Valorizzare il suolo sprecato: un progetto per recuperare le “aree residuali” delle infrastrutture stradali
In Italia ogni secondo circa 7 metri quadrati di superficie agricola o naturale vengono coperti da asfalto o cemento. Ogni giorno vengono impermeabilizzati in modo irreversibile circa 55 ettari di superficie vergine, con il consumo di suolo che è passato dal 2,7% degli anni Cinquanta al 7% del 2014. Un incremento dovuto principalmente allo sprawl urbano e alla realizzazione d’infrastrutture di trasporto. Infatti, secondo l’Ispra, le sole strade pesano per il 41% sul consumo di suolo. Questo tipo d’infrastruttura, infatti, oltre a comportare le “classiche” conseguenze, provoca deterioramento del territorio anche senza impermeabilizzazione, poiché la frammentazione rende gli spazi non sigillati interclusi difficilmente recuperabili e di minore qualità ambientale.
Durante la recente iniziativa “Valorizzazione ambientale ed economica delle aree infrastrutturali” è stato presentato un progetto di ricerca e di studio di fattibilità (“Modello di sviluppo delle aree infrastrutturali”) del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali dell’Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con la Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza Geometri (Cipag), che punta a recuperare concretamente e a valorizzare queste aree “residuali” create dalle infrastrutture destinate alla mobilità.
Dai primi risultati della ricerca, ottenuti tramite l’utilizzo di software GIS (Geographic Information System), emerge che, solo le aree degli svincoli autostradali rappresentano circa 1.500 ettari che potrebbero essere recuperati (come 1500 campi da calcio), con un aumento del valore economico, sociale ed ambientale di questi spazi. Per esempio, lo studio ha analizzato nel dettaglio i 47 svincoli dell’autostrada A1, ipotizzando di poter recuperare fino a 91 ettari dei quasi 109 inutilizzati (84%), mentre degli 88,5 ettari attualmente fuori uso perché inclusi tra i 62 svincoli della E45, è possibile riqualificarne fino all’82,5% (72,9 ettari su 88,5).
Il progetto dell’Università di Perugia mira a riqualificare queste aree tramite cinque differenti ipotesi: piantagioni per la produzione di biomassa legnosa o la produzione di legname di pregio; realizzazione di “isole di bellezza paesaggistica” o “isole di conservazione della biodiversità vegetale” o, ancora, realizzazione di sistemi naturali di raccolta delle acque.
“Il ritorno alla buona abitudine di non sprecare l’enorme valore del territorio del nostro Paese che troppo spesso subisce, oltre al danno della cementificazione, anche quello dell’abbandono e del disuso, ci ha guidato nel sostegno a questa iniziativa”, ha dichiarato Fausto Amadasi, Presidente Cassa Italiana Previdenza e Assistenza Geometri (CIPAG). “Siamo convinti – ha aggiunto – che questo progetto avrà effetti concreti e ci aiuterà a far capire a tutti gli operatori del settore che è possibile creare valore attraverso il recupero di zone inutilizzate e che, quindi, la cura dell’ambiente e dell’ecosistema non è solo di tipo conservativo, ma può essere fonte di ricchezza economica, di sviluppo del nostro territorio e di recupero di una cultura del rispetto del paesaggio e del ‘bel Paese’. Ci sono enormi possibilità”.
Oggi la gestione delle aree infrastrutturali costa all’Anas o alle società autostradali circa 2.000 euro/ettaro per la pulizia, lo sfalcio e la potatura degli alberi, “Con alcuni progetti di riqualificazione – sostiene il prof. Angelo Frascarelli – ad esempio usando queste aree per produzioni da biomassa o legname da opera, si possono ridurre questi costi a 500 euro/ha (-75%), con un risparmio di 1500 euro/ha; inoltre si crea fatturato e occupazione su aree inutilizzate”. “Non solo – prosegue Frascarelli – con il progetto di utilizzazione di queste aree a mantenimento di biodiversità vegetale, si possono creare isole di conservazione delle specie vegetali. E’ di pochi giorni fa l’approvazione in Parlamento della legge sulla biodiversità: negli svincoli autostradali possiamo creare “isole di biodiversità vegetale e di bellezza paesaggistica”. Ma il vantaggio maggiore sarebbe la sottrazione di anidride carbonica dall’atmosfera e il contrasto all’effetto serra. Uno svincolo, come quello di Orte, da solo, ad esempio è in grado di sottrarre 298 tonnellate di CO2 in 10 anni. Come se venisse assorbita tutta la CO2 prodotta in un anno da quasi mille autovetture che viaggiano nella tratta tra Roma e Firenze.
Alla presentazione del progetto hanno partecipato Gian Antonio Stella, giornalista Corriere della Sera e scrittore, con un intervento su “Sprecopoli: l’Italia degli sprechi e del degrado”, Roberto Reggi, direttore Agenzia del Demanio e Stefano Lo Russo, presidente della Commissione Politiche abitative, Urbanistica e Lavori pubblici di ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e Assessore all’Urbanistica della Città di Torino.