Cosa resta della COP21. La politica schizofrenica dell’UE sul clima
A qualche mese dall’accordo di Parigi sul clima quali sono i passi compiuti dall’Unione Europea per gli impegni presi, o almeno promessi?
Per trovare la risposta dobbiamo guardare fuori e dentro i confini dell’UE. Prima alla sua politica di vicinato, cioè alle azioni intraprese con i Paesi confinanti – principalmente con quelli della riva Sud del Mediterraneo – e poi alle decisioni che riguardano i soli Stati Membri.
Sul primo fronte è senza dubbio da segnalare il progetto ClimaSouth appena presentato al Parlamento Europeo e finanziato anche dalla Commissione. Il cui obiettivo è quello di accompagnare i Paesi rivieraschi del Nord Africa e del Medio Oriente nell’implementazione delle politiche necessarie per contrastare gli effetti del riscaldamento del pianeta. ClimaSouth, punta a mettere in pista piani di sviluppo economico, ha spiegato il direttore Bernardo Sala, tramite azioni di “capacity building” e di sostegno alle istituzioni di Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Palestina, Israele, Giordania e Libano.
Tra gli aspetti più sottovalutati del cambiamento climatico ci sono, infatti, le sue conseguenze sociali. La crisi siriana, per esempio, ha le sue radici nella crisi agricola precedente al 2011. 32,4 milioni di persone hanno dovuto abbandonare le loro case per calamità naturali: il climate change ha quindi effetti diretti sui fenomeni migratori.
“Gli accordi di Parigi – ha sottolineato Elina Bardram, capo Unità della DG Clima della Commissione UE – rappresentano un passo molto importante, un nuovo capitolo, il passaggio da azione di pochi paesi ad un’azione globale. In questo contesto, ClimaSouth ha un ruolo fondamentale: mostrare come la cooperazione possa essere efficace nella pratica per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti a livello globale”. Le intenzioni sono certamente nobili, ma quello che succede dall’altro lato del Mediterraneo sembra andare in direzione opposta.
E anche da questo lato l’incertezza non è minore. Contemporaneamente alla conferenza di presentazione del progetto ClimaSouth, il Commissario europeo al Clima, Miguel Arias Cañete ha annunciato che l’Unione Europea, per ora, non intende rivedere al rialzo gli obiettivi fissati per il 2030 sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, visto che “non ha ancora raggiunto quelli per il 2020″ e poi “perché l’impegno di riduzione del 40% di emissioni di CO2 rispetto al 1990 è di gran lunga il più ambizioso di tutti i 189 attualmente sul tavolo dell’ONU”. Quest’ultima affermazione risponde – noncurante e senza spazi alla speranza – alle accuse di scarsa ambizione mosse da Verdi europei e ambientalisti dopo la recente comunicazione dell’esecutivo UE sul futuro dell’accordo di Parigi.
Greenpeace ha, infatti, accusato la Commissione di “non aver mantenuto l’impegno a portare gli obiettivi climatici UE in linea con l’intesa di Parigi“. L’associazione considera deludente il documento che fa il punto sulle prossime tappe del processo e delle modalità e di messa in opera dell’Accordo di Parigi nell’UE e che è accompagnato da una proposta di firma dell’Accordo da parte dell’Unione Europea. I Verdi dell’Europarlamento hanno, invece, accusato il sistema ETS di sforare di oltre 2 miliardi di tonnellate di CO2 gli obiettivi fissati dall’accordo della COP21.
Cañete però non ci sta a fare da bersaglio e, oltre a ribadire che la politica UE è “pienamente in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi” (e ricordare gli appuntamenti di revisione previsti nel 2018, 2020 e 2023), ha sottolineato che Bruxelles deve ancora varare una serie di misure che serviranno a centrare gli obiettivi fissati per il 2030. Si parla proprio della riforma, da tempo in discussione, del sistema ETS, cioè il mercato europeo della CO2, poi della proposta di direttiva sul cosiddetto ‘effort sharing‘ che interessa i settori esclusi dall’ETS, cioè trasporti, agricoltura ed edifici – molto delicata da negoziare con gli Stati Membri. Ci sono, infine, le revisioni in corso sulle direttive sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica, ha aggiunto il Commissario. Il quale è assolutamente convinto che l’UE sia sulla rotta giusta per il contenimento del riscaldamento entro i 2 gradi e verso 1,5 gradi.
Tuttavia, sul post-Parigi, anche il Consiglio sembra diviso. “Non è il momento di sollevare questioni divisive su come innalzare l’ambizione, ma di concentrarsi sulle regole per far funzionare l’accordo al meglio“, ha tagliato corto il Ministro dell’Ambiente italiano, Gian Luca Galletti (solitamente “grandioso” in Patria) nel corso del dibattito sul futuro dell’accordo sul clima, alla riunione del Consiglio Ambiente dell’UE a Bruxelles. Un’idea per molti versi simile a quella di Cañete. Mentre altri Paesi, come Germania, Austria e Lussemburgo, si sono già espressi per un maggiore impegno nella lotta all’emergenza clima da parte dell’UE, sulla scia della Conferenza ONU sul clima.
Beatrice Credi