Frutta Urbana: perché lasciarla marcire per strada?
Mandarini decorativi lungo i viali, olivi nelle aiuole, mandorli, e noci, meli e corbezzoli nei parchi. E ancora nespoli, peri, cachi, limoni, ciliegi. Nonostante sia raramente ricordata per i suoi spazi verdi, la capitale è un grande frutteto diffuso. Perché – si è chiesto un gruppo di architette del paesaggio – lasciar marcire tutto? Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Alimentazione, il “Campione d’Italia” di Greenews.info di questa settimana è dedicato al progetto Frutta Urbana, partito a Roma e oggi in via di sviluppo anche a Milano. Nato proprio da questa domanda. “Se non viene raccolta, la frutta cade sulle strade e i marciapiedi, causando problemi di sporcizia e cattivo odore. Inoltre, lasciarla deteriorare è un vero spreco di risorse”, spiega Michela Pasquali, architetto del paesaggio e docente di Garden Design allo IED di Torino e al Master Paesaggi Straordinari del Politecnico di Milano e Naba. Con l’associazione Linaria, da lei fondata nel 2011, all’inizio dell’anno ha lanciato il progetto. “La frutta viene raccolta dai volontari dell’associazione benefica RomAltruista e poi distribuita gratuitamente a mense sociali e banchi alimentari. L’altro giorno, per esempio, abbiamo recuperato dagli alberi romani 80 chili di cachi e alcune cassette di mele, e li abbiamo subito portati alle mense con cui collaboriamo”.
L’attività di raccolta è stata preceduta, nei primi mesi dell’anno, da un lavoro di monitoraggio, che ha prodotto una mappa in cui le decine di alberi presenti in città sono collocati con precisione e corredati da immagini e descrizioni. “Il Comune di Roma si è da subito interessato al progetto e quello di Milano ci ha cercato, chiedendoci di farlo partire anche lì. In questo momento stiamo conducendo il monitoraggio, per capire quanti alberi sono presenti. Inoltre, in questo periodo in entrambe le città si sta lavorando al nuovo regolamento del verde e si sta pensando di inserire nel testo anche la possibilità di raccogliere la frutta dagli alberi che si trovano sul suolo pubblico”.
Ma mangiare frutta cresciuta in città, anche se non trattata, è davvero sicuro? “Secondo diversi studi internazionali, in ambienti urbani l’aria inquinata non ha un impatto particolare sui frutti, in cui le concentrazioni di metalli pesanti sono molto basse anche se gli alberi crescono su suoli inquinati”. Molte coltivazioni, del resto, anche in Italia si trovano lungo le autostrade e l’uso di pesticidi comporta spesso la presenza di sostanze dannose per la salute. “Prima di partire con la raccolta, abbiamo comunque fatto analizzare alcuni frutti, e i risultati sono stati molto buoni”, continua Michela Pasquali. Secondo i risultati delle analisi chimiche, pubblicati sul sito, in una prugna fatta analizzare per esempio erano presenti 0,016 mg per kg di piombo e meno di 0,001 mg per kg di cadmio (i limiti massimi europei sono rispettivamente 0,10 e 0,05 mg/kg). “Le polveri sottili, grazie alla buccia, non penetrano dentro la frutta. Prima di mangiarla, basta lavarla bene o sbucciarla”.
Se in Italia quello di Frutta Urbana è un progetto giovanissimo, all’estero, nei Paesi di cultura anglosassone queste pratiche di raccolta in città si sono affermate già da anni. L’obiettivo primario è raccogliere una risorsa che altrimenti andrebbe sprecata, ma il team di Linaria si attende molti altri benefici: “Documentare una parte del patrimonio botanico della città, preservare gli alberi e la biodiversità”, ma anche “creare comunità, rinforzando le connessioni tra le persone e organizzando interventi ed eventi collettivi sulla cura, la raccolta e la conservazione della frutta”. In futuro, infatti, spiega Michela Pasquali, “vorremmo anche occuparci noi degli alberi da frutto, seguendo metodi biologici: per questo puntiamo a organizzare corsi di potatura e cura delle piante”. Un primo passo anche per creare in futuro occupazione.E poi ci sono le ricadute culturali, da non sottovalutare: il progetto permette infatti di “reintrodurre i valori di cui i frutteti sono portatori: saperi agronomici, botanici, gastronomici, di educazione alimentare e di condivisione”.
L’associazione sta lavorando con i Comuni di Torino, Firenze e Roma per trovare finanziamenti e pensa già ai prossimi progetti: “Abbiamo iniziato a realizzare un’App che permetterà a chiunque, dal proprio smartphone, di mappare gli alberi da frutto in tutta Italia e anche nel resto del mondo”. E nel futuro potrebbero anche nascere collaborazioni con i Gruppi d’acquisto solidali e ristoratori.
Veronica Ulivieri