A guida italiana il progetto EWIT per gestire i rifiuti tecnologici in Africa
È targata Italia la guida del progetto EWIT, e-waste implementation toolkit, un partenariato UE-Africa sulla gestione dei rifiuti Raee derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Nello specifico, a fare da capofila in questa iniziativa sarà ReMedia, il Consorzio Nazionale per la gestione eco-sostenibile di tutti gli scarti tecnologici. Oltre ai Raee, anche Pile e Accumulatori e Impianti Fotovoltaici a fine vita.
Detti anche e-waste, o WEEE, derivante dall’inglese Waste of electric and electronic equipment, contengono materiali tossici come piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente che ne rendono necessario un corretto smaltimento. Una sfida non da poco se si pensa che computer, telefonini e altre apparecchiature elettroniche di largo consumo potrebbero più che raddoppiare nei prossimi quindici anni. Se la produzione e vendita di questi prodotti nel mondo proseguisse ai ritmi attuali, infatti, si passerebbe dalle 6 milioni di tonnellate censite nel 2010 a 15 milioni nel 2025. Buona parte della spazzatura elettronica finisce inopportunamente per essere incenerita, abbandonata o seppellita nelle discariche rappresentando un rischio di inquinamento ambientale. Prioritario è quindi trovare modi per implementare riciclaggio e riutilizzo. Un obiettivo reso, tuttavia, ancor più difficile dal problema dell’esportazione illegale di questa categoria di rifiuti nei Paesi in via di sviluppo. Spesso accompagnato dal traffico illecito di materie prime contenute nei componenti elettronici.
Sul piano normativo, nel 2012 l’UE ha approvato un pacchetto di norme che rafforza obblighi e obiettivi della direttiva WEEE per aumentare i tassi di riciclaggio e riuso.
È tuttavia chiaro che il tema non interessa solo il Vecchio Continente. E non solo per l’arrivo di questi scarti su altri continenti, ma anche perché alcune aree del pianeta stanno sperimentando cambiamenti negli stili di vita e di consumo delle popolazione, con un incremento dell’uso e quindi dello scarto di tecnologia. In Africa, per esempio, secondo le previsioni, entro il 2020 la quantità di rifiuti tecnologici generati raggiungerà 4 milioni di tonnellate all’anno, contro i 2 milioni di tonnellate attuali (2kg/abitante). Di queste, solo 200mila vengono gestite correttamente da un punto di vista ambientale, della salute e del recupero delle materie prime. Inoltre, sul fronte dell’export illegale, secondo recenti studi il 3-5% dei rifiuti tecnologici generati nel continente europeo viene esportato illegalmente in quello africano. Si tratta di 300.000 tonnellate che, se ricondotte all’interno di un sistema di gestione sostenibile sia dal punto di vista ambientale sia sociale, potrebbero generare almeno 1.500 nuove opportunità lavorative.
Del valore di oltre 1,6 milioni di Euro, stanziati nell’ambito del programma di finanziamenti Horizon 2020, il progetto EWIT ha, alla luce di quanto appena descritto, come fine quello di migliorare il trattamento corretto di questi rifiuti almeno del 30%, e di contrastarne l’esportazione illegale, riconvertendo i flussi provenienti dall’Europa in business legali. Attraverso il sostegno delle realtà locali africane sia nello sviluppo di sistemi di gestione dei rifiuti elettronici sia nel definire obiettivi a medio termine legati all’incremento delle opportunità di riciclo e capaci di portare anche benefici economici.
Considerando, infatti, il ritmo di crescita dell’e-waste nel continente africano, l’obiettivo del progetto consentirebbe, in prospettiva, di portare la quantità di rifiuti tecnologici da avviare a un corretto riciclo a un milione di tonnellate, con un potenziale di guadagno di almeno 300 milioni di Euro. Per fare un esempio concreto, la disponibilità di oltre 30.000 tonnellate di Raee all’anno può portare a un recupero di 25.000 tonnellate di materie prime da reinserire nel ciclo produttivo.
Quello realizzato da EWIT è , nella pratica, l’incontro tra diverse realtà urbane. Firenze, Anversa, Oporto e Vienna sono le città europee che porteranno la propria esperienza nella gestione dei rifiuti tecnologici nelle aree metropolitane africane di Choma (Zambia), Abidjan (Costa d’Avorio), Johannesburg (Sud Africa) e Kisii (Kenya). Tuttavia, il progetto coinvolge 24 partner internazionali, appartenenti al mondo della ricerca accademica, delle istituzioni locali e dell’industria e si concluderà a fine gennaio 2017.
L’implementazione comprende diverse fasi, che vanno dalla mappatura dei dati a disposizione e della capacità delle aree africane coinvolte nella gestione dei rifiuti tecnologici, alla raccolta e analisi dei casi di eccellenza, di processi e strumenti in grado di generare valore, fino alla realizzazione del portale informativo a guida e supporto dell’implementazione di un sistema efficace e sostenibile di riciclo. Che dovrebbe raccogliere e dare la possibilità di condividere le best practice per sviluppare sistemi efficaci di gestione e di valorizzazione dei Raee nelle arre africane. Il portale è poi destinato ad evolversi e arricchirsi di contenuti anche dopo la fine del progetto.
Beatrice Credi