La coalizione #StopGlifosato scrive al ministro Martina: “Italia si schieri per modificare la PAC”
Inizia oggi, in sede europea, la discussione sulla revisione della PAC – la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, per decidere se più di un terzo delle spese comunitarie debba andare a favore di un’agricoltura “pulita” in grado di produrre cibo sano, ambiente, lavoro, nell’interesse di tutti i cittadini, o a finanziare l’inquinamento, lo spopolamento delle campagne e l’impoverimento della qualità dei cibi.
Dopo la recente decisione della regione Toscana di allinearsi alla Calabria, eliminando il glifosato dai disciplinari dell’agricoltura integrata finanziati con il PSR, e il successo che in tutta Europa sta raccogliendo l’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) per raccogliere 1 milione di firme contro il glifosato – 45 Associazioni (riunite in Italia nella Coalizione #StopGlifosato), chiedono ora al Ministro Maurizio Martina, in occasione del Consiglio dei Ministri europei dell’Agricoltura del 6 marzo, che l’Italia assuma una posizione chiara e si schieri nettamente a favore di una modifica dell’intera PAC.
La Politica Agricola Comune della UE, infatti, nonostante utilizzi circa il 38% del bilancio comunitario, pari a oltre 55 miliardi di Euro all’anno, ha clamorosamente fallito la ricerca di soluzioni efficaci ai problemi che affliggono il settore agricolo, l’agroecosistema e la società rurale. Le promesse di realizzare una politica “equa e verde”, con una necessaria semplificazione burocratica, fatte dall’ultima riforma non sono state mantenute. E’ ormai chiaro che l’attuale politica è inadeguata ad affrontare i problemi delle aziende agricole e non contribuirà a risolvere la crisi ambientale globale.
Per Maria Grazia Mammuccini, portavoce delle Associazioni, “è possibile agire subito con scelte concrete per una riforma radicale della PAC, perché i primi dati sull’attuazione del periodo di programmazione 2014 – 2020 confermano che questo strumento finanziario dell’Unione Europea è iniquo ed insostenibile”.
I dati presentati recentemente nell’ambito della Rete Rurale Nazionale dimostrano infatti che la PAC attuale, attraverso i Piani di Sviluppo Rurale, assegna a pratiche agricole che consentono l’uso della chimica di sintesi come l’agricoltura integrata e quella conservativa 2,4 miliardi di euro, contro gli 1,7 miliardi destinati all’agricoltura biologica e biodinamica, due pratiche agronomiche che non utilizzano sostanze chimiche di sintesi: ben il 30% in meno.
Ma non solo. In moltissime regioni sommando le diverse premialità l’importo a ettaro dei contributi è superiore per chi produce facendo uso del glifosato, il diserbante più utilizzato in agricoltura accusato di essere probabilmente cancerogeno per l’uomo, rispetto a chi produce in biologico e biodinamico. Ecco alcuni esempi: in Puglia l’olivo coltivato con il metodo dell’integrato più impegni aggiuntivi ha un premio a ettaro di 426 e in biologico di 377 euro. In Sicilia per le ortive in produzione integrata più impegni aggiuntivi il premio è 660 euro a ettaro e per il biologico 600 euro. In Sardegna per la vite in produzione integrata più impegni aggiuntivi il premio è 587 euro a ettaro mentre per il biologico è 465 euro.
“Con l’attuale crisi strutturale ed economica e con l’affermarsi di nuove sfide sociali in Europa – continua Mammuccini – diventa ancora più importante assicurare che le risorse pubbliche investite con la PAC producano ricadute utili e positive per tutti i cittadini. E’ inammissibile oggi premiare con risorse pubbliche pratiche agricole che costituiscono una minaccia per la nostra salute e per la tutela dell’ambiente. E’ a dir poco paradossale che oggi la PAC garantisca premi all’agricoltura convenzionale, basata sul massiccio uso della chimica di sintesi, in molti casi superiori rispetto a quelli a sostegno dell‘agricoltura biologica”. Una agricoltura, quella bio, oggi sostenuta non solo dalle ragioni dell’ambiente e dei cittadini ma anche dalla comunità scientifica, che in una ampia ricerca condotta per oltre 30 anni ha dimostrato i maggiori effetti positivi rispetto a quella convenzionale in termini di fertilità del suolo, dispendio energetico, riduzione gas serra, guadagno economico. Conclusioni sostenute da studi indipendenti: per l’Università di Washington l’agricoltura biologica è la “chiave per la sostenibilità a livello globale”, per la Royal Society, “aumentare la percentuale di agricoltura che utilizza metodi biologici e sostenibili non è una scelta, è una necessità”. E il Parlamento Europeo, in un documento del dicembre 2016, ha riconosciuto che il consumo di alimenti biologici può ridurre il rischio di malattie allergiche e obesità.
E’ giunto per questo il momento di dimostrare la volontà dell’Europa di salvaguardare l’interesse generale dei cittadini, degli agricoltori e dell’ambiente, con una PAC che garantisca la tutela del nostro prezioso capitale naturale e dimostri la sua capacità di agire contro il cambiamento climatico.
L’Italia, con il suo patrimonio ambientale, di biodiversità, di paesaggio rurale e di prodotti agroalimentari di qualità deve saper fare la sua parte.