Massimo De Rosa (M5S) dalla COP22: “Saranno le imprese USA a convincere Trump”
Effetto Trump, cambiamenti climatici, Referendum costituzionale e politiche ambientali in Italia. Greenews.info ha intervistato l’On. Massimo De Rosa, del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati, impegnato, in queste ore, a Marrakech, con la delegazione italiana che partecipa alla COP22.
D) On. De Rosa, non crede che l’accanimento prematuro e senza appello nei confronti del regolarmente-eletto Donald Trump (negli USA come in Europa e in Italia) rischi di far degenerare immediatamente le reazioni del nuovo Presidente? Non sarebbe forse più efficace concedergli il beneficio del dubbio e provare a proporre una collaborazione costruttiva? Anche su politiche di green economy. Oggi, del resto, la green economy è un business win-win in cui sono massicciamente impegnate molte imprese americane…
R) Dal punto di vista politico accetto la scelta del popolo americano e faccio i migliori auguri al nuovo presidente che si insedierà a breve. Mi preme analizzare però le politiche ambientali e relative ai cambiamenti climatici di Trump. Si è mostrato impreparato e negazionista su questi temi. Credo che dopo l’Accordo di Parigi si sia impressa una svolta irreversibile nelle politiche di sviluppo verso l’implementazione di azioni di adattamento e mitigazione dei cambiamenti climatici e verso un’economia più verde. Questo ha significato anche impegni economici, che in molti casi sono già in campo, sia da parte dei Paesi che delle imprese. Il fatto che ci siano già ingenti somme finalizzate alla decarbonizzazione e più in generale alla lotta ai cambiamenti climatici mi da la possibilità di credere che le politiche degli USA non si discosteranno da questa direttrice solo perché c’è un cambio alla presidenza. La Francia oggi si è detta pronta a mediare con gli USA per riportare il futuro presidente su posizioni più aderenti agli Accordi di Parigi, ma allo stesso tempo ha ricordato che l’accordo è giuridicamente vincolante. La Cina sta scommettendo sul nostro futuro e investendo ingenti risorse nella lotta ai cambiamenti climatici, la Francia ha mobilitato 5 miliardi, l’Italia ha fornito già 4 miliardi per il Green Climate Fund. In totale ci sono già circa 80 miliardi e si mobiliteranno altri 100 miliardi l’anno nei prossimi anni per opere di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici in tutto il mondo e specialmente nei paesi in via di sviluppo. Oltre a questi fondi ci sono poi miliardi di investimenti privati in gioco da conteggiare. In questo quadro è nell’interesse dei cittadini americani “essere della partita” per contribuire a ridurre i danni dei fenomeni climatici estremi ed è nell’interesse delle imprese americane poter partecipare ai programmi di intervento nei paesi in via di sviluppo e di contribuire al miglioramento dei processi produttivi per ridurre le emissioni, proprio perché tutto questo sta mobilitando e mobiliterà ingenti investimenti per i prossimi anni.
D) Ieri il Ministro Galletti si è accodato alle preoccupazioni della Dr.ssa Flavia Bustreo dell’OMS, ribadendo che “è ora tempo di passare all’azione e alla definizione di obiettivi e linee guida chiari per la realizzazione degli impegni presi da parte dei Paesi”, ma non ci risulta che l’attuale Governo si sia speso con particolare fervore per la ratifica dell’Accordo di Parigi, né tantomeno per incentivare concretamente un cambio di marcia della green economy in Italia. Qual è il suo commento come membro dell’opposizione e della Commissione Ambiente?
R) Il Governo italiano come spesso capita naviga a vista. Manca una visione di lungo periodo e una programmazione. Basti pensare che ad oggi abbiamo ancora un piano energetico antiquato che punta alle fonti fossili e alla ricerca di idrocarburi. Si sono fatti alcuni passi avanti, ma sono sempre iniziative sporadiche e non una strategia coordinata e organica. Si punta agli incentivi alle rinnovabili e alle detrazioni fiscali per le riqualificazioni energetiche, ma non si progetta seriamente un’uscita dal fossile, una revisione dei trasporti o piani di approvvigionamento energetico per renderci indipendenti dall’estero. Un governo saggio dovrebbe occuparsi di strategie a lungo termine, ma troppo spesso si corre dietro al quotidiano finendo a parlare solo di banche, referendum e immigrazione senza accorgersi che rispetto alla sopravvivenza del Pianeta tutto questo passa in secondo piano. Le azioni del Governo che abbiamo visto finora in campo sono state devastanti per l’ambiente, con norme come quelle contenute nello Sblocca Italia, che mirano a semplificare le trivellazioni o a incrementare il numero di inceneritori del paese.
D) Il M5S viene spesso accusato di limitarsi a criticare, quali sono le proposte che avete avanzato in questi due anni?
R) Il M5s ha portato varie proposte nelle aule. Una su tutte la Legge sugli Ecoreati, che sta avendo i suoi primi positivi effetti. Abbiamo fatto una revisione del TUA (il Testo Unico Ambientale, NdR) in particolare sulla parte dei principi generali, dei rifiuti, delle acque e delle bonifiche, revisione che non è ancora mai stata discussa; abbiamo proposto una nuova strategia energetica nazionale per l’uscita dalle fossili e la riconversione dell’economia in un’economia carbon free; abbiamo portato in aula due proposte di legge sul consumo di suolo che sono state stravolte e rese non solo inefficaci ma addirittura pericolose per il fine a cui dovevano mirare; abbiamo proposto la stabilizzazione dell’Ecobonus e la sua estensione alla rimozione dell’amianto e all’adeguamento antisismico; abbiamo proposto la revisione del sistema ETS sullo scambio di quote per le emissioni chiedendo anche che i proventi che ne derivano siano destinati alla lotta ai cambiamenti climatici, alla relativa ricerca in campo di mitigazione e adattamento e a opere da finanziare nel nostro Paese. Anche in questi giorni, nella Legge di Stabilità stiamo riproponendo alcune di queste misure. Incrociamo le dita e speriamo che dalle belle parole si passi ai fatti e si approvi qualche nostro emendamento nell’interesse degli italiani…
D) Passiamo al tormentone di questi mesi: non pensa che il Referendum Costituzionale stia distogliendo il Paese dalle questioni realmente più urgenti e importanti per le imprese e i cittadini italiani, bloccando di fatto l’attività dell’esecutivo e del Parlamento e facendo perdere tempo prezioso?
R) Sono convinto che le riforme costituzionali non fossero la priorità del paese. In Italia dobbiamo prima di tutto dare certezze ai cittadini in vari settori, ma soprattutto dobbiamo consentire loro di arrivare a fine mese. Nell’attesa di un reddito di cittadinanza come quello che abbiamo proposto cerchiamo di agire sulle imprese. Le PMI, ma anche le grandi imprese, hanno bisogno di certezze per investire e progettare un futuro, devono vedere tracciata la strada e sapere che il governo, tra le altre cose, punti sulla riqualificazione del nostro territorio, su opere diffuse di contrasto al dissesto idrogeologico, sulla riduzione delle emissioni e sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, tramite sistemi diffusi e la possibilità di autoconsumo. Questo non avverrà dall’oggi al domani, ma se non diamo dei termini, ci poniamo degli obiettivi e stabiliamo strategie chiare a livello paese, continueremo a lasciare le imprese in un’incertezza che non fa bene alla nostra economia. Se un’impresa sa quale è la visione di futuro può pianificare, investire fare ricerca e rimettere in moto l’economia. Tutti i dati ci dimostrano che investire nelle rinnovabili, nella manutenzione del territorio nell’adattamento ai cambiamenti climatici e nella riqualificazione energetica porta un ritorno economico elevato, posti di lavoro e migliore qualità di vita. Non parliamo poi dei risparmi per la spesa sanitaria nazionale, derivanti dagli effetti indiretti e diretti dell’uscita da un’economia basata su fonti fossili.
D) Tornando alla politica internazionale e ai rapporti transatlantici, il M5S ha già in programma incontri in Italia o USA con esponenti del mondo imprenditoriale e politico americano che possano aiutare a costruire quel clima di collaborazione (invece che di contrapposizione frontale) di cui si parlava prima?
R) Siamo sempre stati aperti a scambi e incontri con tutti i paesi, USA compresi. Credo non ci sarà alcun problema a continuare su questa linea. Il nostro interesse è tutto dedicato ai cittadini italiani ed eventuali sinergie positive sono sempre benvenute se nell’interesse dei cittadini italiani e nel rispetto delle regole internazionali ed etiche.
D) Qual è la sua sensazione nei corridoi della COP22? Sarà l’ennesimo summit con tanti buoni propositi e poca concretezza o si stanno facendo reali passi in avanti rispetto alla COP21?
R) La COP21 è stata un momento storico dove ci si è posti degli obiettivi ambiziosi, ora alla COP22 dobbiamo tracciare il percorso per raggiungerli. Le premesse sono buone perché già 109 paesi che rappresentano più del 75% delle emissioni di gas climalteranti hanno ratificato ufficialmente l’Accordo di Parigi e definito i loro obiettivi di riduzione delle emissioni. Le elezioni americane stanno sicuramente influendo sul dibattito ma per ora gli USA stanno mantenendo i loro impegni ai tavoli di discussione (per ora il presidente è ancora Obama) e si sta cercando di blindare gli impegni stabiliti a Parigi, prima dell’avvento del nuovo presidente. La pressione internazionale affinché gli USA non abbandonino il tavolo l’anno prossimo è fortissima. Sono convinto che Trump rivedrà le sue posizioni e se non lo farà rallenterà solo un processo che è ormai inevitabile, danneggiando i suoi stessi cittadini e le imprese americane. L’europa potrebbe approfittare di questo momento di debolezza americana per trainare il cambiamento e porsi al fianco di colossi, come la Cina, nella lotta ai cambiamenti climatici, riprendendosi un ruolo primario che negli ultimi anni ha un po’ perso. La COP22 rimane comunque un passo fondamentale per almeno tre questioni: i paesi ribadiranno l’impegno preso, tracciando una strada difficilmente ripercorribile in senso opposto; la Cina sembra dimostrarsi ferma nella sue decisioni e negli impegni, trainando la schiera degli altri paesi; i paesi africani risultano positivamente compatti e probabilmente otterranno una rimodulazione della spesa del Fondo Clima più equilibrata e con maggiore spinta rispetto ad oggi verso progetti di adattamento piuttosto che mitigazione. In pratica i paesi in via di sviluppo stanno chiedendo a gran voce che non si finanzino prevalentemente azioni per ridurre le emissioni, ma anche opere che consentano di combattere gli effetti che i cambiamenti climatici stanno già provocando nei loro paesi come desertificazione e mancanza di cibo. Staremo a vedere nei prossimi giorni ma la strada sembra tracciata. Siamo in ritardo sulla tabella di marcia del mondo, ma finalmente qualcosa si muove e va nella direzione giusta. Sicuramente non riusciremo ad evitare danni importanti al nostro clima e al nostro pianeta (e quindi anche a noi stessi) ma cercheremo di limitarli, il quanto dipende dall’impegno e dalle risorse che ogni paese metterà in campo…
Andrea Gandiglio