La “Carta di Bologna”: esercizi di mobilità nuova per alleare le città
Città più calme, più sicure, gentili e “respirabili”. Questo l’orizzonte delineato dagli “Stati generali della mobilità nuova” (Bologna, 10-12 aprile) da cui è emersa l’esigenza di un’alleanza tra città per dettare alla politica un’agenda di temi finora sentiti come “locali”.
Dopo la prima edizione di tre anni fa, nella Reggio Emilia dell’allora sindaco Graziano Delrio – che ha esordito da Ministro delle Infrastrutture arrivando al lavoro in bicicletta - ripartono i think tank della mobilità che coinvolgono amministratori, urbanisti, enti di ricerca, associazioni, imprese. Quest’anno, tra le istituzioni presenti, le città di Milano e Torino, il Ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti e il Viceministro ai Trasporti, Nencini.
Contesto fertile per gli amanti delle due ruote, promosso da Fiab e Rete Mobilità Nuova. La pianura padana sconta infatti un tasso d’inquinamento tra i più elevati d’Europa. E forse per questo molte realtà sentono la necessità di studiare e proporre esperienze virtuose. Non a caso è partita da qui la campagna per un abbonamento nazionale del trasporto biciclette sui treni, frutto della petizione web della ciclo-pendolare Sara Poluzzi, anche lei presente ai tavoli. E sempre qui si cerca ora di abbattere le emissioni di Co2 dell’Aeroporto Marconi.
“La discussione sulla mobilità nuova – dichiara Andrea Colombo, assessore alla mobilità e trasporti del Comune di Bologna – avrà il merito di rilanciare un importante messaggio culturale: per gli spostamenti urbani esistono valide alternative alla macchina, e sono il trasporto pubblico, la bicicletta, o andare a piedi“. Tutti mezzi, questi ultimi, con un trend in crescita nel capoluogo felsineo: +8% gli abbonamenti al trasporto pubblico e +15% le tessere mensili Tper, mentre gli spostamenti urbani su due ruote sono il 10% sotto le Torri. “Una quota cresciuta in tre anni del 30%” sottolinea Colombo. Dalle rilevazioni dell’Università di Bologna sui tracciati cittadini emergono risultati più che positivi.
Ma se la mobilità nuova fosse solo “figlia” della crisi? “Sicuramente questi anni hanno fatto riscoprire la convenienza economica, oltre che ambientale e di salute, dei mezzi alternativi all’auto – ammette Colombo – Il processo verso queste formule è stato favorito e accelerato nelle sue proporzioni dalla crisi, ma è stato finalmente rimesso in discussione il paradigma della mobilità autocentrica, dell’auto di proprietà come mezzo principale per muoversi”.
Anche perché la velocità media di una macchina nei centri urbani è di 15 km orari, come emerge dal tavolo “Muoversi in città”, uno dei gruppi tematici della manifestazione. E’ stato calcolato che a Roma si perdono 135 milioni di ore di vita nel traffico. “In Italia abbiamo 36 milioni di patenti e 60 milioni di targhe – fa notare Alberto Fiorillo di Legambiente. “La vera mobilità lenta è quella attuale delle auto”, fa eco Anna Donati, a capo del Comitato Scientifico della manifestazione. “La mobilità nuova richiede interventi di riqualificazione e manutenzione urbana che comportano investimenti a bassa intensità di cemento. Forse per questo – aggiunge – trovano pochi amici”.
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, e con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, la sessione bolognese è stata finanziata dal Comune di Bologna e da sponsor pubblici e privati. In eredità lascia un libro di proposte, una carta d’intenti che all’agenda politica dei governanti chiede di riorientare la spesa pubblica. Destinando il 50% delle risorse per infrastrutture legate ai trasporti al servizio pubblico locale e al pendolarismo non motorizzato. Ma anche individuando a livello nazionale obiettivi di mobilità per i Comuni, come arrivare sotto la soglia del 50% per gli spostamenti in auto nel proprio territorio. Ripensare i limiti di velocità introducendo non “Zone 30″ ma “Città a 30 km orari” nei centri urbani. Infine, incentivare con la leva fiscale le aziende virtuose nel mobility management, che promuovono presso i dipendenti l’uso dei mezzi pubblici o della bicicletta.
Pierfrancesco Maran, assessore alla mobilità del Comune di Milano, vorrebbe per esempio “rottamare” lo strumento della Legge Obiettivo, e puntare sul finanziamento di piani anziché di singole opere infrastrutturali. Alla presenza del ministro Galletti, l’onorevole Paolo Gandolfi (Commissione Trasporti della Camera) invoca una politica nazionale che si occupi della mobilità delle città con un vero cambio di visione dei centri urbani. “Il Codice della Strada – esemplifica Gandolfi – dovrebbe “diventare un Codice dello spazio pubblico”.
Idea che ha riscosso molto consenso è stata quella di reinventare “ferrovie turistiche” con treni storici, greenways e ciclovie per valorizzare col turismo percorsi e territori oggi in abbandono. Tra gli interventi, molte le richieste di riforma del Codice della Strada e sostegno alla mobilità ciclistica, anche attraverso un fondo alimentato dai canoni dei pedaggi autostradali dedicato a una rete nazionale di piste ciclabili. Invocate maggiori risorse anche per il trasporto pubblico, per la conversione green dei mezzi, o per le reti tranviarie, i treni per pendolari, l’intermodalità (treni e biciclette) e le stazioni multimodali.
Intanto nell’allegato “Infrastrutture” del Documento di Economia e Finanza (DEF) approvato il 10 aprile, il dicastero di Delrio ridimensiona la lista delle “grandi opere”: scendono da 400 a 30 quelle individuate come prioritarie, per un valore di 70,9 miliardi di euro. Sempre da Porta Pia, inoltre, l’annuncio che a settembre il ministro conta di presentare un “Piano dei trasporti e delle infrastrutture”. “Piedi, bici e TPL (trasporto pubblico locale, ndr) sono i veri mezzi per la mobilità urbana” twitta Delrio al sindaco di Bologna. Sembrano parlare la stessa lingua, questi amministratori cresciuti nella Bassa. La parola, ora, ai fatti. Fino ai prossimi Stati Generali della Mobilità, a Torino nel 2016.
Cristina Gentile