“Italiasicura”: formazione e ricerca contro il dissesto idrogeologico
“Se l’Italia si cura, l’Italia è più sicura“, era lo slogan della Struttura di missione di Palazzo Chigi “Italia Sicura” concepita, lo scorso giugno 2014, per combattere il dissesto idrogeologico, sviluppare infrastrutture idriche e risanare l’edilizia scolastica. Una “grande opera pubblica” – che viaggia in Rete con l’hashtag #italiasicura e ha un suo sito web che si articola nelle tre sezioni dedicate a #dissesto, #acquepulite e #scuole - nata per accelerare l’attuazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio, coordinando le azioni di tutte le strutture dello Stato e degli enti operanti nel settore.
È di pochi giorni fa, la notizia che la task force ha elaborato il nuovo testo del disegno di legge (C. 1533 Mariani) “Interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche“. Il testo prevede tre tipi di incentivi: l’istituzione di “premi e borse di studio” per il quinquennio accademico 2015/2016-2019/2020 a favore degli studenti iscritti a Scienze Geologiche, Scienze e Tecnologie Geologiche e Scienze Geofisiche; per una quota pari all’1% del Fondo per la prevenzione del rischio sismico, il finanziamento dell’acquisto da parte delle Università di strumentazioni tecniche necessarie per la ricerca su prevenzione e previsione dei rischi idrogeologici; per il finanziamento dei progetti di ricerca presentati dalle università e finalizzati alla previsione e prevenzione dei rischi geologici, è autorizzata la spesa di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 (sei milioni in tutto).
“Una sfida come quella della sicurezza del territorio è una battaglia di lungo periodo in cui saranno necessari, a fianco delle istituzioni, i più alti e attrezzati contributi della comunità scientifica e dei geologi in primo luogo” – ha commentato il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti – “si punta così ad accrescere le competenze professionali del sistema accademico e scientifico italiano”.
“Per la prima volta sul tema del contrasto al rischio idrogeologico“, ha dichiarato l’A.N.B.I. – l’Associazione nazionale che rappresenta e tutela gli interessi dei Consorzi di bonifica, di irrigazione e di miglioramento fondiario operanti nel nostro Paese – “l’Italia fa un salto di qualità ed investe sulla salvaguardia del territorio e sulla prevenzione, anziché concentrarsi sull’intervento in fase di emergenza”.
Secondo dati del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, il 9,8% del territorio nazionale è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica: si tratta dell’82% dei Comuni, dove si stimano a rischio 6.250 scuole, 550 ospedali, circa 500 mila aziende (agricole comprese), 1,2 milioni di edifici, residenziali e non. Ancora: secondo dati ISPRA – l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - si calcolano 6.154.011 abitanti residenti in aree ad elevata criticità idraulica e circa 22 milioni di abitanti in territori a rischio medio. E l’Italia è anche il Paese europeo più interessato da fenomeni franosi: sono state censite 499.511 frane (pari a circa il 70% delle frane mappate in Europa) e l’ISPRA stima che la popolazione esposta a fenomeni franosi in Italia ammonti a 1.001.174 abitanti.
Si legge nel piano messo a punto da A.N.B.I. “Azioni per #ItaliaSicura” e presentato nella Capitale la scorsa settimana: “In Italia siamo in presenza di un territorio caratterizzato da una fragile struttura geologica e idraulica che, da un lato, è stata scarsamente tutelata e, dall’altro, profondamente vulnerata da una pervicace scelleratezza urbanistica che ha consentito e tollerato il costruire ovunque anche ai margini, se non persino nell’alveo dei fiumi con cementificazioni irresponsabili”.
L’ISPRA in un recente rapporto sull’uso del territorio (fine febbraio 2014), ha di nuovo sottolineato gli effetti nefasti della cementificazione e quindi dell’impermeabilizzazione del suolo che, negli ultimi anni, ha più che raddoppiato la propria incidenza per abitante rispetto agli anni ’50: da 178 a 369 metri quadrati. Risultato: il suolo urbanizzato occupa oggi il 7,3% della superficie nazionale – a confronto del 2,9% di sessant’anni fa – ben oltre la media europea che è del 4,6%.
“Manutenzione ed usi del territorio sono un binomio inscindibile cui è subordinata in gran parte la sicurezza territoriale del Paese” – si legge nel dossier preparato dall’A.N.B.I – “per questo, i lavori in atto in Parlamento per l’approvazione delle norme relative al contenimento del consumo del suolo - Disegno di legge sul ”Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato” (A.C. 2039) – lasciano ben sperare in un nuovo modo di operare sul territorio”.
Fra il 2010 e il 2012 il costo del dissesto idrogeologico, in Italia, è stato stimato in 7,5 miliardi di euro (in media 2,5 miliardi l’anno), mentre nei 65 anni precedenti era stato, in valore attuale, di 54 miliardi di euro: considerando che il Ministero dell’Ambiente calcolava, nel 2008, che per mettere in sicurezza le zone a maggior rischio del territorio italiano sarebbero stati necessari almeno 40 miliardi di euro, si può concludere che con le somme spese in risarcimenti e riparazioni dei danni nelle sole località colpite, si sarebbe potuta realizzare la difesa dell’intero territorio, abbattendo i costi futuri ed evitando tante vittime.
Secondo l’A.N.B.I. sono necessarie “fondamentali azioni di prevenzione e protezione, volte a ridurre l’impatto degli eventi eccezionali attraverso azioni volte a rinforzare i territori franati, a contenere i versamenti franosi, sistemare le pendici, regolare i torrenti ed i piccoli corsi d’acqua, provvedere finalmente a realizzare gli adeguamenti di quelle opere di bonifica idraulica destinate alla difesa del suolo”. Non solo. L’associazione che rappresenta i consorzi di bonifica, ha chiesto al Legislatore “un’importante svolta nella progettazione dell’evoluzione dei territori che garantisca, con precise e puntuali norme, l’invarianza idraulica degli interventi che incidono sulle trasformazioni del territorio”. In caso contrario, spiega, “l’impermeabilizzazione continuerà a ridurre le notevoli capacità di ritenzione idrica del terreno originario con inevitabili gravi danni in occasione delle piogge”.
Secondo Erasmo D’Angelis, a capo della task force Italia Sicura di Palazzo Chigi, le Regioni, con le Autorità di bacino e la protezione civile, avrebbero indicato circa 5.200 opere contro il dissesto idrogeologico per un ammontare di 19 miliardi di euro: di queste però “il 90% non è cantierabile perché manca di studi e progettazione mentre il 10% può andare a gara e si può tradurre in interventi per 1-1,2 miliardi“, cifra che – prosegue D’Angelis – sarà finanziata nel 2015 e che diventa una norma nel collegato ambientale“.
Ilaria Donatio