FAO: nuovo impulso alle esportazioni di prodotti biologici dall’Africa
Circa 5.000 agricoltori africani sono in grado oggi di trarre profitto dalla crescente popolarità e diffusione dei prodotti biologici nei paesi industrializzati grazie ad un programma della FAO, finanziato dalla Germania, che li ha aiutati ad ottenere la certificazione e conformarsi agli altri requisiti richiesti.
Le proiezioni indicano che nei paesi sviluppati, nei prossimi tre anni, il mercato dei prodotti biologici e del commercio equo e solidale aumenterà tra il 5 ed il 10 per cento, aprendo nuove opportunità per i piccoli contadini dei paesi poveri. Tuttavia gli ostacoli non sono pochi, soprattutto per la difficoltà che questi agricoltori incontrano per ottemperare alle esigenti norme alimentari richieste dai paesi sviluppati e per ottenere la certificazione necessaria.
Non solo, ma per entrare nel mercato del biologico i contadini devono prima passare un periodo di conversione dall’agricoltura convenzionale all’agricoltura biologica, durante il quale devono affrontare costi più elevati per riuscire ad applicare le nuove tecniche biologiche, senza però poterne ancora cogliere i benefici derivanti dai prezzi più alti associati di solito all’etichettatura di biologico.
I progetti della FAO in Burkina Faso, Camerun, Ghana, Senegal e Sierra Leone hanno aiutato gruppi di contadini e di piccoli esportatori a superare queste difficoltà ed a migliorare le proprie capacità tecniche e la qualità dei prodotti riuscendo così ad ottenere la certificazione di biologico e commercio equo e solidale e profittare di mercati altamente remunerativi.
“Alcune associazioni di contadini non erano mai riusciti, prima d’ora, ad esportare i propri prodotti, nella migliore delle ipotesi li avevano messi sul mercato locale a prezzi molto bassi. La maggior parte di essi non possedeva capacità istituzionale, abilità tecnica e risorse finanziarie”, dice l’economista della FAO Pascal Liu. “Adesso la maggior parte di queste associazioni hanno uno status legale, si riuniscono regolarmente, mantengono registri e sono costituiti da veri e propri membri associati con quote d’iscrizione”, aggiunge Liu.
Come risultato della migliore struttura ed organizzazione, le associazioni contadine sono adesso nella condizione di elaborare e negoziare contratti con gli esportatori.
“Alcuni esportatori di ananas del Ghana e del Camerun riescono ancora, nonostante la crisi economica, ad incrementare le proprie esportazioni”, fa notare Cora Dankers, che coordina i progetti della FAO in questi paesi. “Un gruppo di contadini in Camerun, per esempio, non solo è riuscito a trovare compratori per le proprie ananas, ma grazie all’analisi dei costi che abbiamo condotto insieme ad essi, sono adesso in grado di negoziare migliori condizioni con i loro compratori convenzionali”.
Il progetto ha aiutato i contadini in tutti gli stadi della catena d’approvvigionamento, dalla produzione, al raccolto, al confezionamento, alla certificazione, alla commercializzazione. La parte essenziale del progetto è stata tuttavia ottenere la costosa certificazione durante il periodo di conversione e riuscire ad instaurare migliori condizioni igieniche per ottemperare alle richieste norme internazionali di qualità.
“Il progetto ha aiutato i contadini locali, che di solito dalle istituzioni si aspettano aiuti finanziari diretti, ad avere maggiore spirito d’iniziativa. La loro situazione economica, ma anche la fiducia in se stessi, ne hanno enormemente guadagnato, e adesso possono vendere i loro prodotti sui mercati internazionali a prezzi decisamente migliori – cosa che non si sarebbero neppure sognati solo tre anni fa”, aggiunge Liu. In Ghana – solo per fare un esempio – una trentina di produttori di ananas sono riusciti ad incrementare le vendite portandole da 26 a 116 tonnellate, dopo aver ottenuto la certificazione di produzione biologica.
I guadagni ottenuti dalla vendita di prodotti certificati sono stati usati principalmente per comprare cibo e vestiario, e per pagare tasse scolastiche e spese mediche. Sono dunque riusciti a migliorare le generali condizioni di vita e la sicurezza alimentare.
A livello di comunità il progetto ha significato nuovi posti di lavoro per i braccianti coinvolti nella produzione di prodotti certificati e nei servizi connessi. Inoltre i nuovi metodi di coltivazione biologica sono stati adottati anche da altri contadini che non sono membri di queste associazioni, spingendoli a chiedere di farne parte.
Il progetto ha anche dato sostegno alle reti nazionali di produttori biologici ed alle organizzazione di esportatori e di commercio equo e solidale, tra cui la Fédération nationale de l’agriculture biologique (FENAB) del Senegal.