Alleanza UE-FAO contro il commercio illegale di legname, causa di fame e degrado ambientale
“Intensificare gli sforzi congiunti per sostenere i Paesi tropicali produttori di legname a frenare il disboscamento illegale, migliorare la gestione delle foreste e promuovere il commercio del legname ottenuto legalmente”. È questo l’obiettivo dell’accordo, appena firmato, tra l’Unione europea e la FAO.
Un piano di cooperazione per sostenere l’implementazione del programma forestale dell’agenzia delle Nazioni Unite per l’applicazione della Forest Law Enforcement, Governance and Trade (FLEGT) che sarà in vigore fino al 2020.
Il disboscamento e il commercio di legname illegali costano agli Stati tra i 10 ed i 15 miliardi di dollari l’anno in entrate fiscali perdute. Un vero e proprio saccheggio che ha un duplice impatto. Da un lato è responsabile del degrado di vaste aree di foresta ricche di carbonio e di habitat vitali per la fauna selvatica, contribuendo così al cambiamento climatico e alla perdita di biodiversità. Dall’altro, espropria intere comunità dei loro mezzi di sussistenza e le priva di reddito e di cibo.
Fino ad oggi il programma ha sostenuto oltre 200 progetti in circa 40 paesi tropicali produttori di in tutta l’Africa, l’America Latina, nei Caraibi e in Asia. Alcune delle iniziative più promettenti in fase di sperimentazione implicano l’utilizzo delle nuove tecnologie per monitorare in modo efficiente la provenienza del legno. Per esempio, in Colombia, il programma sostiene l’uso di applicazioni Android, per rafforzare i meccanismi di tracciabilità e di controllo da parte delle autorità ambientali e guidare i consumatori nell’acquisto di legname legale e sostenibile. Un sistema simile è sperimentato da una ONG partner nei Paesi del bacino del Congo – Camerun, Costa d’Avorio, Repubblica Democratica del Congo – per intercettare il legname illegale nei diversi stadi della catena di approvvigionamento forestale, facilitando gli sforzi di monitoraggio da parte delle autorità forestali e migliorando la responsabilità e la rintracciabilità. Nel Myanmar, inoltre, il programma sta sostenendo gli sforzi della produzione di legname su piccola scala per incrementare i ricavi dei piccoli proprietari. In Honduras, invece, ci si occupa principalmente della risoluzione delle dispute circa la proprietà della terra.
Con 30 milioni di dollari - circa 18 saranno a carico dell’UE, mentre 7,25 proverranno dalla Gran Bretagna e 5,3 dalla Svezia – si prevede quindi di ridurre non solo l’impatto ambientale del disboscamento illegale e mitigare il cambiamento climatico, ma anche di far aumentare i redditi e la sicurezza alimentare delle comunità forestali, migliorando l’accesso ai mercati nazionali e internazionali. e rendendoli partecipanti attivi nella gestione sostenibile delle risorse forestali.
Una parte fondamentale della nuova fase prevede, infatti, una maggiore collaborazione con entità del settore privato, sia nei Paesi produttori che in quelli consumatori, per affrontare alcuni degli ostacoli alla produzione di legname legale. Ciò comporterà puntare specificatamente a potenziare le aziende forestali di piccole e medie dimensioni in Africa, in America Latina, nei Caraibi e in Asia, che danno lavoro a circa 140 milioni di persone.
René Castro Salazar, direttore generale aggiunto della FAO per il Dipartimento Foreste, ha evidenziato che il segreto è il gioco di squadra. “Grazie a iniziative globali come la FLEGT, dal 2002 ad oggi la produzione di legname illegale è diminuita di circa il 22%. La nuova fase FLEGT offre un’importante opportunità per condividere le lezioni apprese attraverso tutti i settori, poiché è diventato sempre più chiaro che saranno necessari ampi partenariati per ottenere l’impatto globale necessario per ridurre la perdita di foreste, la vulnerabilità alimentare e mitigare il cambiamento climatico”.
Inoltre, visto il contributo delle foreste nel fornire posti di lavoro, reddito, cibo e habitat naturali, la nuova agenda per lo sviluppo internazionale delle Nazioni Unite include la loro gestione sostenibile come uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030.
Beatrice Credi