L’Unione Europea apre agli OGM
Una moratoria che resisteva in Europa dal 1998. E che ora ce l’ha fatta a cadere, scatenando in tutta la UE un coro di proteste bipartisan, dalle forze politiche, alle associazioni, ai privati. E’ di ieri infatti la notizia che la Commissione europea ha dato il via libera alla coltivazione delle colture di tipo Ogm (Organismi Geneticamente Modificati). Tutto è avvenuto a tempo di record: il Commissario alla Salute John Dalli ha annunciato che sarà possibile, dalla prossima estate, la semina della patata transgenica ‘Amflora’ (commercializzata dalla multinazionale tedesca Basf) che servirà a produrre carta, mangimi ed altri tre mais transgenici, destinati ad essere impiegati nell’alimentazione umana e animale.
Un provvedimento che ha creato imbarazzo anche tra gli stati membri dell’Unione, che restano, per il momento, solo 6 su 27 ad aver aperto le porte alla coltivazione degli Ogm. Primi fra tutti Repubblica Ceca e Germania, dove i contratti tra industria e produttori sono in via di definizione. E poi Spagna, Romania, Polonia, Slovacchia e Portogallo, mentre dal 2011 dovrebbero iniziare anche Olanda e Svezia. Irremovibili gli altri: Francia e Italia si sono già pronunciati con un secco no, pensando addirittura a un referendum per far valere la clausola di salvaguardia del proprio prodotto agricolo.
Bruxelles, dal canto suo, rassicura: la “superpatata” autorizza la coltivazione a fini industriali (per la produzione di carta o mangimi animali). Questo per poter garantire una netta separazione, in qualsiasi momento dei cicli produttivo e distributivo, tra Amflora e le patate non Ogm destinate all’alimentazione. Il senso è, insomma, che non ci troveremo a mangiare Ogm.
Prima di Amflora si contano già alcuni precedenti: in passato era stato autorizzato il mais ‘Mon 810′ (che tra poco necessita di un rinnovo), mentre rimangono ancora da decidere le autorizzazioni per altri tre (il mais BT11 della Syngenta, il 1507 della Pioneer, l’Nk603 della Monsanto).
Anche organizzazioni nazionali, come Confagricoltura in Italia, invitano ad aprire gli occhi nei confronti di quella che secondo loro è un’inutile demonizzazione: “da anni i mangimi degli allevamenti, da cui nascono le nostre migliori produzioni alimentari, contengono vegetali transgenici – dicono in una nota – e finora nessuno se n’è accorto né ha fatto polemica“. Rincarano la dose, aggiungendo come gli “organismi biotech sono componente essenziale della dieta quotidiana in tutti gli allevamenti nazionali, compresi quelli delle filiere simbolo del Made in Italy, dal Parmigiano al prosciutto San Daniele”. Un rovescio della medaglia troppo spesso taciuto, a detta loro, che “potrebbe invece dare una mano decisiva in molti comparti produttivi che risentono oggi della crisi”.
Ma dallo stesso Europarlamento le reazioni al provvedimento sono state gelide. E repentine. I più decisi oppositori all’ingresso della patata Amflora sono i Verdi. Ma anche molti esponenti del Ppe hanno espresso perplessità sulla fine della moratoria. Accusano la Commissione di “cedere alle esigenze delle multinazionali”. Considerando per giunta che alcune ricerche sembrano mettere in allerta sul pericolo prodotto dall’amido di Amflora: alcune ricerche dicono che contiene un gene marker resistente alla kanamicina e alla neomicina, due antibiotici molto rilevanti per la salute umana (ad esempio per la cura della tubercolosi). “Ancora non si conosce se e quanto sia pericolosa – ha osservato il segretario nazionale dei Verdi Cecile Duflot. Ci sono degli studi sui topi, che hanno rilevato conseguenze negative sul fegato, ma questi lavori scientifici vanno comunque approfonditi prima di mettere la patata sul mercato”.
La circospezione è molta. Tanto che in Italia si è alzato subito un muro da parte del governo, assolutamente contrario a qualsiasi forma di compromesso sugli Ogm. “Il rischio di contaminazione con i prodotti che finiscono sulle nostre tavole è troppo alto – afferma il ministro dell’agricoltura Luca Zaia – è inevitabile che l’utilizzo di Ogm intacchi l’intera catena alimentare ripercuotendosi anche sul benessere dell’uomo. Dobbiamo salvaguardare il futuro nostro e quello dei nostri figli”. Conclude dicendo: “non escludo un referendum perché anche la questione dei profitti è molto dubbia: non è vero che i contadini che producono Ogm guadagnino di più. Chiedetelo a un agricoltore Usa che coltiva Ogm, direbbe che fa fatica a sbarcare il lunario.
Letizia Tortello