Alberto Luca Recchi: “Il turismo green italiano deve partire dall’abolizione della plastica monouso”
Era un bancario negli anni ’70, ma con la passione per mare e squali, natura e fotografia. La grande svolta nella sua vita arriva negli anni ’90 quando sistema ufficio e scrivania sulla barriera corallina. Un sogno conquistato per Alberto Luca Recchi, romano classe 1955, esploratore e fotografo del mare e degli oceani che racconta – con grande successo – in conferenze, libri, fotografie, documentari e commedie musicali. E’ l’unico italiano ad aver realizzato un libro fotografico per il National Geographic, mentre ne ha firmati 5 con Piero e Alberto Angela. La sua ultima avventura è dedicata alla lotta alla plastica. Non direttamente in mare, ma a terra, più precisamente negli hotel dove c’è un forte consumo di plastica. La sua idea di bandire quella monouso dalle strutture ricettive ha conquistato il WWF Italia e Federalberghi, che hanno firmato una dichiarazione d’intenti per limitarne il consumo…
D) Alberto, con la tua Fondazione ti sei fatto promotore di un percorso che mira a ridurre al minimo l’uso della plastica negli hotel italiani. Una preparazione all’entrata in vigore della direttiva europea, approvata a marzo scorso, che propone il divieto di utilizzo, a partire dal 2021, per tutti quei prodotti in plastica per cui esistono delle alternative. Come è nata questa idea di coinvolgere gli albergatori nel percorso di riduzione dell’uso della plastica?
R) Inizia da un malessere personale. Io faccio parte della prima generazione che ha scoperto veramente il mondo sottomarino, in particolare lo ha vissuto con le immersioni. Quando ero bambino non era facile vedere i pesci, mancava la tecnologia, siamo stati i primi subacquei a frequentare questo mondo. Ora si stima che nel 2050 nei mari del mondo si potrebbe avere tanta plastica quanto pesce! Un profondo cambiamento che ho visto con i miei occhi e ho il timore – per le mie figlie – che questo mondo scompaia… E poi che un giorno mi dicano: “ma c’eri anche tu, non hai mai fatto niente, bel salame di genitore che abbiamo!”. Mi sembra chiaro che questa idea nasce, innanzitutto, da una mia responsabilità di genitore. La mia generazione ha avuto un’opportunità straordinaria. Dobbiamo lasciare aperta questa finestra anche per quelle future. Ho iniziato coinvolgendo un amico albergatore, poi sono diventati 5, 6…e allora mi sono chiesto: ma perché non tutti gli alberghi di Roma? E poi: perché non tutti gli alberghi d”Italia?
D) Pensiero stupendo, ma nella pratica come si declina l’aspirazione ad un consumo minimo di plastica in una struttura sociale ed economica configurata e programmata per l’utilizzo di massa dei polimeri?
R) Non è semplice… Faccio un esempio molto concreto sulla sostituzione della bottiglia di vetro con quella di plastica. Non è automatico. La legge, in alcuni casi, vieta la distribuzione di bottiglie in vetro. La legislazione non è aggiornata e serve un’organizzazione scientifica ed economica per favorire questa transizione. Su ogni singola scelta si deve fare un calcolo costi-benefici. Un altro esempio: se sostituisco la cannuccia di plastica con quella di bambù, quali sono, a causa di un uso intensivo di questo materiale, le ricadute sulle foreste di bambù? Lo stesso discorso lo abbiamo visto con la scoperta dei biocarburanti di “prima generazione”, che hanno generato un impatto negativo sull’ambiente. Il mio approccio non è romantico, vuole essere scientifico, per evitare di creare più danni di quelli che si intendono risolvere. Serve un’analisi consapevole delle scelte che si intendono attuare.
D) Il mutamento degli Oceani e del mare di cui parliamo è già oggi profondo, è ancora possibile invertire la rotta?
R) Ormai ci sono pesci cresciuti in mezzo alla plastica e che non se ne rendono conto, nel senso che quello è il loro habitat naturale, una situazione normale! Per me la plastica è odiosa, una materia da abolire, come l’amianto… Poi però la uso quotidianamente e ammetto che è utile: la sveglia è di plastica, il vinile ci ha fatto conoscere i Beatles, con la formica si sono fatti i mobili. Si tratta del materiale con la massima diffusione nel minor tempo possibile. Ma bisogna cambiare…
D) Questa idea – non ami chiamarla progetto - oltre ad un miglioramento dell’impatto strettamente ambientale potrebbe produrre dei benefici economici. Quali?
R) Per un paese turistico come l‘Italia e in una comunità turistica mondiale sempre più sensibile all’ambiente è necessario presentarsi come nazione green. In questo modo si favorisce un turismo consapevole e il cliente attento valuta sempre in senso positivo gli interventi ecologici dell’albergatore.
D) Ma nel Mediterraneo esiste qualcosa paragonabile al Garbage Patch?
R) Ho visto con i miei occhi un‘isola di plastica che quasi nessuno conosce… Si trova tra la Sardegna e le Baleari, perché è fuori dalle rotte delle navi. Eppure è grande quanto Roma! Terribile…
D) Una domanda che non manca mai in questa rubrica: quali sono, secondo te, le maggiori urgenze per l’ambiente? Inquinamento da plastica a parte, ovviamente, visto che ne abbiamo già parlato…
R) In realtà penso al grande impatto negativo del surriscaldamento climatico e alla conseguente acidificazione degli oceani. Per non parlare dell’overfishing: le grandi compagnie hanno delle navi fattorie e mappano la presenza dei pesci dall’alto con gli aerei. Un grande business. Un tonno può avere il valore di una Porsche. Recentemente sul mercato di Tokio uno è stato valutato 2 milioni e 600 mila euro. Come tirare su dall’acqua un superattico. Eppure fino a pochi attimi prima di essere pescato era un bene comune, poi è diventato privato…
D) Il tuo lavoro quotidiano per l’ambiente nella sfera pubblica è noto grazie alle tue pubblicazioni, agli eventi, alle esplorazioni. Ma nella vita privata come ti comporti? Sei coerente?
R) Non sono vegano, non sono vegetariano, ma scelgo una dieta moderata di carne. Anche per il pesce calibro in base alla specie…
Gian Basilio Nieddu