Dieselgate: Avvenia scoperchia il vaso di Pandora del settore automotive
I diesel producono meno CO2 ma inquinano più dei motori a benzina. La manipolazione dei dati, nata con il caso Volkswagen, apre un “vaso di Pandora” nel settore dell’automotive e non riguarda solo la casa produttrice di Wolfsburg, ma tocca la credibilità di un intero sistema produttivo. A sostenerlo sono gli esperti di Avvenia , società leader nazionale nell’efficientamento energetico.
Secondo Avvenia, su strada, le auto diesel di nuova generazione producono emissioni di polveri sottili e di ossidi di azoto che superano mediamente di 5 volte il limite consentito. Eppure l’automotive, come sistema produttivo, ormai da anni punta sulla “sostenibilità ambientale” come modello di business. Se considerato l’efficientamento energetico delle produzioni, nei primi 6 mesi del 2015, in termini di CO2 evitata, l’industria automobilistica italiana risulterebbe infatti tra i settori più “virtuosi”: al secondo posto con una quota di riduzione delle emissioni del 22%, subito dopo l’industria siderurgica al primo posto con il 39%.
Il tema clima e automotive è, del resto, uno dei più delicati, anche a causa dell’elevatissimo numero di automobili in circolazione e della conseguente necessità di adottare misure per garantire una sostenibilità ambientale, ponendo particolare attenzione proprio ai motori diesel, che da sempre vengono indicati tra i più inquinanti e che in Europa rappresentano il 53% delle immatricolazioni dell’ultimo anno.
«Certo i motori diesel hanno fatto progressi in termini di riduzione delle emissioni di CO2 e consumando mediamente meno di quelli a benzina, emettendo meno gas climalteranti responsabili del surriscaldamento del pianeta. Ma le grandi case automobilistiche avrebbero dovuto essere più attente» commenta l’ingegner Giovanni Campaniello, fondatore e amministratore unico di Avvenia.
Sebbene i nuovi modelli diesel abbiano superato – come richiesto per legge – le prove di laboratorio, per molti di essi si è riscontrato un divario tra i dati di laboratorio e le prestazioni reali, con emissioni da ossidi di azoto che in alcuni casi hanno superato 22 volte il limite consentito. E se nel 2001 per il trasporto privato i dati di laboratorio e quelli su strada differivano di un valore al di sotto del 10%, oggi il divario supera il 32% e secondo le stime di Avvenia, se la tendenza rimarrà invariata, entro il 2030 potrebbe sfiorare il 56%.
Certo un diesel produce mediamente meno CO2 di un motore a benzina di analoga potenza, ma allo stesso tempo emette più polveri sottili e più ossidi di azoto e quindi inquina di più. «Così, per contenere i risultati sul livello d’inquinamento, le case produttrici non prendono in esame l’energia consumata dall’aria condizionata, oppure implementano una “flessibilità” del 4% che poi deducono dai risultati» commentano gli esperti di Avvenia. D’altra parte i test a norma europea prevedono che l’automobile debba percorrere una distanza su dei rulli a una media di 33 chilometri orari per una durata di circa 20 minuti. Non si può dunque escludere che alcune case produttrici abbiano realizzato motori che effettivamente realizzano emissioni basse alle condizioni previste dalla normativa europea, ma che quando poi si trovino in condizioni di uso normali producano un maggiore livello d’inquinamento.
«Oggi – conclude Campaniello – si è potuto constatare che i grandi sforzi del settore automotive sul lato produzione non si sono riflessi anche sul prodotto e il mondo della mobilità a quattro ruote è sotto scacco».