L’allarme del WWF nella Giornata Mondiale degli Oceani
Da “pianeta blu” a “lago nero”: è questo il rischio che corrono il 99% dei mari(quelli cioé non sottoposti a tutela), sempre più soffocati da petrolio, pesca, rifiuti, navi “carretta” e distruzione dei coralli.
È con questo spirito di denuncia che il Wwf e le principali associazioni ambientaliste si preparano a celebrare l’8 giugno, la Giornata mondiale degli Oceani istituita dall’Onu nel 1992.
Già solo i danni sociali, economici e ambientali causati dalla fuoriuscita di petrolio dalla piattaforma di estrazione della Bp nel Golfo del Messico dureranno almeno50 anni, dopo aver distrutto un intero ecosistema naturale. Ma altri rischi sono legati al petrolio, in particolare la circolazione di navi oceaniche vecchie e malridotte utilizzate come cisterne di carburante, come nel caso della ‘Exxon Valdez’ (che nel 1989 si infranse su uno scoglio dell’Alaska).
Secondo il Wwf sarebbe necessario, nel settore delle attività estrattive, “mettere in campo valutazioni di rischio che includano la previsione e la quantificazione dell’enorme danno ecologico” e socio-economico, in caso di disastri.
Non c’è però solo il petrolio tra i nemici dei mari. Quasi la totalità degli oceani, accusa il Wwf, è solcato da flotte di pescherecci: la biodiversità delle aree di ‘alto mare’ è minacciata, in particolare, dalla pesca a strascico che, distruggendo le barriere coralline situate nelle profondità, devasta l’ecosistema. Inoltre lo sfruttamento eccessivo degli stock di pesce, che in alto mare riguarda circa il 65% del totale, frutta 1,2 miliardi di dollari all’anno e in molti paesi esistono sussidi governativi che di fatto gonfiano le flotte globale di pescherecci almeno del 50-60% rispetto alle reali necessità.
A dispetto dell’estensione delle acque del globo, che rappresentano il 71% della superficie terrestre, meno dell’1% degli oceani è formalmente protetto, contro quasi il 14% delle terre emerse protette. Entro il 2012, sostiene il Wwf, “devono essere istituite reti di aree marine protette ecologicamente rappresentative”. I governi, che a ottobre si incontreranno a Nagoya in Giappone per la Conferenza sullaBiodiversità, dovranno raggiungere “un accordo per proteggere ulteriormente le aree marine di particolare importanza ecologica”.
Qualcosa però si sta muovendo. Nel novembre 2009 circa 94.000 metri quadrati di acque antartiche sono state trasformate nell’area marina protetta del ‘South Orkney’ con divieto di pesca, e nel prossimo incontro della Commissione per la Tutela Ambientale nell’Atlantico nord-orientale verranno annunciate cinque nuove aree marine protette in acque internazionali, tra cui i 300.000 metri quadrati della ‘zona di frattura Charlie Gibbs’, situata lungo la dorsale sottomarina atlantica.
Anche in Italia, afferma l’associazione del Panda, sono stati compiuti sforzi per aumentare la protezione delle acque, grazie all’istituzione diquattro nuove aree marine protette in Abruzzo, Toscana, Sicilia e Campania.