Fotovoltaico a spina: quando l’energia rinnovabile diventa un elettrodomestico. La battaglia di Massimo Berti
Energie rinnovabili in formato elettrodomestico: facili da usare, spostare e programmare. E’ la nuova frontiera, ancora tutta da conquistare, che sta muovendo i primi passi nonostante il sentiero arduo e tortuoso della burocrazia, che rallenta questo cammino verso una tecnologia dal volto umano e a misura di famiglia. Uno dei più convinti sostenitori di questa rivoluzione – ricorda quella dei computer che prima occupavano intere stanze mentre oggi si portano in tasca - è Massimo Berti, fondatore di One Way, con cui abbiamo parlato del microfotovoltaico a spina. “Si tratta di un prodotto che genera elettricità per le esigenze energetiche quotidiane e deve essere usato come un elettrodomestico, quindi removibile e con un costo interessante rispetto al piano di ammortamento”.
Un processo, quindi, di autoproduzione “dal basso”, svincolato dalle logiche degli incentivi del passato che hanno portato alla produzione per la produzione, oltre le necessità della famiglia o dell’azienda. ”Il fotovoltaico è stato gestito malissimo, sin dal suo inizio, perché ha prevalso il fattore economico rispetto a quello etico – spiega Berti -. Si è inculcata a forza la dinamica del conto energia con la logica dell’investimento che poi si è trasformata in una vera e propria rendita. Gli incentivi sono stati troppo elevati“. Se l’idea di partenza era lodevole (fare leva sul fattore finanziario per far decollare il fotovoltaico in Italia), oggi ci sono da gestire gli effetti perversi di questa politica energetica. “Persone che non conoscevano il fotovoltaico ci hanno investito dei soldi solo in funzione del ritorno economico. Oggi il mercato è frenato perché viene meno l’incentivo. Se la logica precedente era produciamo energia al massimo, ora con il micro fotovoltaico produco quanto e quando mi serve”.
Il micro fotovoltaico potrebbe avere una diffusione capillare nel territorio nazionale e conquistare nuovi utenti. A iniziare da tutte le persone e le famiglie in affitto che non possono investire su un impianto tradizionale, senza dimenticare chi abita in condominio e non ha piena libertà di scelta per quanto riguarda gli impianti. In altri termini il fotovoltaico a spina potrebbe abbattere le barriere del contesto edilizio residenziale e permettere anche alle classi sociali più deboli di poter compensare la produzione domestica di energia. “Il micro fotovoltaico è entrato con forza nel mercato quando è caduto il conto energia. – spiega Berti - Eliminato lo scenario incentivante, semplificato tecnicamente con il nuovo sistema mobile, abbiamo un elemento che produce energia e con un piano di ammortamento su 10 anni si ripaga l’investimento – e poi va in utile”.
Il percorso per l’affermazione del micro fotovoltaico non è però in discesa: c’è da battere la burocrazia. Per questo Berti, da vero “Campione d’Italia”, ha preso carta e penna e scritto al Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) al quale chiede una identificazione merceologica del micro fotovoltaico a spina. In altri termini questo dispositivo “pur rientrando nel comparto dei generatori fotovoltaici” ha una destinazione “prettamente domestica” e il suo utilizzo è “intermittente, per una compensazione esclusiva dei carichi attivi” quindi svincolato “dalla contemporanea tecnologia fotovoltaica e dalle sue specifiche interazione con la rete”. Si deve, quindi, parlare di “compensatore di consumo elettrico per contestuale autoconsumo per energia auto prodotta da fonte rinnovabile“. Non è un lessico semplice e per spiegare il suo obiettivo Berti fa ricorso – si legge in un articolo del suo sito – alla comparazione tra bicicletta con pedalata assistita e ciclo elettrico a pedali. Sono due prodotti diversi e nel secondo caso bisogna rispettare una serie di norme dettate dal Codice della Strada: assicurazione, patente, targa, casco. La gestione dei due cicli dal punto di vista economico è di conseguenza profondamente diversa: “Una differenza molto sottile quella della bicicletta a.pedalata assistita e del ciclo elettrico con pedali” quindi serve chiarezza legislativa per svincolare le tecnologie fotovoltaiche tradizionali da quelle a spina.
Si tratta di una vera e propria battaglia sul filo dei termini tecnici e giuridici per far avanzare la cultura della auto produzione energetica casalinga. Massimo Berti non si risparmia su questo fronte e per compensare le esigenze del sistema nazionale non esita a proporre “una tassazione, attraverso l’aumento dell’IVA per esempio”. Quando si produce più energia del necessario sarà poi possibile ”inserire un accumulatore” oppure “staccare la spina”. Un vero e proprio elettrodomestico, in definitiva, per soddisfare le proprie esigenze e non per creare solamente una rendita economica “all’antica”.
Gian Basilio Nieddu