“L’orma del dinosauro”: cementificazione ed ecomostri nel documentario di Davide Mazzocco
Al fondo di una vasta distesa d’asfalto, che era forse destinata a parcheggio, timide sterpaglie circondano una cabina in cemento; sul muro c’è una scritta, residuo di qualche manifestazione di protesta: “Qui una volta si è dato, per poi abbandonare tutto…”. VENDESI, dice il cartello affisso sul cancello sbarrato: dietro incombe un enorme capannone industriale, vuoto.
Fabbriche dismesse, magazzini costruiti e mai utilizzati, impianti sportivi abbandonati, stadi in rovina, scheletri di edifici congelati da anni. Non sono purtroppo il frutto di una sciagurata stagione di speculazione edilizia: sono la norma. E non occorre fare lunghi viaggi per scovare simili ecomostri e residui industriali, basta uscire dalla porta di casa per una passeggiata.
È quello che ha fatto il giornalista Davide Mazzocco, autore del documentario “L’orma del dinosauro” – che Greenews.info ha potuto vedere in anteprima. Girato quasi interamente a Torino e in alcune altre location piemontesi, racconta i disastri sotto le Alpi, ma quel che si vede è niente più che l’emblema di ciò che, da troppi anni, avviene in tutto il paese.
Acciaio, vetro, cemento; e poi chilometri e chilometri di strade, piste, parcheggi: asfalto che si mangia la terra, rendendola irrimediabilmente sterile, morta. Mazzocco non gira un reportage, piuttosto compone un collage di immagini, nature morte post-moderne che si accumulano silenziose e desolate, abbozzando uno scenario quasi apocalittico. Alle immagini fanno da contrappunto le voci di chi, soprattutto negli ultimi anni, si è battuto attivamente per contrastare l’avanzata dell’orma di cemento: come Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, o Domenico Finiguerra, ex sindaco di Cassinetta di Lugagnano, primo comune italiano a bloccare il consumo di suolo libero e iniziatore del movimento che ha portato al forum nazionale “Salviamo il paesaggio”.
«In Italia la cementificazione sottrae 8 mq di suolo libero e coltivabile al secondo, per un totale di 252 kmq all’anno», spiega Finiguerra. Cementificazione e impermeabilizzazione costituiscono un processo irreversibile, che non solo impoverisce il suolo, ma ne altera per sempre l’equilibrio, diventando una delle cause principali del dissesto idrogeologico. Processo tra l’altro senza nessuna ragion d’essere: «Nel nostro paese – continua l’ex sindaco – ci sono milioni di case vuote e decine di migliaia di capannoni industriali sfitti. Non c’è alcuna necessità di costruire nuovi volumi, dobbiamo piuttosto concentrarci sul recupero dell’esistente. E da questo punto di vista la politica potrebbe fare molto, approvando finalmente una legge che ponga un freno al consumo di suolo». Legge che i nostri governi si rimpallano ormai da anni e che, del resto, è richiesta dai piani europei per il 2050. «Ma a noi converrebbe pensarci prima – avverte Finiguerra – altrimenti rischiamo di arrivare al traguardo del 2050 senza più suolo da proteggere…».
È una questione di regole, certo, ma anche di mentalità e modelli di comportamento. Quelli ad esempio promossi dal Movimento per la Decrescita o incarnati, magari inconsapevolmente, dal pastore che Mazzocco incontra sulle Alpi piemontesi, mentre segue la pista dell’ennesimo ecomostro – l’impianto sciistico Alpe Bianca – rimasto ad arrugginire tra le nostre valli. «Non siamo solamente transiti di cibo, ma abbiamo una dimensione più ampia», commenta Pallante all’inizio del documentario, citando Leonardo Da Vinci. «Ecco – spiega Davide Mazzocco – la ricerca di una dimensione più ampia passa proprio da un concetto di smaterializzazione del benessere: la vera ricchezza non è, come qualcuno si ostina a volerci far credere, nel “mattone”, ma nelle relazioni, nei ricordi e nelle esperienze».
Giorgia Marino