“Tossicodipendenza da pesticidi”. Una malattia da agricoltura industriale
Un quarto dei 471 pesticidi approvati in Europa supera le soglie critiche per la persistenza nel suolo o nelle acque, e 79 di questi oltrepassano i valori critici di tossicità per gli organismi acquatici. Sono solo alcuni degli allarmanti dati contenuti nell’ultimo rapporto di Greenpeace dal titolo “Tossicodipendenza da pesticidi. Come l’agricoltura industriale danneggia il nostro ambiente”.
Nel documento l’organizzazione ambientalista ha analizzato la letteratura scientifica disponibile sull’uso dei pesticidi di sintesi in agricoltura. Ne emerge la minaccia che questi rappresentano per la biodiversità. Il pericolo cioè, legato alla scomparsa di specie, all’alterazione degli ecosistemi e della catena alimentare. Si parla di un 24,5% di specie vulnerabili o in via di estinzione, nella sola Europa, la cui esistenza viene quotidianamente sfidata dall’utilizzo dei pesticidi ma non solo, anche risorse preziose per l’ecosistema come l’impollinazione rischiano di scomparire a causa degli effetti nocivi di queste sostanze chimiche.
A preoccupare gli ambientalisti è il fatto che, lungi dall’essere un’attività contingente, ormai l’utilizzo di queste sostanze è la normalità. La loro persistente presenza, infatti, magari ne riduce le dosi e la concentrazione ma ne aumenta la durata, rendendo l’avvelenamento da pesticidi continuo e pressoché ineliminabile.
Tuttavia, Greenpeace insiste sulla pericolosità di un ulteriore fenomeno: i ‘cocktail’ di pesticidi. In questo caso, non solo il mix chimico amplifica gli effetti dannosi, ma questi ultimi non vengono valutati nei processi di autorizzazione UE. Se è vero, infatti, che a livello europeo il perfezionamento dei procedimenti autorizzativi dei pesticidi continua a essere un work in progress, resta il fatto che esistono ancora grosse lacune dal punto di vista delle valutazioni, dei controlli e del monitoraggio. Attualmente, l’UE autorizza l’uso di circa 500 principi attivi, ma il numero delle formulazioni in commercio è di gran lunga superiore. Queste formulazioni generalmente non contengono solo il principio attivo, ma anche additivi come solventi, tensioattivi ed emulsionanti progettati per renderli più efficaci (ad esempio per agevolare la penetrazione delle membrane cellulari). Solo i principi attivi, però, sono sottoposti ad autorizzazione, non l’intero composto. Dato che i formulati commerciali possono avere livelli di tossicità molto più elevati rispetto ai singoli principi attivi, e che i residui di pesticidi non compaiono generalmente da soli ma in combinazioni di più sostanze, è allarmante il fatto che l’UE non sia ancora riuscita a (o abbia voluto) regolamentarli adeguatamente. Nonostante sia gli effetti degli additivi sia quelli sinergici (additivi più principio attivo) siano descritti nella letteratura scientifica, essi non vengono ancora presi in considerazione nelle procedure di valutazione dei rischi. La discussione sulla standardizzazione dei metodi per valutare i composti va avanti da tempo, ma un accordo non è ancora stato raggiunto.
L’Unione Europea, inoltre, non è in grado di valutare correttamente i danni a lungo termine dell’esposizione a basse dosi di pesticidi, perché le sue rilevazioni si concentrano principalmente sulla tossicità acuta.
A livello UE, poi, oltre ai problemi fin qui esposti, ci sono altri aspetti che non vengono adeguatamente considerati. Un esempio è il fatto che, fin dal 2009, per l’Unione Europea la capacità delle sostanze di interferire con il sistema endocrino rappresenta uno dei criteri che può prevenirne l’autorizzazione. Fino a oggi, tuttavia, nessuna autorizzazione è stata negata a causa dei possibili effetti nocivi sul sistema endocrino e, nonostante il pericolo per la salute umana sia molto elevato, non sono ancora stati stabiliti metodi standard per quantificare tali effetti. Questa grave carenza va letta alla luce del fatto che, con grande probabilità, inserire un’adeguata valutazione delle interferenze endocrine all’interno dei processi autorizzativi porterebbe al ritiro di una serie di sostanze dal mercato e renderebbe più difficile autorizzare nuove sostanze.
Infine, lo stesso sistema di monitoraggio dell’UE presenta gravi lacune. La gamma di pesticidi che vengono analizzati è molto ristretta e si concentra prevalentemente sulle sostanze previste dai regolamenti europei, per lo più dalla Direttiva quadro sulle acque. Molte sostanze, in particolare pesticidi più recenti come i neonicotinoidi, non vengono monitorati come dovrebbero a dispetto del loro diffuso impiego. Questo significa che l’attuale regolamentazione sui pesticidi non è in grado di garantire una seria valutazione di tutti gli impatti dei pesticidi sull’ambiente. In altre parole, l’elenco delle sostanze che devono essere monitorate non è tempestivamente aggiornato.
Questi esempi mostrano il sostanziale fallimento del processo autorizzativo dei pesticidi nell’UE.
Come porre fine a questo fenomeno? Greenpeace sottolinea la necessità di un urgente intervento politico-finanziario per fare in modo che l’agricoltura viri verso l’ecologia prediligendo uno sviluppo sostenibile e interrompendo così finalmente la dipendenza dalle sostanze tossiche.
“La dipendenza dell’Europa dai pesticidi chimici è più che altro una tossicodipendenza. Le colture sono regolarmente irrorate con diverse sostanze chimiche, di solito applicate più volte su ogni coltura durante l’intera stagione di crescita. Eppure gli agricoltori dispongono già di alternative non chimiche per contrastare le specie nocive, ma hanno bisogno del necessario sostegno politico e finanziario affinché queste diventino il metodo più diffuso”, ha dichiarato Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace.
Beatrice Credi