ARCA: nelle Marche rinasce un progetto visionario, tra biologico e agricoltura conservativa
Cresce il numero di imprenditori agricoli che vogliono aderire al progetto promosso dalle aziende Garbini, Loccioni e Fileni con l’obiettivo di preservare la fertilità e la bellezza delle valli marchigiane recuperando antichi saperi, da unire a nuove tecnologie, per creare filiere sostenibili e un’economia circolare a vantaggio delle aziende, delle comunità locali e dei consumatori.
La visione e le opportunità del progetto ARCA hanno dunque iniziato a diffondersi nel cuore delle Marche offrendo alle comunità e istituzioni locali, alle imprese agricole e ai loro rappresentanti di categoria, una nuova modalità di fare agricoltura sostenibile, che parte dalla rigenerazione dell’ambiente per arrivare a una più complessiva rigenerazione territoriale basata sull’economia circolare. Si tratta di un modello di recupero e sviluppo territoriale che, a partire dal Centro Italia, ha l’ambizione di offrirsi come modello da seguire anche in altre regioni.
Una ricerca realizzata dal prof. Aldo Bonomi e dal Consorzio AASTER, ha innanzitutto indagato il settore agricolo della Vallesina e di alcuni territori limitrofi, nel centro delle Marche, per comprendere se gli imprenditori della terra e le comunità locali fossero disponibili ad adottare, su ampia scala, azioni e pratiche che permettano di rigenerare il territorio e il capitale naturale attraverso buone pratiche di gestione del suolo e di allevamento degli animali. Lo studio di AASTER, oltre ad effettuare una ricognizione tra gli attori principali dell’economia agricola di questa parte dell’Italia è servito anche a diffondere le idee del progetto ARCA e a verificare, con focus group mirati, se il territorio fosse pronto per la sfida di un modello di sviluppo e crescita che, ad oggi, non ha esempi simili in Italia. L’esito della ricerca è stato positivo, registrando un grande interesse, da parte degli stakeholders pubblici e privati, nell’applicare il più possibile all’agricoltura locale metodologie di coltivazione e saperi scientifici compatibili con la sostenibilità ambientale e sociale. Con la presentazione del rapporto di ricerca, a luglio 2018, si è così aperta una nuova fase, che coincide con la ripartenza ufficiale del progetto ARCA, a 30 anni dalla sua fondazione visionaria e lungimirante.
Il progetto ARCA (Agricoltura per la Rigenerazione Controllata dell’Ambiente) è nato infatti a Serra San Quirico (AN) nell’ottobre del 1988. Mise allora insieme le idee dell’imprenditore Bruno Garbini, del giornalista e divulgatore Mino Damato, dello scenografo Carlo Cesarini e del sindaco Carlo Maria Latini. Il progetto poggiava su concetti e obiettivi forse troppo futuribili e rivoluzionari per quei tempi, distanti dal sentire delle comunità locali e della politica in un’epoca in cui la sostenibilità ambientale non era ancora un tema centrale e in cui la capacità di produzione e di consumo sembravano senza limiti. Oggi il contesto economico, sociale, culturale e ambientale, ha reso possibile la rinascita del progetto dopo trent’anni dalla sua ideazione. Per renderlo realtà è stato fondamentale il contributo di due soci importanti che hanno affiancato il “sognatore” Garbini: due grandi realtà imprenditoriali marchigiane, Fileni e Loccioni, legate in maniera profonda alla terra di origine.
La missione di ARCA è quindi diffondere pratiche di coltivazione di tipo bioconservativo, unendo cioè i vantaggi dell‘agricoltura biologica con quelli dell’agricoltura conservativa, per permettere una rigenerazione dei suoli marchigiani, e creare poi operativamente una filiera alimentare e zootecnica di qualità certificata che faccia uso di tecniche produttive sostenibili e misurabili con strumenti di elevata innovazione tecnologica. Tra le buone pratiche prese ad esempio dal passato e promosse da ARCA per ritrovare la fertilità perduta i solchi acquai trasversali per ridurre l’erosione del terreno; l’inerbimento controllato tra le file delle colture; la creazione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua; le rotazioni colturali; consociazioni e sovesci; concimazioni organiche e preparati biodinamici. Il secondo obiettivo del progetto sarà la creazione di una nuova generazione di prodotti a servizio ambientale e salutistico che siano un valore aggiunto sia per i consumatori che per la filiera alimentare. Immessi sul mercato locale, e non solo, attraverso canali di distribuzione mirati, tali prodotti potranno incentivare un’economia circolare territoriale.
ARCA, come si legge nella nota stampa, intende perciò aiutare agricoltori e consumatori a “fare scelte più etiche, salutari e ambientali per difendere il capitale naturale e porta sul mercato una nuova consapevolezza: la possibilità di coltivare e scegliere prodotti non solo sani che fanno bene alla salute, ma che rigenerano i suoli, preservando la sostanza organica per il futuro. Da consumatori, a rigeneratori“.
Una tale idea non poteva che nascere e svilupparsi in luoghi a forte vocazione agricola, in cui l’originaria cultura benedettina e mezzadrile, le cui regole prevedevano comportamenti basati sull’uso e sull’accesso invece che sulla proprietà e lo sfruttamento, ha lasciato un segno fino ad oggi. L’ispirazione di ARCA deriva pertanto da quanto avveniva nella tradizionale casa colonica marchigiana prima dell’industrializzazione dell’agricoltura: tutto era inserito in un micro sistema circolare di riutilizzo che aveva come fine la perpetuazione della fertilità dei suoli. Il ritorno dunque a un’agricoltura antica, sapiente e rispettosa del paesaggio, ma da realizzare con strumenti tecnologici innovativi e sperimentali, che possa poggiare su un’alleanza tra gli agricoltori e sulla competenza di un comitato scientifico multidisciplinare appositamente creato per il progetto.
Il progetto ARCA (ri)parte dal distretto formato da tre valli nel cuore delle Marche: Valle dell’Esino, Valle del Musone e Valle del Misa-Nevola. Ad oggi hanno aderito al progetto 13 produttori e trasformatori che operano su una superficie di 1.980 ettari. Gli alimenti prodotti nelle aziende sono: vino (48%); farine, cereali e pane (44%); olio (7%). La forma giuridica scelta per ARCA è quella della società benefit (prevista dalla legge 208/2015), una società cioè che, oltre a dividere gli utili, persegue una o più finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente.
L’Abbazia benedettina di Sant’Urbano, le cui origini risalgono a prima dell’anno 1000, è stata, a luglio scorso, il teatro di presentazione del progetto. Recentemente restaurata e riqualificata grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra il Comune e l’impresa Loccioni anche l’Abbazia è al centro del progetto “Valle di San Clemente”. L’idea è di far rivivere la vallata trasformandola in una piattaforma di innovazione territoriale in cui “fare comunità di saperi” proprio partendo dalla terra, dal territorio e dalla tecnologia. L’agricoltura del futuro, la scienza dei dati, la robotica e i sistemi interconnessi, l’internet delle cose e il nuovo artigianato digitale, la sostenibilità e la qualità della vita, sono gli spunti con cui il progetto intende attrarre giovani ricercatori, agronomi, softwaristi, territorialisti, designer nella Valle di San Clemente, per sviluppare progetti di innovazione nell’agricoltura ma anche in altri settori. In questo contesto ARCA ha trovato la sua sede e il suo luogo simbolico. Una prima sperimentazione, che intende mettere in rete il progetto ARCA, il Consorzio AASTER, la Fondazione Symbola e l’Università di Camerino, è infatti l’avvio di un percorso formativo per operatore di comunità, una figura tecnica specifica, funzionale ai valori del progetto. L’operatore di comunità dovrà infatti avere le capacità per creare opportunità per il sistema locale, per costruire coesione sociale e per mediare tra linguaggi e logiche di azione che vanno dai global players alle piccole realtà locali.