Presidenza UE in mano al Lussemburgo, tra TTIP e Conferenza di Parigi
Con il Lussemburgo si chiude il Trio di Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea formato da Italia, Lettonia e dal piccolo Granducato. Che, insediatosi alla guida dell’istituzione UE all’inizio di luglio, rischia di essere lo Stato che dovrà affrontare forse il peggiore momento a cui l’Unione Europea si trova di fronte dalla sua nascita.
Crisi del debito greco, flussi migratori nel Mediterraneo e possibile uscita della Gran Bretagna dall’UE. I tre temi caldi sui quali l’Unione si gioca la faccia, se non addirittura l’esistenza.
E l’ambiente? Che fine ha fatto nell’agenda europea e che ruolo ricopre nel programma della Presidenza del Lussemburgo che durerà fino a dicembre quando il Primo Ministro Xavier Bettel passerà lo scettro ai Pesi Bassi? Se spostiamo la lente d’ingrandimento sui temi green scopriamo, in realtà, che in questi sei mesi i dossier ambientali in ballo non sono per niente secondari; bensì vitali e di respiro internazionale.
Primo fra tutti il negoziato sul Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (TTIP) che avevamo lasciato impantanato nell’ iter parlamentare dopo che, durante l’ultima Plenaria, il voto sul TTIP era stato sospeso. Ora però, la discussione sul trattato rientra in aula. Questa settimana, a Strasburgo, durante l’ultima riunione dell’Europarlamento prima della pausa estiva, il TTIP, infatti, torna a far parlare di sé. Il relatore Bernd Lange è riuscito a trovare un testo di compromesso sul punto più spinoso, l’ISDS, il meccanismo di arbitrato tra investitori e Stato, un testo che dovrebbe questa volta mettere d’accordo i tre principali gruppi, quello socialista, quello popolare e quello dei liberali, assicurando l’approvazione finale.
La nuova formula trovata afferma che “il sistema ISDS sarà rimpiazzato da un nuovo sistema per risolvere le dispute tra investitori e Stato che sia soggetto ai principi democratici”, e che assicuri “che potenziali casi siano trattati in maniera trasparente in udienze pubbliche da giudici professionisti e indipendenti”, un sistema che includa “un meccanismo di appello in cui sia assicurata la consistenza delle decisioni giuridiche, sia rispettata la giurisdizione delle Corti UE e di quelle degli Stati membri e dove gli interessi privati non possano minare gli obiettivi delle politiche pubbliche”.
Nonostante il possibile sblocco della situazione, la Presidenza lussemburghese deve, tuttavia, fare i conti con gli attivisti della Campagna Stop-TTIP, per i quali il compromesso raggiunto resta totalmente inaccettabile, perché si tratta di un testo evidentemente fumoso e per nulla chiaro, che lascia aperte molte possibilità, cambiando la struttura, ma non la sostanza. Un’opposizione tutt’altro che ininfluente, la quale continua ad insistere sul pericolo che si nasconde dietro all’accordo in termini soprattutto di acquisizione di potere da parte delle multinazionali. Allo stesso tempo il Commissario all’Agricoltura Phil Hogan ha dichiarato che la Commissione farà di tutto per proteggere le Indicazioni Geografiche Tipiche nell’ambito del Trattato di libero scambio con gli Stati Uniti.
Quello del ruolo delle aziende multinazionali è un tema ancora più sensibile se si pensa che proprio il Lussemburgo è nel mirino dell’antitrust UE per aver concesso trattamenti fiscali favorevoli a questo tipo di società. Ma si è paradossalmente riproposto, nel suo semestre, di affrontare la questione dell’armonizzazione del fisco per le imprese, e permettere che le nuove norme UE sulla trasparenza fiscale e lo scambio di informazioni siano operative dall’inizio del 2016…
Sull’altra sponda dell’Atlantico, invece, il Senato degli Stati Uniti ha appena deciso di dare più poteri al Presidente Barack Obama nella negoziazione del trattato di libero scambio con l’Unione Europea. Il meccanismo approvato permette a Obama di negoziare più liberamente, in maniera autonoma e indipendente, mentre il Congresso avrà solo il potere di approvare l’accordo finale senza poterlo emendare.
Il semestre lussemburghese dovrà, inoltre, affrontare la preparazione della conferenza sul cambiamento climatico di Parigi (COP21), dove i negoziati internazionali dovrebbero portare all’adozione di un nuovo ambizioso e vincolante trattato di partecipazione globale, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di due gradi. Un obiettivo da raggiungere anche attraverso il vertice speciale sullo sviluppo sostenibile che si terrà mese di settembre a New York. E sempre in termini di negoziati multilaterali, tra gli obiettivi principali c’è anche la conclusione dell’accordo multilaterale sui beni ambientali (Environmental Goods Agreement) nel quadro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Si tratta sostanzialmente di liberalizzare gli scambi di prodotti verdi nella composizione di pannelli solari, turbine eoliche o prodotti dedicati al trattamento di acqua e aria, nella gestione dei rifiuti, e nella lotta contro l’inquinamento acustico.
Un lungo capitolo del programma della nuova Presidenza è, infine, dedicato sia al Mercato Unico dell’Energia – che il Lussemburgo spera di spingere verso un sistema a basse emissioni di CO2 anche attraverso la riforma dell’Emission Trading Scheme (ETS) - sia alla promozione di un generico “sviluppo sostenibile”. Nella parte dedicata a quest’ultimo argomento, si leggono accenni alla conservazione della biodiversità, agli incentivi alla raccolta differenziata, all’agricoltura, alla pesca e alla produzione biologica. Vedremo cosa sarà realizzato nei prossimi sei mesi.
Beatrice Credi