Il vulcano islandese e la forza della natura
Mentre l’Islanda continua a temere per le conseguenze dell’eruzione del vulcano sul ghiacciaio Eyjafallajokull, attivo da mercoledì, l’allarme si sposta verso Sud. Un’immensa colonna di fumo di oltre 11 chilometri ha infatti provocato, negli utlimi due giorni, la chiusura di numerosi scali aerei in tutto il Nord Europa, tanto che l’organizzazione europea per la sicurezza del traffico aereo, Eurocontrol, prevede, per oggi, l’annullamento di metà dei voli transatlantici verso gli Stati Uniti e il 64% dei voli interni europei.
Ma i problemi potrebbero non esaurirsi al Nord. ”Anche l’Etna sta dando segni di agitazione in questo momento, lo ha fatto proprio pochi giorni fa” - è il primo commento del professor Domenico Patané, Direttore della sezione di Catania dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). “L’Islanda”, ricorda Patané, ”è un’isola vulcanica che si erge dalla dorsale oceanica Atlantica e tutti i fondali sottomarini sono tappezzati di vulcani. In particolare questo è un vulcano la cui ultima eruzione risale a circa 200 anni fa. Vicino ce n’é un altro, che recentemente ha dato segnali di attività, il Katla. Alcuni ricercatori islandesi ritengono che ci potrebbero essere ripercussioni anche su questo secondo vulcano, la cui ultima eruzione risale al 1981, e che stavolta potrebbe anche essere più intensa. Questa attività è legata alla copertura di ghiaccio che innesca delle esplosioni freatiche con produzione notevole di nubi vulcaniche“.
Il paese, proprio a causa della sua configurazione geologica, non è nuovo a questi fenomeni: “la più grande eruzione mai verificata in Islanda è quella del vulcano Laki, nel 1783; una nube di cenere coprì quasi tutto l’emisfero settentrionale. quella che doveva essere una stagione estiva fu completamente annullata da un inverno freddo con carestie in tutta Europa e anche in Nordamerica“, commenta il direttore dell’Ingv.
Ma la preoccupazione maggiore è che ci possano essere legami con i gravi eventi sismici verificatisi nel mondo negli ultimi anni - e in particolare negli utlimi mesi, l’ultimo dei quali ieri in Cina. Secondo il rapporto annuale 2009 dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, presentato ieri a Roma, nell’ultimo biennio si sono manifestati infatti in Italia “in modo straordinario tre eventi che hanno superato la soglia di magnitudo locale 5“: quello della costa calabra (profondità ipocentrale molto elevata, che non ha procurato danni), quelli avvenuti nell’area del Frignano (danni a chiese e campanili) e i rilevanti eventi nella zona dell’Aquila. I picchi di intensità, rileva l’Ispra, sono stati causati da “una particolare vulnerabilità sismica associata alla presenza di sedimenti alluvionali recenti non consolidati“.
”Sicuramente questo è un periodo un po’ particolare, nel quale la nostra Terra sta mostrando un’agitazione non indifferente” aggiunge Patané. “Non ci stupisce che l’attività vulcanica possa essere in relazione anche con attività di grandi terremoti”.