Angelo Lobina, l’alpinista che ha portato la Sardegna in vetta al mondo
“Mi chiamo Angelo Lobina, sono un climber ed alpinista, nato a Nuoro nel luglio del 1962. Pur avendo origini in un luogo di scarsa tradizione alpinistica, la montagna è da sempre una mia grande passione. Circa 30 anni fa ho iniziato a praticare l’arrampicata in falesia ma con lo sguardo e lo spirito sempre rivolto alle grandi pareti”. Questa la presentazione dell’alpinista nato e vissuto nell’isola del mare che le grandi vette del pianeta alla fine le ha scalate tutte. Con il progetto “Sardegna7Summits“ ovvero il programma della scalata della cima più alta in ogni continente, partendo dalla Sardegna, Angelo ha raggiunto l’obiettivo: dall’Everest in Asia (la cima più alta del pianeta) al Kilimanjaro in Africa. Ma ora ha già pronti altri progetti e per chi si trova a Dorgali l’8 settembre sarà possibile ascoltarlo insieme ad un altro grande dell’arrampicata, il freeclimber Manolo, nella rassegna letteraria “Leggere Sportivamente”.
D) Angelo sei nato e cresciuto nell’isola del mare, delle spiagge dal gusto esotico, del mare cristallino. Non mancano le montagne, ma passano spesso in secondo piano. Com’è nato il tuo amore?
R) Non disdegno il mare, ma la mia passione è la montagna, mi sento più a mio agio in vetta. Ho iniziato 30 anni fa con l’arrampicata in falesia, ho sempre fatto escursioni e mi sono occupato di trekking, un amore che dura ancora oggi, nutrito dalla voglia di esplorare i confini del mondo, con le diverse forme di arrampicata e le salite su ghiaccio…
D) Ci racconti della prima montagna scalata fuori dall’isola?
R) Il Monte Bianco, parliamo di 20 anni fa. Ero attratto da questo mondo candido che è l’ambiente ghiacciato. Mi procurai l’indirizzo di una scuola di arrampicata tenuta dall’alpinista Hans Kammerlander, compagno di scalata di Reinhold Messner. Feci un corso di salita su ghiaccio e a coronamento di quelle lezioni intrapresi la salita sul Monte Bianco. A distanza di tanto tempo il germe è ancora ben vivo!
D) Qual è la vetta che più ti ha affascinato tra le tante che hai scalato nei vari continenti?
R) Il Denali, la vetta più alta del continente nord americano. Si trova in Alaska, in un ambiente incredibile, fuori dal mondo. L’Alaska è una regione grandissima, scarsamente popolata e dove provi un forte isolamento. Li ho organizzato la mia spedizione con un mio compagno – è infatti più prudente andare in compagnia in quei casi… Abbiamo vissuto quest’avventura da soli, senza aiuto esterno, sopravvivendo nel ghiacciaio per circa 20 giorni. Avevamo 70 chili di materiale a testa, ma senza cani. Non si trattava di correre, ma di attraversare crepacci. E’ stata l’avventura che più mi ha proiettato nella dimensione alpinistica vera.
D) Hai viaggiato per tutti i continenti, conosci le montagne più alte. Durante la tua carriera hai registrato dei cambiamenti significativi del loro stato di salute ambientale?
R) Si nota una maggiore antropizzazione anche nei campi intorno alle basi. Riscontro dei fenomeni simili a quelli che vediamo nelle spiagge con sempre più strutture nuove pronte ad accogliere i turisti. Un business. Ma registro soprattutto il surriscaldamento del pianeta. Faccio un esempio concreto vicino a noi: il ghiacciaio alla Marmolada si trova a 2.700 metri e la vetta a 3.400: oggi a 3.000 cammini con le scarpe da trekking! In pochissimi anni si è verificato un profondo cambiamento. Alcune montagne poi sono veramente sporche, come in Russia: ricolme di spazzatura, una montagna strapazzata, maltrattata da rifiuti di ogni genere. Poco rispetto. Però sta anche crescendo la coscienza ambientale: se 20 anni fa si buttava via tutto, oggi c’è molta più attenzione e si sta cercando di arginare questo fenomeno.
D) Ci sveli i tuoi programmi futuri?
R) Ho una spedizione in programma, partirò il 29 settembre per l’Himalaya, per fare una vetta da 7.000 metri, poco turistica, molto tecnica. Si chiama Tumori, si trova in Nepal a 8 km dall’ Everest. La spedizione durerà 30/35 giorni, partirò da solo e mi unirò ad un gruppo internazionale. Saremo in 7 alpinisti, che conoscerò a Kathmandu. Sarà una sorta di allenamento/preparazione per i progetti dell’anno prossimo….
D) Il pianeta soffre. Quali sono oggi, secondo te, i maggiori problemi e pericoli ambientali?
R) Mi vengono in mente due cose: l’inquinamento atmosferico e lo “strapotere” della plastica. Un materiale altamente invasivo, anche in montagna. La plastica ormai è onnipresente…
D) Qual è la tua buona pratica ambientale quotidiana?
R) Cerco di porre sempre più attenzione ai consumi. A iniziare dall’utilizzo dell’acqua, anche quando mi lavo le mani non apro il rubinetto a pressione, mi basta un filo. Posso lavarmi le mani con mezzo litro di acqua e non con 10. L’altro giorno ero in spiaggia con la mia compagna, c’era una bottiglia di birra vuota piantata sulla spiaggia, l’ho raccolta e buttata a duecento metri. Un azione che non ha richiesto un grande sforzo. Bisogna puntare sulle piccole cose per iniziare il cambio di rotta. Le grandi decisioni, purtroppo, non sono in capo a noi…
Gian Basilio Nieddu