Corona Verde. Un progetto di integrazione delle aree naturali con il territorio metropolitano
Lunedì 3 maggio si svolgerà, nel Centro Incontri della Regione Piemonte a Torino, un seminario di supporto alla progettazione della cosiddetta Corona Verde torinese.
L’incontro ha lo scopo di coordinare e aiutare le progettazioni locali nelle tematiche di interesse del progetto e contribuire all’individuazione dei “Criteri per la progettazione” vincolanti, ai fini dell’assegnazione dei finanziamenti del “POR – FESR 2007 – 2013“.
Il Progetto Corona Verde nasce dall’idea di integrare tra loro i beni ambientali e gli spazi aperti presenti intorno all’area metropolitana torinese per la loro tutela – a fronte della continua espansione urbana - sviluppando una visione di territorio già presente negli elaborati dei Piani regolatori dei territori comunali sin dagli anni 70, ma riproponendola in una nuova ottica.
Già agli albori di questa nuova esperienza il Parco regionale del Po torinese propose infatti, alla fine degli anni 90, che le aree protette costituissero l’asse fondamentale per una integrazione fra le aree libere intorno all’area metropolitana, individuando tale azione come una fondamentale attività per controllare gli impatti negativi sulle stesse aree protette, ma anche mirando ad una virtuosa attività di gestione dei territori esterni confinanti. In particolare i corsi d’acqua protetti rappresentano gli assi di qualità ambientale prioritari individuati per il contesto urbano e periurbano: a questi si affiancano territori protetti di grande significato, che la Regione Piemonte ha voluto tutelare con l’istituzione dei parchi a partire dagli anni 70.
Questo approccio si colloca entro la visione delle aree protette come attori del territorio e li vede come soggetti non isolati, ma facenti parte di una rete di politiche per l’ambiente: quella visione che Valerio Giacomini indicò negli anni 80 nel suo celebre saggio “Uomini e Parchi”. L’area metropolitana torinese è uno dei contesti urbani antropizzati della pianura padana dove i problemi di peso insediativo e di suo equilibrio con le infrastrutture grigie presentano un significativo impatto. Il contesto torinese è però anche contraddistinto da una qualità ambientale e paesaggistica speciale. Le realtà ambientali presenti sono di assoluto interesse geografico, paesaggistico ed ecologico: oltre ai fiumi sono presenti rilievi di origine glaciale, come le morene della Val di Susa che si spingono sino a Torino, le colline di origine tettonica a oriente con ambienti di grande interesse fitogeografico, i boschi di pianura come la Mandria e Stupinigi e il sistema fluviale.
Il Progetto nasce dunque dalla proposta del 1997 del Parco del Po torinese e nel 2000 diviene programma regionale strategico riconosciuto nell’ambito della programmazione dei fondi europei 2000-2006. In questa prima fase viene impostato il quadro di azioni che vede l’individuazione dell’infrastruttura verde, la mappatura delle reti insediative, di quelle rurali ed agricole, dell’importante maglia storica, dei percorsi e dei valori percettivi ed infine le criticità e le progettualità per ambiti.
Nella seconda fase, avviata nel 2009 e basata sull’utilizzo dei fondi struturali 2007-2013 per 10 milioni di euro, accanto a nuove progettualità ed opere, l’attività è indirizzata ad un significativo miglioramento delle modalità di gestione della progettazione partecipata, oltre all’individuazione finalizzata dei corridoi di connessione nei quali concentrare gli sforzi delle attività progettuali, proponendo una più chiara definizione del carattere permanente del programma, rispetto a quanto comunicato e percepito nella precedente fase, eccessivamente legata al periodo dei fondi europei.
L’attività della prima fase si é composta sia di una azione diretta di trasformazione, con cantieri avviati per una spesa complessiva di 15 milioni di euro e circa 30 progetti realizzati. Un elemento quantitativo importante, che tuttavia non viene seguito da una analoga omogeneità qualitativa. Troppi interventi infatti sono limitativi per la loro scarsa capacità di realizzare una significativa rete di riqualificazione, a partire dalla condivisione degli obiettivi su scala locale.
Ribaltando l’approccio tradizionale, si parte dagli spazi aperti, (la campagna periurbana, i contesti dei beni storico-culturali) per proporre nuove strategie di sviluppo sostenibile su scala territoriale, che comportino a cascata nuovi indirizzi urbanistici e infrastrutturali..
Emerge quindi un primo schema concettuale per la Corona Verde indirizzato a garantire:
- la continuità del sistema rurale e naturale verso il nucleo urbanizzato;
- il potenziamento di nodi e connessioni della rete ecologica nell’area metropolitana, appoggiata alle fasce fluviali, alle aree protette e ai parchi agricoli in previsione;
- il potenziamento delle connessioni paesistiche e fruitive tra i beni culturali, a partire dalla corona di delitie arricchita dal tessuto di beni storici diffusi;
- la qualificazione degli spazi aperti periurbani, come elemento identitario degli sviluppi insediativi dei centri metropolitani da mettere a sistema.
Il quadro generale che si viene così a definire è quello di costruire una maglia di interpretazione nuova del territorio metropolitano, nella quale assumano rilievo le fasce fluviali, le aree protette e i loro ampliamenti proposti , le fasce delle inner belt, le aree agricole per la rete ambientale, le connessioni da potenziare e le barriere da superare, le fasce di mitigazione delle infrastrutture, gli intervalli nel costruito da mantenere, e i bordi urbani da ridefinire oltre ad individuare un tessuto ambientale che, al contrario di altre aree urbane italiane, presenti un vasto sistema di territori aperti e di qualità.
Ippolito Ostellino