Sentenza Eternit, Legambiente: “Ora bisogna continuare con le bonifiche”
La Corte di appello di Torino ha condannato il magnate svizzero Stephan Schmidheiny a 18 anni di reclusione, per disastro ambientale doloso e omissione dolosa di misure di sicurezza nell’ambito del processo Eternit. In primo grado il manager della multinazionale dell’amianto era stato condannato a 16 anni. “Una sentenza esemplare che restituisce giustizia a migliaia di persone e famiglie che hanno sopportato e sopportano ancora un vero calvario. Speriamo che anche il terzo grado di giudizio confermi questa sentenza perché il caso italiano sia ora d’esempio e faccia giurisprudenza nel mondo, soprattutto nei Paesi dove l’amianto continua ad essere estratto e lavorato e continua silenziosamente a mietere vittime”, ha commentato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza.
Anche Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, costituitasi parte civile al processo e presente alla lettura della sentenza insieme a centinaia di persone tra cui moltissimi francesi, esprime soddisfazione per il verdetto di secondo grado. “Questa sentenza è sicuramente un risultato storico per la tutela dei lavoratori ma anche per la salute dei cittadini che ancora oggi, spesso inconsapevolmente, sono esposti al rischio amianto – spiega Fabio Dovana, presidente della sezione Piemonte e Valle d’Aosta – ma proprio per loro crediamo importante avere la garanzia che i risarcimenti ai Comuni arrivino presto per continuare le bonifiche e limitare il diffondersi ulteriore dei casi di tumore. Ogni anno a Casale Monferrato continuano a morire almeno 50 persone per patologie legate all’Eternit. Inoltre riteniamo grave che Inail e Inps siano stati esclusi dai risarcimenti perché proprio loro dovranno affrontare le spese per i malati attuali e futuri”.
E’ un’eredità pesante quella della produzione d’amianto nel nostro Paese, che va da un milione di metri quadrati delle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (AL) ai 45 milioni di metri cubi di pietrisco di scarto contaminato presso la miniera di Balangero (TO), passando per i 90.000 metri cubi di fibra, in varie forme, contenuto nello stabilimento produttivo di cemento-amianto nella città di Bari, fino ad arrivare alle 40.000 big bags contenenti rifiuti d’amianto prodotti fino ad oggi con la bonifica di Bagnoli a Napoli. C’è poi l’amianto domestico, sparso nelle case, scuole o edifici pubblici. Su questo non ci sono ancora dati certi: le ultime stime del Cnr e dell’Ispesl parlano di oltre 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, ma i numeri totali potrebbero essere maggiori.
“Le bonifiche – conclude Cogliati Dezza – in molti casi o non sono partite proprio o sono ancora nella fase di messa in sicurezza. Non c’è più tempo da perdere, dobbiamo liberarci dall’amianto quanto prima e evitare che la strage possa continuare per troppo tempo nel futuro”. Purtroppo i dati sanitari dell’Inail ci dicono che nel nostro Paese gli effetti dell’esposizione all’amianto sono destinati a crescere fino al 2020 e le stime indicano alcune decine di migliaia di casi nei prossimi anni.