Il Finalese cerca un’altra via per il turismo sostenibile
Unione fra costa ed entroterra, prevenzione del rischio incendio e idrogeologico,
occupazione giovanile, sviluppo di un turismo compatibile con l’ambiente sono i pilastri della strategia del “L’Alt®a Via del Finalese”.
Sono diverse le considerazioni e le esigenze che hanno portato Fondazione CIMA ed i comuni di Bardineto, Boissano, Calizzano, Calice Ligure, Finale Ligure, Giustenice, Orco Feglino, Osiglia, Rialto, Toirano, Vezzi Portio e alcuni privati (tra i quali la Polisportiva Finale Outdoor Resort e l’Associazione “Costa Balenae – Le Tre Terre”) rappresentativi delle peculiarità del territorio, a costruire una innovativa strategia di sviluppo.
Prima fra tutte la necessità di salvaguardare un’area come quella del Finalese e del suo entroterra, unica per i suoi aspetti naturalistici e paesaggistici, ma che come tutte le zone rurali e montane ha subito un graduale abbandono, che ne ha determinato un’intrinseca fragilità.
Gli attori protagonisti hanno capito quanto sia importante avviare un modello di sviluppo, capace di coniugare occupazione giovanile e qualità della vita, con gli aspetti di prevenzione attiva degli incendi boschivi e dei dissesti idrogeologici, sempre più frequenti, prima di arrivare a un collasso territoriale. E che per fare questo non si può prescindere dall’iniziativa privata, che insieme agli enti pubblici, decida di occuparsi di tutta questa zona.
Una delle idee alla base della strategia è la volontà di guardare l’intero territorio dando “le spalle al mare”, ovvero non considerando più la realtà costiera slegata dall’entroterra del finalese, ma piuttosto partendo dal presupposto che il “successo” turistico delle aree costiere e la loro sopravvivenza dipende ed è strettamente legato alla straordinaria varietà del suo entroterra, che ha portato il finalese ad essere una delle quattro mete più importanti a livello mondiale per le discipline outdoor.
La sfida de “L’Alt®a Via del Finalese” è proprio questa: permettere alle valli interne di attingere risorse da un mercato già sviluppato, che può dare le basi per la sostenibilità dell’intera strategia, offrendo nuovi servizi, fra cui prodotti agroalimentari di qualità ed ospitalità qualificata e diffusa.
Sono differenti i percorsi che hanno portato gli enti pubblici, Fondazione CIMA ed i privati alla decisione di costituire questa strategia, ma l’obbiettivo di individuare un percorso di sviluppo a lungo termine e compatibile con l’ambiente è univoco.
Fondazione Cima, da anni impegnata nel campo della prevenzione dei rischi naturali e presente dal 2012 sul territorio del Finalese, grazie alla gestione del Vivaio Forestale di Pian dei Corsi, ha sentito l’esigenza di mettere a disposizione il patrimonio di sapere accumulato in anni di ricerca, diventando uno dei soggetti promotori de “L’Alt®a Via del Finalese”, anche partendo dall’esperienza maturata nel 2015, grazie al progetto transfrontaliero BEST OF – ALCOTRA. Questo progetto, tagliato sui comuni di Calice Ligure e Rialto, ha consentito a FONDAZIONE CIMA di individuare, attraverso un approccio partecipato e dal basso, i punti di forza e di debolezza dell’area e di trovare una soluzione ad essi nella convergenza fra componente turistica ed agricola, nella collaborazione fra i diversi portatori di interessi locali in un’ottica di riduzione del rischio e di presidio del territorio, visualizzato come un tutt’uno dal mare ai monti.
Nel frattempo il comune di Finale Ligure e tutti i comuni del primo entroterra ed uno dei partner privati del GAL, la Polisportiva Finale Outdoor Resort, hanno firmato un protocollo di intesa, nel 2015, che prevede la necessità di “gestire” il turismo outdoor in modo condiviso e sostenibile.
La condivisione degli obiettivi quindi è nata in modo quasi spontaneo ed è diventata la struttura filosofica del progetto strategico “L’Alt®a Via del Finalese”. I comportamenti degli abitanti e la manutenzione del territorio non possono più essere visti come elementi separati, ma devono evolversi insieme; contestualmente le conoscenze scientifiche devono fondersi con il “sapere profano”, tipico di chi vive li da sempre, per salvaguardare un bene comune a tutti e che per tutti svolge servizi indispensabili.
Contestualmente a questo ciò che si vuole creare e produrre è un cambio della mentalità, un maggior spirito di collaborazione e una maggiore consapevolezza della ricchezza del territorio che si abita, tasselli indispensabili per far sì che l’entroterra “non solo sopravviva, ma rispenda di luce propria”.