Susanna Magistretti, la donna che ha portato la bellezza del verde nel carcere di Bollate
Susanna è una donna che ha seminato bene e con coraggio. Ha abbandonato terrazze e giardini milanesi per rigenerare spazi urbani “gestiti” da tossicodipendenti in cura e poi, come dice lei, ha iniziato “a bazzicare galere”. Correva l’anno 1998. Tanta pratica preceduta dalla teoria, merito della formazione offerta in un corso della Fondazione di Francia, Jardin d’aujord’hui.
“Ero stufa dell’aspetto estetico di terrazze e giardini – ci racconta – e ho iniziato a studiare un fenomeno più estremo: il reinserimento sociale di alcolisti e tossicodipendenti. Era il 1997. Ho approfondito le conoscenze con sociologi, botanici e psicanalisti. Un tema estremamente formativo”. Magistretti varca di nuovo la frontiera francese e ritorna a casa ricca di idee: “In Italia ho pensato di fare delle proposte, una è passata: ho iniziato a lavorare all’interno di un SerT (Servizi per le Tossicodipendenze, NdR) di Milano, anche perché il responsabile della struttura mi conosceva per il mio lavoro precedente di copy sul tema Aids. Ho iniziato a titolo volontario con i tossicodipendenti che andavano al SerT a prendere il metadone. Un giardinetto minuscolo, ma al centro di Milano”.
In queste poche zolle di terra il vento gonfia le vele di questo rivoluzionario progetto. Funziona. Il giardino conquista pure “la sciura che chiede le bustine dei semi”. “Detta così sembra una cosa folcloristica – spiega Susanna – ma è stato un passaggio molto profondo. Un posto assolutamente marginale da cui si girava alla larga è diventato un luogo dove si coltivava il bello! Davanti alla bellezza le persone se ne fregavano dei tossici. Andava bene così“. Un esempio concreto di rigenerazione urbana, in anni in cui il termine non era ancora di moda tra urbanisti, architetti e funzionari della pubblica amministrazione e tantomeno tra i politici.
Prima di quella trasformazione con forbici, guanti e pollice verde il SerT era solo una desolante “distesa di boccettine di metadone“. Il progetto di Susanna rigenera non solo il luogo ma anche le persone: “Persone che avevano perso tutto o forse non avevano avuto tutto dalla vita…”. Susanna non si ferma e da quel momento migra verso vari carceri. “Nel 2004/5 sono andata a Bollate dove ho visto delle improbabili serre con ciclamini e cipolle di Tropea. Sono stata chiara fin da subito: se volete sviluppare lavoro per i detenuti sappiate che i ciclamini li vendono più belli all’Esselunga, idem per le cipolle di Tropea!”.
Il progetto, sotto la sua guida, prende quindi un sentiero diverso, orientato ad erbacee perenni e rose antiche. “Ho lavorato con amici vivaisti, ho sputato sangue, ne sputiamo ancora (ma molto meno). Solo fiori ed arbusti. Vendiamo l’infinita varietà possibile in natura. Il concept risponde al tentativo di aprire una relazione amichevole tra uomo e natura, non seguire il fiorire continuo, come il modello mucca da latte”. E l’orto? “E’ stata una catastrofe, bello ma non c’era sincronia commerciale. Avevamo i pomodori, ma non c’era nessuno che li voleva a fine luglio e non avevamo neanche il frigo per lo stoccaggio”.
Botanica sociale, dunque? “Il tema del sociale in agricoltura, come il biologico, è una relazione forte ed amichevole. Una strada da percorrere sempre, in generale, e in particolare con persone in difficoltà. Il verde fa bene ma quando c’è un’idea di bellezza: Io che sono stato sfigato - pensa il detenuto – ho una parte buona in me, che mi viene riconosciuta perché coltivo il bello ed il buono. Un’idea che non è semplicemente estetizzante”.
Il futuro per Susanna è già oggi e le basta. “Intendo perpetuare il presente, non ho progetti di allargamento – anche perché non tira aria politica buona verso i detenuti. Manteniamo il presente…”.
Sul riconoscimento di Terres Des Femmes ci tiene a dirci che si era sbagliata: “Mi ha colpito, ho pensato all’inizio che fosse la solita marchetta aziendale, invece sono molto seri. La responsabilità ambientale in un ‘azienda così grande mi ha stupito ed è un’esperienza, al di là dei quattrini, di cui sono molto grata.” I 10.000 euro del premio li ha utilizzati infatti per la ristrutturazione del Giardino Didattico del carcere, dove ora i detenuti apprendono il mestiere del giardiniere.
Gian Basilio Nieddu