Campagna “Tonno in trappola” Greenpeace: Mareblu diventa 100% sostenibile
Grazie alla campagna “Tonno in Trappola” di Greenpeace, Mareblu – tra le più importanti marche di tonno del mercato italiano – annuncia oggi il suo impegno a utilizzare solo metodi di pesca sostenibili. Entro la fine del 2016 il 100 per cento del tonno Mareblu sarà pescato solo con canna (Pole&Line) o con reti a circuizione senza uso di sistemi di aggregazione per pesci (FAD).
“Si tratta di un passo molto importante. – afferma Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace – Mareblu è il primo marchio italiano a impegnarsi chiaramente nell’eliminare l’uso di reti a circuizione con FAD, un metodo di pesca distruttivo che non solo cattura numerose specie in pericolo ma anche esemplari giovani di tonno aggravando la crisi degli stock. È ora che anche gli altri leader del mercato italiano del tonno in scatola prendano lo stesso impegno“.
Mareblu si è inoltre impegnata ad appoggiare la creazione di riserve marine nelle zone d’alto mare del Pacifico, a incrementare nei propri prodotti la quota percentuale di tonnetto striato (unica specie al momento non in crisi), a non utilizzare il tonno obeso (specie vulnerabile secondo l’IUCN), e a offrire maggiore trasparenza ai consumatori, indicando in etichetta oltre al nome della specie, l’area e il metodo di pesca. Il primo prodotto Mareblu sostenibile, tonnetto striato pescato con canna, dovrebbe essere disponibile ai consumatori italiani già entro l’anno.
“Gli impegni presi oggi sono essenziali non solo per tutelare la risorsa tonno, ma per garantire un futuro alla nostra azienda. – sottolinea Adolfo Valsecchi, presidente di Mareblu e CEO MW Brands – Speriamo che i nostri standard vengano adottati presto anche dal resto dell’industria conserviera del tonno”.
La maggior parte del tonno pescato nel mondo è catturato da reti a circuizione con “sistemi di aggregazione per pesci” (FAD). I FAD sono oggetti galleggianti utilizzati per concentrare i tonni e, purtroppo, nelle reti finiscono anche molte altre specie come squali, mante e tartarughe, ed esemplari giovani di tonno. Si stima che, per ogni nove chilogrammi di tonni catturati, si pesca un chilogrammo di altri animali “indesiderati”. Le catture accessorie della pesca su FAD potrebbero superare le 182 mila tonnellate all’anno. Abbandonare tali metodi, come Mareblu si è impegnato a fare, ridurrebbe del 90 per cento queste catture accessorie.
Adesso, ammonisce Greenpeace, Mareblu deve dimostrare che il suo impegno è reale, alle parole devono cioè seguire i fatti. La strada per arrivare al 2016 è infatti ancora lunga e l’azienda dovrà aumentare, anno dopo anno, la quantità di prodotti sostenibili certificati sul mercato italiano fino a raggiungere l’obiettivo dichiarato.
Mareblu, terza marca nel mercato italiano delle conserve ittiche, è una società del gruppo MW Brands, di proprietà della più grande compagnia al mondo di prodotti ittici, la Thai Union. Dopo un anno di forti pressioni, la compagnia ha deciso, alla fine, di abbandonare quelli che Greenpeace considerava ”doppi standard”, adottando per Mareblu in Italia gli stessi impegni di sostenibilità già presi per marca John West sul mercato inglese.