Casa Scaparone, storia e futuro di un sogno coltivato tra terra e anima
Il 20 dicembre il corpo di Batista ha smesso di funzionare, ma di uno come lui non puoi mai dire che “si è spento”. La brutta malattia si è presa prematuramente, a soli 49 anni, le spoglie mortali, ma non è riuscita a rubare i frutti di un instancabile “coltivatore diretto di sogni, un costruttore di case già costruite, un esploratore di quel che esiste già” – come amava definirsi, alla sua maniera eclettica e un po’ poetica.
Giovanni Battista Cornaglia, oltre che un amico, per me e per Greenews.info, fonte di ispirazione per chiunque lo abbia frequentato, è stato, insieme alla moglie Alessandra Biglino, il fondatore, nel 2000, di Casa Scaparone, rubricato per semplicità, come agriturismo, ma in realtà un mondo infinito di idee e progetti costruiti intorno al concetto di simbiosi tra uomo e terra e di ritorno alle origini più autentiche - che non sono necessariamente quelle filologiche degli studiosi e dei restauratori, ma quelle che racchiudono l’essenza della persona. Casa Scaparone può sembrare infatti, ad un primo sguardo, una tradizionale cascina piemontese ristrutturata, ma quando ci entri, la visiti, ci dormi e ci mangi, capisci che è la fotografia di Batista e Alessandra, delle loro origini tra Langhe e Roero, ma anche della loro passione per la filosofia steineriana e della vita in Africa, tra il 1988 e il 2000, materialmente presente nello stile di alcune decorazioni con oggetti di recupero, ma anche nelle mani della giovane cuoca afro-piemontese, che cucina con la sapienza culinaria delle nonne del primo Novecento. Il glocal nella sua massima e migliore espressione, come formula di perfetta sintesi tra innovazione e tradizione del Made in Italy. Per questo ai tavoli trovi russi, giapponesi, americani, svizzeri, tedeschi e gente da ogni parte del mondo e da ogni regione d’Italia, incantati dal fascino unico e irripetibile che questo luogo emana a chi è sulla stessa “lunghezza d’onda”.
Ma Casa Scaparone nasce innanzitutto come azienda agricola e come comunità dove sperimentare la coltivazione, in regime biodinamico, di antiche varietà di cereali, andate perdute nei secoli a vantaggio di quelle più “commerciali”, anche se meno nutrienti. Nel 2014, dopo l’esperienza di Urtica (una chicca di “festa dell’uomo e delle piante spontanee commestibili”), il ristorante di Scaparone diventa il primo, nella zona albese, a proporre un menu totalmente vegano, fatto con verdure, cereali, erbe, frutta e altre materie prime locali, fresche e di stagione. Non una cosa da frustarsi in ginocchio sui ceci, ma una serie di piatti che non fanno rimpiangere, per gustosità, il menu tradizionale piemontese, mai abbandonato. La “carne cruda” vegana rimane un’esperienza indimenticabile, che appaga l’occhio con le sue sembianze da classica carne cruda battuta al coltello, ma ti stupisce, appena l’assaggi, con il gusto della barbabietola!
Uno scherzo da ragazzi per un creativo come Batista, sempre sul crinale tra la celebrazione dei forestieri e degli “irregolari” e la feroce critica dei benpensanti e dei compaesani, come quando fece affiggere, per le strade di Alba, i manifesti della sua campagna più nota e dissacrante: “Guida poco che devi bere” (solo in seguito utilizzata da Mauro Corona come titolo del suo libro, come mi confessò una volta, un po’piccato, ma in fondo orgoglioso di quella “condivisione” di proprietà intellettuale).
Non sempre rose e fiori: Batista e Alessandra sono passati, come tutti i comuni mortali e come tutti gli imprenditori, attraverso mille difficoltà burocratiche e famigliari. Da veri “Campioni d’Italia” si sono confrontati con le follie e la rigidità delle normative italiane – incapaci di lasciare spazio a nuovi modelli di business o, semplicemente, a chi voglia fare diversamente - e per ultimo hanno vissuto la lacerazione di una malattia incurabile. Eppure tornando a Casa Scaparone ti rendi conto che nulla di quello che è stato creato è morto. Sopravvive in ogni dettaglio degli edifici e della nuova “villa”, finita pochi mesi fa, nella passione dei ragazzi che ci lavorano e che “ci credono” e nella determinazione di Alessandra, che non ha intenzione di rinunciare a quel sogno. Anzi. “Voglio potenziare la produzione di cereali e delle vigne – ci racconta – ma sopratutto voglio che Scaparone diventi sempre più un luogo di nutrimento non solo del corpo, ma anche dello spirito, un centro di vivacità artistica e culturale, oltre che agricola e gastronomica“. Non sarà sola, ora ad affiancarla ci saranno i figli: Carolina (20), Umberto (18) e “la mascotte”, Giovannino, di neanche 10 anni, quello che più ricorda il papà, nel sorriso e nella fantasia. Lunga vita a Casa Scaparone, che ora più che mai resterà la nostra “seconda redazione”!
Andrea Gandiglio