Sogni d’immondizia (Garbage Dreams)
23 milioni di abitanti. 3000 tonnellate di rifiuti giornalieri. L’80% di questi riciclati e ritrasformati in materie prime. Sembra un’idea platonica invece è ciò che accadeva fino a pochi anni fa a Il Cairo, caotica e sovrappopolata capitale dell’Egitto grazie all’opera degli zabbaleen, 60.000 poverissimi che del quartiere-ghetto in cui vivono hanno fatto la più grande discarica a cielo aperto del mondo e la loro principale fonte di reddito.
Questa incredibile storia è stata scelta dalla regista americana Mai Iskander per essere raccontata nel suo lungometraggio d’esordio: un docu-film, Garbage Dreams, che ha richiesto ben 4 anni di lavorazione e che ha seguito da vicino la storia di tre giovani zabbaleen, i loro sogni, le loro speranze e l’infrangersi di queste di fronte alle società straniere di raccolta e riciclaggio dei rifiuti che li hanno privati del loro mezzo di sostentamento.
Presentato al SXSW Film Festival di Austin in Texas il documentario ha vinto il primo premio nella sezione US Documentary Competition, è stato mostrato in più di 30 film festival negli Stati Uniti, ha attirato l’attenzione di Al Gore (che lo ha voluto al suo Nashville Film Festival), è ufficialmente candidato tra i 15 documentari in lizza per l’Oscar 2010 ed è stato proiettato con ottima accoglienza da parte del pubblico, ieri sera, durante la terza giornata del festival Cinemambiente a Torino (in replica questa sera alle 22.00 al Cortile della Farmcia del Museo di Scienze Naturali).
Ignorati dalle classi alte e medie della società egiziana questi uomini, donne e bambini hanno svolto per decenni un compito importantissimo in assenza di un’organizzazione cittadina efficiente per la raccolta dei rifiuti: la città de Il Cairo si è tacitamente affidata a queste persone – per la maggior parte cristiani copti – per la raccolta e il riciclo delle enormi quantità di spazzatura prodotte ogni giorno.
Gli zabbaleen hanno trasformato Mokattam, il loro quartiere di immondizia, in un vero e proprio laboratorio di riciclaggio: ovunque si possono scorgere individui intenti a separare anche il più piccolo pezzetto di materiale organico da quello inorganico, ovvero ciò che è compostabile da ciò che è utile per poter poi essere suddiviso in alluminio, carta, plastica e trasformato in materie seconde pronte per essere stoccate e rivendute, anche all’estero. Sveglia all’alba, camion vetusti, mani nude, granulatori per plastica, macine, compattatori per carta e cartone, sono gli strumenti del mestiere di questa enorme massa di disperati che vede nel proprio lavoro la manifestazione della volontà di Dio. “Essere uno zabballen è scritto nel nostro destino”, ripetono i protagonisti. Il guadagno per questa attività è irrisorio, circa 2 dollari al giorno, ma è tutto ciò che queste persone hanno imparato a fare e fanno molto bene.
Riciclare l’80% dei rifiuti è un risultato eccellente, migliore del target previsto e richiesto dall’Unione Europea. Eppure dal 2005 il governo egiziano ha scelto di privatizzare i servizi e ha appaltato la raccolta dei rifiuti per 50 milioni di dollari di contratti annuali a tre società private, due Italiane e una Spagnola. Per contratto queste società sono obbligate a riciclare solo il 20% di quello che raccolgono, lasciando il resto a marcire nelle gigantesche discariche delle periferie.
“Garbage Dreams è un caso paradigmatico che dimostra che la modernizzazione non è sempre sinonimo di progresso“, ha dichiarato Al Gore.
L’affidamento della gestione dello smaltimento dell’immondizia agli “stranieri” pare aver comportato infatti un notevole passo indietro da un punto di vista ambientale, oltre che un disastro economico per la comunità Zabbaleen che nel nuovo business non è stata minimamente presa in considerazione.
Elena Marcon