Nuova inchiesta Greenpeace sul pesce azzurro: “Blu gold in Italy”
Il pesce azzurro è al collasso. Crollano acciughe e sardine in Adriatico. Lo rivela un’inchiesta realizzata da Greenpeace, “Blu gold in Italy“, focalizzata su Chioggia che, insieme al vicino porto di Pila di Porto Tolle, è uno dei luoghi più importanti in Italia – e tra i primi nel Mediterraneo – per la pesca di pesce azzurro, con una notevole quota della produzione nazionale immessa sul mercato italiano ma anche, in parte, esportata.
Il principale metodo di cattura utilizzato, la “volante a coppia”, consiste in una rete sospesa a mezz’acqua trainata contemporaneamente da due imbarcazioni “gemelle”. Negli ultimi anni questo sistema di pesca sta tendendo a soppiantare il più tradizionale sistema della “lampara“, dove una forte luce concentra i banchi di pesce azzurro che sono catturati da una rete che circonda il banco.
I dati scientifici degli ultimi 40 anni mostrano un declino delle popolazioni di acciughe e sardine in Adriatico, e il rapporto di Greenpeace mostra come il Governo italiano nel corso degli anni abbia di fatto promosso un incremento della pressione di pesca su queste popolazioni permettendo un aumento del numero delle imbarcazioni autorizzate, e della stazza delle stesse, anche grazie all’artificio delle licenze di “pesca sperimentale” che di sperimentale non avevano nulla: una vera e propria flotta fantasma che alla fine è stata “regolarizzata”. Tutto ciò ha messo a rischio la salvaguardia dei popolamenti ittici e la redditività del settore, mentre il sovrasfruttamento di alici e sardine ha innescato un circolo vizioso: la diminuzione del prodotto ha causato un aumento dei prezzi di mercato stimolando l’incremento della pressione di pesca.
Lo stesso problema si registra nel canale di Sicilia, dove pure operano “volanti a coppia” che, secondo l’Organizzazione dei Produttori della Pesca della Sicilia Occidentale, godono di un’autorizzazione sperimentale rinnovata ormai da 20 anni pescando praticamente tutto l’anno acciughe sotto taglia e compromettendo quindi la capacità riproduttiva della specie.
Greenpeace ha documentato anche il rigetto in mare di acciughe e sardine, soprattutto durante il periodo estivo quando il prezzo di mercato delle specie non è conveniente. L’Italia, a fronte di una flotta di pesca tra le maggiori in Europa, è nota per la sua riluttanza ad applicare i regolamenti di pesca dell’UE. La storia delle reti pelagiche derivanti d’altura, le cosiddette “spadare“, lo dimostra: per tale vicenda l’Italia condivide con Panama il poco onorevole primato di essere elencata nei rapporti del Dipartimento del Commercio USA tra gli Stati i cui pescherecci esercitano pesca “pirata”.
“Problemi come questi non sono limitati all’Italia e devono essere risolti dalla riforma, in corso, della politica comune della pesca. Per questo Greenpeace chiede ai governi dell’UE e al Parlamento Europeo di concordare nuove leggi per arrivare a una pesca sostenibile – afferma Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace – In particolare, è urgente che la Commissione chiarisca qual è il ruolo della pesca sperimentale nel nostro e negli altri Paesi comunitari, perché si tratta di un vero e proprio sommerso delle attività di pesca, che mina ogni piano di recupero degli stock”.