Dall’Eco-Innovation Summit le nuove sfide per l’Europa
Una tassa europea sulle risorse energetiche, il volto green del prossimo piano quinquennale della Repubblica Popolare Cinese e nuovi interrogativi sul Protocollo di Kyoto: questi i temi dell’Eco-Innovation Summit 2011, tenutosi presso il think tank Lisbon Council di Bruxelles lo scorso 13 Gennaio.
Inevitabilmente il tema del Summit, Cancún –and Beyond: Europe’s Next Steps on the Road to a Low-Carbon Economy and Sustainable Future, non poteva non essere legato alle promesse fatte a Cancún e alle azioni concrete che i Paesi europei dovrebbero adottare per una politica economica basata sulla sostenibilità energetica ed ambientale. Colonna portante del Summit è stato il panel a cui hanno partecipato il Commissario Europeo sul clima, Connie Hedegaard, Jules Kortenhorst, della European Climate Foundation, e Harry Verhaar, senior director dell’ufficio per cambiamento climatico ed energetico della Philips.
L’intervento della Hedegaard è stato chiaro e diretto e ha evidenziato tre importanti aspetti che l’Unione Europea dovrebbe considerare nella formulazione della futura agenda politica sul piano ambientale ed energetico. In primo luogo il Commissario ha parlato di “paradigm shift” riguardante la tassazione. “Dovremmo tassare maggiormente ciò che bruciamo e in minor misura ciò che guadagniamo”, ha detto la Hedegaard, sostenendo che una tassazione sulle risorse energetiche sarebbe un modo intelligente per finanziare i budget degli stati membri in tempi di austerità economica come quelli che stiamo vivendo. La danese ha inoltre aggiunto che Paesi come la Svezia e la Danimarca, che hanno da tempo un piano di tassazione sulle risorse energetiche, non hanno perso la propria competitività economica, anzi.
A supporto della proposta della Hedegaard, Kortenhorst ha aggiunto che bisognerebbe cambiare anche l’approccio: la questione non è più “come risolvere il problema, ma come sfruttare le opportunità”. “La competitività dell’economia europea dipenderà dal ruolo che l’Europa riuscirà a giocare nell’ambito della green economy”. Ancora una volta viene dunque messa in evidenza, in sede europea, la necessità di un nuovo piano di crescita per il futuro che non guardi solo all’aumento del Pil ma anche – e soprattutto – alla qualità della vita.
A quanto pare anche la Cina ha appreso questo concetto e lo ha fatto proprio. Dal summit, infatti, è emerso che l’Europa rischia di perdere la propria leadership in tema di politiche per la riduzione delle emissioni di CO2, soppiantata paradossalmente dalla Cina. Il colosso asiatico si prepara infatti (neanche troppo lentamente) a diventare un colosso green, dal momento che il prossimo piano quinquennale, che dovrà essere approvato dal Congresso Nazional-Popolare Cinese a marzo, contiene molte ed incisive iniziative rivolte alla salvaguardia dell’ambiente e alla riduzione delle emissioni. Un “Emission Trading Scheme” di stampo europeo, regole per determinare il prezzo di vendita dell’energia e ben sette aree dedicate all’innovazione industriale e tecnologica nell’ambito ambientale, climatico e energetico pare debbano diventare una priorità per l’economia cinese.
Il piano cinese rappresenta dunque una seria sfida per l’Europa, che fino ad oggi ha guardato dall’alto in basso i prodotti cinesi, accusati di scarsa qualità e insostenibilità ambientale . Ma è noto che i cinesi non scherzano e quando si applicano difficilmente invertono la marcia – come succede invece alle nostre longitudini. Secondo il Commissario Hedegaard, l’unico modo che hanno i Paesi europei per far fronte all’avvento di una green-economy capitanata esclusivamente dalla Cina è di adottare nuovi standard e target di crescita sostenibile e di aumentare gli investimenti nel campo dell’innovazione tecnologica ambientale. Il tutto avrebbe un riscontro positivo importante non solo per la salute del Pianeta ma anche per quella dell’economia dei Paesi europei.
Quando si parla di target, infine, è d’obbligo spostare l’attenzione sul Protocollo di Kyoto, soprattutto in vista della conferenza delle Nazioni Unite che si terrà a Durban, in Sud Africa, il prossimo dicembre, per stabilire i parametri di un accordo successivo al Protocollo di Kyoto, la cui validità termina nel 2012. La discussione, durante l’Eco-Innovation Summit, si è orientata proprio sulla valutazione dell’effettiva efficacia del Protocollo negli ultimi dieci anni e sull’opportunità di continuare nella stessa direzione oppure varare un nuovo accordo ad hoc. Hedegaard non ha voluto creare false aspettative invitando ad essere obiettivi: raggiungere un accordo internazionale che ponga obblighi legali sarà difficilissimo. Senza contare che “i costi per l’implementazione del Protocollo sono stati e continueranno ad essere alti”. Ma è anche vero, ha poi aggiunto, che “non è prudente gettare ciò che si possiede, a meno che non si sia sicuri di avere un’alternativa maggiormente efficace”. Sta di fatto che a Cancún non è stato raggiunto alcun accordo significativo in merito e, inevitabilmente il futuro di Kyoto rimarrà una dei temi più spinosi nel dibattito globale sull’ambiente.
Donatella Scatamacchia