Sugli OGM il Vecchio Continente si spacca in due. Ma vince il fronte del “no”
La modifica, e relativa promulgazione a marzo scorso, della Direttiva comunitaria sugli Organismi Geneticamente Modificati che consente agli Stati Membri di vietare o limitare sul proprio territorio nazionale la coltivazione di OGM – anche quelli autorizzati a livello comunitario o con una domanda pendente – comincia a far vedere i suoi effetti. E ci riconsegna l’immagine di un Continente sostanzialmente spaccato in due. Assetto che sottolinea, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto il tema degli OGM metta i Paesi UE tutt’altro che d’accordo.
A oggi, secondo la Commissione Europea, il numero di Stati che hanno presentato formale richiesta per escludere le proprie terre, o parte di esse, dalla coltivazione degli organismi geneticamente modificati sarebbero 18. Assieme all’Italia, che ha provveduto da pochi giorni, ci sono Austria, Belgio (per la regione della Vallonia), Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Francia, Grecia, Germania (ad eccezione degli usi per la ricerca), Gran Bretagna (per Galles, Irlanda del Nord e Scozia), Lettonia, Lussemburgo, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia e Ungheria. A conti fatti, il fronte del no raccoglie circa il 70% della popolazione dell’UE e il 70% delle superfici coltivabili. Le domande di esclusione verranno poi inoltrate alle aziende produttrici, inclusi i colossi del biotech come Monsanto, Dow, Syngenta e Pioneer, che hanno un mese per reagire e dare il loro assenso. A questo proposito Battere Spath, il direttore del gruppo industriale di Europabio, ha dichiarato polemicamente: “Il divieto sancito dalla nuova legislazione UE, permettendo lo stop della coltivazione agricola OGM invia un segnale negativo a tutti i settori innovativi che hanno intenzione di investire in Europa”.
Il termine per avvalersi di questa opzione della procedura è ormai scaduto, era infatti sabato 3 ottobre. Tuttavia sarà sempre possibile esercitare l’opt out fornendo alla Commissione europea una serie di motivazioni di prevalente interesse generale, legate per esempio a obiettivi di politica agricola, pianificazione urbanistica o regionale, utilizzo del terreno, impatto socio-economico, utilizzo dei terreni o politica pubblica. Mentre le motivazioni di carattere ambientale o di rischi per la salute rimangono una competenza dell’EFSA, l’autorità europea per la sicurezza alimentare.
Seppure tra le polemiche e le obiezioni sollevate dai più intransigenti verso gli OGM – che volevano l’esclusione totale dell’Intero territorio UE dalla loro coltivazione attraverso una legislazione obbligatoria a livello comunitario – l’avere lasciato liberi gli Stati di scegliere ha quantomeno due vantaggi. Il primo, quello di avere bloccato una situazione che stagnava da anni, e sulla quale mai si sarebbe arrivati a mettere d’accordo tutti i 28, trascinando all’infinito la questione. Questa soluzione ha poi avuto il merito di fare uscire allo scoperto i diversi Governi obbligandoli a prendere una posizione. Una specie di “operazione trasparenza” utile un po’ a tutti i livelli. Da quello politico, dove oggi si sa in che direzione lavorare nel caso si volesse aumentare il numero di Paesi favorevoli alla messa al bando degli OGM, fino a quello dei consumatori che potranno scegliere con più consapevolezza i prodotti da mettere sulle loro tavole.
Un’opinione condivisa anche dalle ONG europee, le quali hanno accolto con favore la volontà della maggioranza dei Paesi UE, di vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio. “Si tratta di un movimento di massa, sia politico che cittadino, che mostra che un numero crescente di Stati Membri non si fidano delle valutazioni condotte dall’Unione Europea e agiscono, a ragione, per proteggere la loro agricoltura e l’alimentazione”, ha detto Anaïs Pourest di Greenpeace Francia.
“Non c’è mai stato un segnale tanto chiaro che le colture geneticamente modificate, e le aziende che producono OGM, non sono i benvenuti in Europa”, aggiunge Mute Schimpf di Friends of the Earth Europe. “Ora la decisione democratica dei Paesi di vietare le colture geneticamente modificate deve essere rispettata dal settore della biotecnologia”.
Eppure, la questione degli OGM in Europa è tutt’altro che risolta. In particolare, il tema delle “zone cuscinetto” da mettere in atto per evitare la contaminazione al confine tra un Paese favorevole alle colture transgeniche e il suo vicino che vi si oppone è, infatti, ancora aperto. Inoltre, la revisione delle procedure di valutazione e autorizzazione, richiesta ormai da anni dai Ministri dell’Ambiente europei, è ancora in corso.
Beatrice Credi