Il futuro è nel verde della canapa. Il saggio di Mario Catania
Ecco un’interessante e utile lettura per il periodo di quarantena: “Cannabis. Il futuro è verde canapa” è il saggio del giornalista Mario Catania (Fanpage, Il Fatto Quotidiano) edito da Diarkos, un moderno compendio che analizza e approfondisce tutti gli utilizzi che si possono fare della pianta di canapa. C’è chi dice siano mille, chi 25mila e chi oltre 50mila, sicuro è il fatto che siano innumerevoli e che oggi, dopo anni di censura ideologica su questa pianta, si sta assistendo alla sua rinascita in tutti i settori, nonostante le perduranti difficoltà legislative.
A ben pensarci tutte le restrizioni imposte alla sua diffusione sono un controsenso, perché la canapa è la migliore alleata che abbiamo a disposizione per l’economia, per l’ambiente, per contrastare i cambiamenti climatici e non da ultimo per milioni di pazienti affetti dalle patologie più disparate e spesso altamente invalidanti. Una risorsa pressoché inesauribile in grado di sostituire i derivati del petrolio e ridurre drasticamente i livelli di CO2, sposandosi perfettamente con i principi dell’economia circolare.
Nel saggio di Mario Catania vengono analizzate in profondità le tre anime di questo fenomeno: la legalizzazione ricreativa, il futuro come risorsa agroindustriale e il mondo medico, raccontate alla luce del cambiamento in atto in tutto il mondo con riferimenti alla situazione italiana e internazionale: storie che fanno emozionare e interviste ai protagonisti di questa rivoluzione a livello mondiale, con una prefazione a cura di Raphael Mechoulam, lo scienziato israeliano scopritore del THC e della struttura del CBD, considerato, a livello internazionale, come il padre della ricerca sui cannabinoidi.
L’importanza economica attribuita alla Cannabis era testimoniata già nel 1600 quando, divenuta parte fondamentale del sistema economico del New England, del sud del Maryland e della Virginia per i suoi infiniti utilizzi, i contadini non solo erano stati obbligati a destinarle parte della propria produzione, ma gli fu anche permesso di utilizzarla come metodo di pagamento delle imposte. Ancora prima, nel 1533 in Inghilterra, Enrico VIII stabilì con una legge che per ogni 60 acri di terra i contadini dovessero contemplare un quarto di acro coltivato a canapa o lino, indispensabili per produrre attrezzature destinate alle navi della marina inglese.
Con la sua nota “teoria della cospirazione” espressa nel libro “The Emperor wears no clothes“, Jack Herer ha tracciato un quadro potenziale di quanto avvenuto dopo: agli inizi del 20esimo secolo i ricchi imprenditori americani identificarono la canapa ad uso industriale come una minaccia che potesse sostituire alcune delle loro aziende più redditizie, tra cui quelle di carta, petrolio, cotone e fibre sintetiche. Le successive sorti della pianta e i divieti legati al suo utilizzo li conosciamo bene…
Arrivando alla storia più recente, è stato l’Uruguay il primo paese al mondo che nel 2013, soprattutto per colpire il narcotraffico, ha varato una legge per la legalizzazione della cannabis, dando così il via alla rivoluzione verde e sottraendo ai narcotrafficanti, secondo l’agenzia regolatoria del paese, ben 22 milioni di dollari relativi alle vendite della cannabis.
Negli Stati Uniti invece ad oggi la cannabis legale è uno dei settori che sta creando più posti di lavoro con oltre 200mila posti a tempo pieno, 300mila considerando tutto l’indotto, dei quali 64mila solo nel 2018. Nel 2017 secondo Tom Adams, il direttore di BDS Analytics, la marijuana legale ha generato circa 9 miliardi di dollari nelle vendite negli Stati Uniti. Non solo, uno studio pubblicato sul JAMA Internal Medicine del 2014 ha mostrato che Stati americani che hanno autorizzato l’uso di cannabis terapeutica, dopo aver emanato le leggi, hanno avuto un tasso del 24,8% più basso riguardo alla mortalità annuale per overdose da analgesici oppiacei rispetto agli Stati in cui la cannabis terapeutica è ancora illegale.
Per quanto riguarda l’Italia – dove, ricordiamo, la sostanza non è legale – fa riflettere la posizione sulla legalizzazione espressa nel 2017 dalla Direzione Nazionale Antimafia, che invitava il governo a prendere in considerazione approcci che andassero al di là della semplice proibizione, auspicando l’introduzione di una “rigorosa e chiara politica di legalizzazione”.
Ma il vero cambiamento epocale nelle politiche sulla cannabis è arrivato solo all’inizio del 2019, quando l’OMS ha chiesto di riclassificarla riconoscendone le proprietà mediche e identificando determinate preparazioni farmaceutiche a base di cannabis come sostanze con valore terapeutico a basso rischio di abuso.
Nel settore medico la cannabis è protagonista della ricerca scientifica odierna per il trattamento di varie patologie, con diversi Stati che la stanno legalizzando, le grandi aziende farmaceutiche che iniziano a interessarsi al fenomeno e molte persone che a livello curativo hanno sperimentato i suoi benefici, come si racconta nelle varie interviste e storie che vengono raccontate nel libro.
La canapa è infatti anche un efficace trattamento per il dolore cronico, sia di origine neuropatica che infiammatoria. Catania racconta nel libro le storie di Donato, maestro di ballo affetto da sclerosi multipla che ha ricominciato a danzare nuovamente grazie al suo utilizzo e di Matteo, bambino affetto dalla sindrome di West (una forma di encefalopatia epilettica severa e farmaco resistente che gli provocava più di 90 crisi epilettiche al giorno), cui si aggiungono una paralisi cerebrale infantile e la tetraparesi spastica che causano dolori e rigidità muscolare: grazie all’utilizzo di cannabis non solo le crisi diminuiscono drasticamente, ma si riduce anche il dolore causato dalle contratture muscolari. La cannabis ha aiutato anche Kian a sconfiggere il cancro: non direttamente, si intende, ma permettendogli di sopportare dolori, nausee, spasmi e crampi provocati dalla chemioterapia sperimentale molto aggressiva cui si è sottoposto, a tal punto da dichiarare che senza cannabis non sarebbe riuscito a sopportare il trattamento.
Se ci si sposta sul settore industriale la canapa è una risorsa a 360 gradi che si sposa perfettamente con i principi dell’economia circolare. Definita il “maiale vegetale” perché può essere utilizzata in ogni sua parte, essa significa cibo, con i semi e l’olio considerati prodotti nutraceutici; può diventare carta di ottima qualità ottenuta da piante annuali anziché da alberi che impiegano molto tempo per ricrescere; è poi un ottimo materiale per la bioedilizia, per la sua resistenza e capacità di regolare temperatura e umidità, e può dar vita a diversi tipi di bioplastica biodegradabile. Essa può inoltre trasformarsi in un buon combustibile green ed essere utilizzata per la scocca delle automobili, come aveva dimostrato già Henry Ford con la creazione della Hemp Body Car nel 1941, costituita all’80% da fibra di canapa e alimentata da etanolo ottenuto dalla stessa pianta. Ma può essere anche un tessuto ricavato da una coltivazione meno inquinante del cotone, più resistente e con proprietà antibatteriche e antifungine, e un ottimo prodotto cosmetico per la cura del corpo e dei capelli.
Infine la canapa fa bene all’ambiente anche solo crescendo nei nostri campi, perché “sequestra” dall’atmosfera un quantitativo di CO2 che è quattro volte quello degli alberi comuni, e migliora i terreni in cui viene coltivata, arieggiandoli e assorbendo materiali inquinanti.
Vi abbiamo incuriositi? Buona lettura!