Europa verso la Next Generation? Ecco quanto del “Recovery Fund” andrà all’ambiente
Uscire dalla crisi e gettare le fondamenta di un’Europa moderna e più sostenibile. E’ questo l’obiettivo dichiarato del Recovery Fund, ribattezzato Next Generation EU, ovvero il piano di rilancio dell’economia europea dopo il Covid-19. Si tratta di un bazooka da 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi sotto forma di sovvenzioni (quindi aiuti da non rimborsare) e 360 miliardi di prestiti.
Risorse che verranno destinate, per la maggior parte, a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia. Per questa ragione l’Italia risulta essere uno dei principali paesi beneficiari del fondo: avrà a disposizione 209 miliardi, il 28% del totale, suddivisi in 81 miliardi a titolo di sussidi e 127 miliardi di prestiti. Ma non solo. Tra i pilastri del Next Generation EU anche quello di rendere il mercato unico più forte e resiliente e accelerare verso la duplice transizione: verde e digitale.
“Il piano per la ripresa europea necessiterà di ingenti investimenti che avviino saldamente l’Unione verso una ripresa sostenibile e resiliente, capace di creare posti di lavoro e di riparare i danni immediati causati dalla pandemia di Covid-19, sostenendo nel contempo le priorità verdi e digitali dell’Unione“, recita la nota del Consiglio Europeo, che ha approvato il piano lo scorso 21 luglio, dopo una trattativa-maratona durata quattro giorni e quattro notti tra i leader europei riuniti a Bruxelles.
L’ambiente, insieme all’innovazione tecnologica, dovrebbe dunque essere una chiave per dare slancio all’economia europea nel post-Covid. In cifre, questa volontà si traduce in quasi un terzo, per la precisione il 30%, del totale delle risorse (sia dei 750 miliardi stanziati per combattere la crisi, sia dei 1.074 miliardi del bilancio UE): vale a dire circa 250 miliardi che potranno salire fino a un limite massimo di 356 miliardi sfruttando le potenzialità offerte dal più ampio bilancio UE.
Risorse che verranno indirizzate al sostegno di diverse iniziative. In particolare, verranno destinati 7,5 miliardi per lo sviluppo rurale, tra cui compaiono anche progetti di agricoltura sostenibile e di sostegno delle comunità rurali. Tra le voci di spesa spicca anche quella per una transizione “giusta”, ossia il Just Transition Fund per la decarbonizzazione, a cui andranno 10 miliardi. Da sottolineare che quest’ultimo è stato ridimensionato rispetto agli oltre 30 miliardi previsti nella versione iniziale, scatenando i malumori di alcuni ambientalisti.
Al di là delle cifre, il Consiglio Europeo ha anche imposto che i piani dei singoli paesi, per poter ottenere le risorse del Recovery Fund, dovranno avere come “prerequisito” proprio un “contributo efficace” alla transizione verde e a quella digitale. Un modo per ribadire l’impegno sul fronte ambientale nonostante la pandemia. “Next Generation EU contribuirà a trasformare l’UE attraverso le sue principali politiche, in particolare il Green Deal europeo, la rivoluzione digitale e la resilienza”, afferma ancora il Consiglio Europeo, presentando l’iniziativa.
Resta ora da vedere se con il passaggio del piano al Parlamento Europeo qualcosa cambierà. Dopo il via libera del Consiglio Europeo, infatti, partiranno ora i negoziati con il Parlamento per concludere i lavori su tutti gli atti giuridici. Una volta adottata, la decisione sulle risorse proprie dovrà essere approvata dagli Stati membri.
La prima parte dell’iter di approvazione del Recovery Fund è stata piuttosto complessa, portando a ritocchi importanti. Rispetto alla versione iniziale avanzata dalla Commissione Europea, l’accordo raggiunto lo scorso 21 luglio ha infatti visto scendere la parte di aiuti a fondo perduto da 500 a 390 miliardi e salire quella dei prestiti da restituire da 250 a 360 miliardi, per andare incontro alle richieste dei cosiddetti paesi “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia, più Finlandia e repubbliche baltiche ossia Estonia, Lettonia e Lituania), sostenitori di una maggiore ortodossia di bilancio.
Il pacchetto rappresenta comunque un passo storico per l’Unione Europea sia per la portata del fondo, sia perché per la prima volta le risorse verranno finanziate da un debito in comune, raccolto dalla Commissione Europea nell’ambito di quello che appare il più evidente progresso dell’Europa negli ultimi anni in direzione di un’ulteriore integrazione e cooperazione. Ora spetterà ai singoli governi saper sfruttare al meglio questa opportunità storica.
Redazione Greenews.info