui non sono più in condizione di guadagnarsi da vivere. “Cicli di vita e rapporti tra generazioni” è il tema del Festival dell’Economia di Trento Rovereto, edizione 2012. Da venerdì 1 giugno fino a domenica 3 si alterneranno nomi come Christopher Pissarides, Johan Galtung, Carlo De Benedetti, Remo Bodei, Susanna Camusso, Orazio Attanasio, Federico Rampini, Alessandro Profumo e Lucrezia Reichlin, Diane Coyle, Chiara Valentini, i ministri Clini, Fornero e Passera, George Soros, Ilvo Diamanti, Pierluigi Stefanini e Serge Latouche.
Scontro tra padri e figli, certo, ma al centro della kermesse anche la green economy. Simone D’Antonio, Scot Horst, Alberto Pacher e Mario Zoccatelli parleranno di “Green generation: la sostenibilità ambientale per un patto intergenerazionale”. H.B.J. (Rik) Leemans discuterà di “Cambiamenti climatici e sfide future per un’economia sostenibile”, una riflessione sulla relazione tra i cambiamenti climatici e l’attuale fase di crisi del modello economico vigente. “Coltiviamo un’altra economia. La terra non è un dono dei nostri genitori, ma un prestito dei nostri figli” è l’appuntamento organizzato da Leonardo Becchetti e Antonio Tricarico. Sabato Diane Coyle presenterà invece il suo libro “Economia dell’abbondanza”. “2030. La tempesta perfetta” vedrà poi protagonisti Innocenzo Cipolletta e il ministro Corrado Clini. E di paesaggio discuterà Ugo Morelli, Presidente del Comitato Scientifico della Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio che organizza un ciclo di incontri e che abbiamo voluto intervistare.
D) Prof. Morelli, come si educa al paesaggio?
R) L’educazione al paesaggio degli adulti è sempre e comunque un’educazione a partire dall’esperienza. Ciò vale in una certa misura anche per i bambini e gli adolescenti. Ognuno di noi ha un’esperienza di luoghi di vita e della loro trasformazione simbolica in paesaggi. Condizione per l’educazione al paesaggio è quindi la valorizzazione dell’esperienza che rappresenta il sapere ingenuo da cui far scaturire le discontinuità necessarie per apprendere il paesaggio come spazio e forma di vita.
D) Che posto ha il paesaggio nella nostra epoca?
R) Da sfondo formale e decorativo il paesaggio si configura oggi come sede di elaborazione della vivibilità tra uomo e ambiente e assume le caratteristiche di un progetto e di un’invenzione di nuove condizioni per giungere a sentirsi parte del sistema vivente come via per il futuro da parte del genere umano.
D) Paesaggio e tecnologia, c’è un legame?
R) La tecnologia è condizione sistematica di interdipendenza tra artefatti e pensiero e, da questo punto di vista, tutte le azioni che gli esseri umani compiono nell’ambiente di cui sono parte sono azioni tecnologiche in quanto, in ragione della competenza simbolica, la specie umana si evolve agendo tecnologicamente nella natura di cui è parte. La questione cruciale diviene quindi la responsabilità delle scelte tecnologiche con cui interagiamo e interveniamo negli spazi di vita dando loro forma.
D) Come si conciliano paesaggio e modernità?
R) Se la modernità è considerata come il luogo e il tempo del progetto prometeico di manipolazione senza limiti della natura, tra paesaggio e modernità si istituisce una immediata contraddizione che oggi è quanto mai necessario elaborare per vie inedite. Se invece per modernità si intende, come pare verosimile intendere, il tempo attuale, l’ “adesso”, allora il paesaggio diviene la condizione decisiva per vivere il presente all’altezza del nostro tempo.
D) Lei spesso parla di brutalizzazione della bellezza, perché è oggi importante, anche dal punto di vista ambientale, ripristinare il concetto di bellezza?
R) La bellezza non può essere riducibile all’aspetto esteriore delle cose ma riguarda la connessione tra mondo interno e mondo esterno mediante la quale un animale simbolico come l’uomo giunge a una estensione o a una mortificazione del modello neurofenomenologico di se stesso. La bellezza è perciò opportunità e vincolo per divenire se stessi da parte degli esseri umani. In tal senso, più che ripristinarne una visione e concezione canonica, abbiamo bisogno di istituirne una teoria e una prassi elaborando l’angoscia che l’accesso alla bellezza comporta.
D) Lei pensa che la sostenibilità ambientale possa realmente essere il fondamento su cui basare le future prospettive di crescita?
R) Il concetto di sostenibilità è quanto mai vago, in quanto ogni forma di presenza e ogni forma di sviluppo si configura come una relativa alterazione degli equilibri esistenti. La questione cruciale con cui ci confrontiamo oggi, ribadisco, più che la sostenibilità è la responsabilità di riconoscere le soglie e i limiti delle forme di sviluppo a partire dalla difficile svolta cognitiva e affettiva che, sola, ci può portare a sentirci parte di tutto il sistema vivente da cui la nostra stessa vita dipende.
Francesca Fradelloni