“Microinquinanti emergenti”: il lato oscuro delle sostanze chimiche quotidiane
Si sono conclusi con una tavola rotonda al Politecnico di Milano i due giorni di convegno promossi da Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C) sul tema “Microinquinanti emergenti”, che ha visto un’ampia partecipazione di rappresentanti delle imprese, degli enti pubblici e dell’università, attirati da un tema di grande importanza, ma ancora poco noto al pubblico e poco trattato dai media nazionali.
I contaminanti emergenti sono da oltre un paio di decenni oggetto di attenzione da parte della comunità scientifica e, più di recente, degli organi di pianificazione e controllo, sia a livello europeo che nazionale. Nuove sostanze o classi di sostanze (farmaci ad uso umano e veterinario, distruttori endocrini, composti perfluorurati ed altri) vengono progressivamente individuate giungendo ad annoverare oltre 2.700 composti, come nel recente rapporto tecnico del Joint Research Centre della Commissione Europea (EUR 28925, 2017).
Il convegno si è svolto immediatamente a valle dell’entrata in vigore (31 maggio 2018) del Regolamento REACH (Regolamento (CE) 1907/2006), il sistema integrato di registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche che mira ad assicurare un maggiore livello di protezione della salute umana e dell’ambiente. Circa 30.000 sostanze e prodotti chimici dovranno infatti essere soggetti ad un esame sulla loro pericolosità e inseriti in un database comune a tutti gli Stati membri dell’Unione Europea. Queste sostanze rappresentano solo una parte delle diverse migliaia di sostanze chimiche potenzialmente contaminanti le acque, i sedimenti e il biota di fiumi, laghi e mare che sono state già prodotte. Il REACH, infatti, si applica a tutte le sostanze chimiche: non solo a quelle utilizzate nei processi industriali ma anche a quelle che vengono adoperate quotidianamente nei detergenti, nelle vernici, e quelle utilizzate per i tessuti degli abiti, per i mobili e gli elettrodomestici.
Il convegno, muovendo da una visione regionale del problema in Lombardia ed allargando l’orizzonte a strategie di respiro internazionale, ha fatto il punto sulla presenza di contaminanti prioritari ed emergenti nelle acque, sulle fonti e sui meccanismi di immissione in ambito municipale, industriale, agricolo e zootecnico e alle tecniche di rimozione. Erano presenti oltre al Politecnico di Milano-DICA, al Consiglio Nazionale delle Ricerche-IRSA, all’Università degli Studi di Milano Bicocca-DISAT e alla Lariana Depur. anche l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Lombardia, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, l’Università degli Studi dell’Insubria, l’Agenzia Regionale Prevenzione, Ambiente ed Energia dell’Emilia Romagna, l’Università di Ferrara e l’Istituto Superiore di Sanità. Hanno inoltre portato le loro testimonianze importanti istituzioni internazionali come il Joint Research Centre-EC, l’Universitad de Santiago de Compostela, l’Université de Limoges e il Dipartimento per il Territorio del Cantone Ticino.
Tra le soluzioni tecnologiche e le prospettive gestionali sono state analizzate le prestazioni dei processi convenzionali e di quelli più avanzati, considerando esempi applicativi nazionali ed internazionali. Sono state infine discusse le possibili vie per contenere i rischi considerando, in particolare, l’esperienza della Svizzera che ha avviato una politica nazionale di adeguamento degli impianti di depurazione municipali ritenuti più rilevanti al fine di abbattere dell’80% il carico di microinquinanti emergenti residui negli effluenti e la strategia della fondazione ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Compounds) per eliminare (o, almeno, ridurre) il carico di composti pericolosi derivante dall’industria tessile e della moda.
Nella tavola rotonda conclusiva ha avuto luogo un confronto tra ricercatori, rappresentanti dell’industria, tecnici del monitoraggio ambientale, gestori del servizio idrico integrato ed amministratori pubblici e privati, sulle azioni necessarie per un utilizzo equilibrato delle nuove sostanze chimiche e per la loro rimozione, in linea con il mantenimento di una idonea qualità ambientale delle risorse idriche.
Dalle conclusioni del convegno è emerso che, oltre a proseguire il monitoraggio della presenza di queste sostanze nell’ambiente, nelle acque reflue e di approvvigionamento, e le attività di ricerca per comprendere i meccanismi di rimozione e di sviluppo delle tecnologie di abbattimento, nei prossimi anni sarà necessario sviluppare strategie con un approccio olistico e di collaborazione tra i vari attori coinvolti (Enti di pianificazione e controllo, Università e centri di ricerca, gestori del servizio idrico, fornitori delle tecnologie).