Casari e pastori d’Europa riuniti a Cheese per difendere i formaggi di qualità dall’attacco UE
“L’Italia dell’agroalimentare di qualità – scrive Slow Food in un comunicato – ancora una volta subisce un attacco sleale, e stavolta a essere colpito al cuore è il settore che più di tutti rappresenta la biodiversità e il savoir-faire del nostro paese: il formaggio”. Il pressing arriva dalla Commissione Europea con una lettera di diffida che chiede all’Italia di abrogare la legge nazionale 138 dell’11 aprile 1974. Una norma italiana di cui andare, in realtà, fieri perché vieta l’uso di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per fare yogurt, caciotte, robiole, mozzarelle. Mentre secondo Bruxelles questo provvedimento rappresenterebbe “una restrizione alla libera circolazione delle merci”!
«Auspichiamo che il Governo italiano difenda questa normativa che ci ha consentito fino a oggi di consumare ed esportare prodotti che non hanno eguali nel mondo», commenta Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. «Dopo il cioccolato senza burro di cacao e il vino senza uva, le grandi industrie provano ad attaccare un altro settore di punta dell’agroalimentare italiano, secondo una logica al ribasso che danneggia pesantemente il nostro paese. Se questa nuova istanza venisse accolta, il comparto lattiero-caseario di qualità, già schiacciato dai prezzi del latte troppo bassi e dalle difficoltà della produzione per chi va in alpeggio, subirebbe un grave contraccolpo”. “Come Slow Food – prosegue Sardo – ci battiamo da anni per promuovere i formaggi a latte crudo, le produzioni d’alpeggio, le tecniche tradizionali e le razze autoctone. Da quando organizzammo la prima edizione di Cheese, nel 1997, e lanciammo la raccolta di firme a favore del latte crudo che consegnammo alle istituzioni europee. Il prossimo settembre a Bra ci saranno i migliori produttori d’Europa per combattere insieme a noi questa ultima assurdità e lavorare affinché l’esempio italiano si estenda a tutta l’Europa».
In Italia esistono infatti più di 400 tipi di formaggi, dalle tome di montagna alle paste filate del sud: piccole produzioni che potrebbero determinare il futuro dell’agricoltura e dell’artigianato alimentare, nel nostro paese come nel resto d’Europa. “È necessario difenderle – prosegue il comunicato di Slow Food – attraverso leggi ad hoc e combattere la tendenza verso l’omologazione delle materie prime, delle tecniche, della provenienza. Dall’altro lato, è necessario informare i consumatori affinché possano scegliere consapevolmente cosa stanno mangiando e, conseguentemente, quale tipo di agricoltura e di allevamento stanno sostenendo”. In questo senso, sono fondamentali le etichette che, nel caso dei formaggi ad esempio, non sono esaustive con quel semplice “latte, caglio e sale” previsto dalla legge. «Vogliamo siano indicati fattori determinanti come l’alimentazione dell’animale o la tipologia di fermenti utilizzati. Senza questi elementi è difficile districarsi per il consumatore che acquista nella grande distribuzione tra le centinaia di proposte», conclude Sardo.
L’appuntamento per la battaglia “sul campo” sarà a Bra, dal 18 al 21 settembre con Cheese 2015.