Referendum trivelle: il quorum non c’è, ma hanno votato 16 milioni di Italiani
Matteo Renzi ha perso un’altra buona occasione per tacere. Non pago della magra figura internazionale di venerdì, per essersi assunto il merito del tunnel svizzero del San Gottardo, il premier si è “annesso”, ieri sera, anche il mancato raggiungimento del quorum nel referendum sulle trivelle. E’già triste, di per sé, che un presidente del consiglio brindi al fallimento di una consultazione popolare, ma è ancora più squallido a fronte di un quesito (il primo nella storia della Repubblica) richiesto da 10 Regioni e votato da quasi 16 milioni di Italiani, che sono comunque andati a votare in una domenica d’aprile qualsiasi, nonostante il mancato accorpamento con le elezioni amministrative e la propaganda governativa a favore dell’astensionismo. Di questi votanti, l’85% (più di 13 milioni), ha votato sì, per l’abrogazione di una norma scellerata di estensione “all’infinito” delle concessioni petrolifere, che resta comunque oggetto di un esposto alla Corte dei Conti avanzato dai Verdi.
Come ha ben spiegato Marco Boato, infatti, quasi la metà delle 88 piattaforme interessate dal referendum, risulta già inattiva, ovvero sta in mezzo al mare ad arrugginire, mentre gran parte delle altre estrae così poco da rimanere sotto la franchigia che esenta i petrolieri dal pagamento delle royalties! Altro che “levare il calice” con “quelle oltre diecimila persone che hanno conservato il posto di lavoro“, come ha dichiarato Renzi. Gli unici che oggi brinderanno sono i titolari delle concessioni, che grazie a quell’articoletto del decreto “Sblocca Italia” risparmieranno circa 25 milioni di euro per ogni piattaforma non bonificata, per un totale di circa 800 milioni di euro, che andranno in conto all’ambiente marino o, nel caso se ne faccia carico lo Stato-Pantalone, ai contribuenti italiani. Di nuovo chi inquina non paga, in barba al principio che il Governo vanta di aver introdotto con la legge sugli “ecoreati“.
Ma al presidente del consiglio, seriamente malato di egotismo, interessa solamente il proprio pallottoliere delle “vittorie”, non importa quale sia la posta in gioco per il Paese e per la salute degli Italiani. Un vezzo che ci è costato 320 milioni di euro, per il mancato accorpamento del referendum alle elezioni amministrative di giugno (che avrebbero ovviamente garantito il quorum e la vittoria del sì). Giusto per chiarire, i 10.000 ingegneri e operai (numeri farlocchi) che Renzi dice di aver difeso grazie al boicottaggio del referendum sulle trivelle, e che oggi “torneranno alle loro piattaforme sapendo di aver conservato il posto di lavoro“, sarebbero serenamente tornati al lavoro anche se avesse vinto il sì. Una vittoria di Pirro che, come abbiamo già scritto alla vigilia del referendum, traghetta definitivamente il premier “sul lato sbagliato della Storia”, proprio a pochi giorni dalla ratifica dell’accordo di Parigi.
Andrea Gandiglio