“Strappami la vita e quietami i pensieri, mare”. Questo sarebbe stato l’inizio della mia ultima poesia. Lo sentivo, era l’ultima.
Due settimane fa ero nel mio studio, in città, a scrivere. Ebbene si, sono un vecchio scrittore barbuto, attaccato alla macchina da scrivere, come un panda al bambù. Sogno storie, le vedo negli occhi della gente che incontro, nelle tasche rovesciate dei cappotti messi via l’inverno passato e tirati di nuovo fuori dagli armadi al ritorno del freddo. Scovo storie nei granelli d’asfalto delle strade violate dalle macchine, nel pulviscolo dell’aria colpita dai raggi del sole. È una vita che trovo storie nei ...