Gianmaria Testa e la sindrome della chiave del cesso. “Ora basta!”
La voce calda del Piemonte. Gianmaria Testa, noto cantautore italiano (forse più noto in Francia), ha firmato diversi album dal 1995 a oggi, in collaborazione con alcuni dei musicisti più interessanti del panorama musicale europeo, oltre a scrivere opere pensate per il teatro. Recentemente ha anche realizzato una produzione per bambini: la canzone-favola Ninna Nanna dei sogni, del 2012, illustrata da Altan, e tradotta anche in francese. Del 2013 è poi la favola musicale 20 Mila leghe (in fondo al mare), illustrata da Marco Lorenzetti: una ballata dal testo allegorico sui temi della solidarietà e dell’unità contro ogni divisione. Biancaluna è il terzo lavoro editoriale tratto dall’omonima canzone, ancora dedicato ai bambini e nuovamente illustrato dalla mano di Altan. Greenews.info lo ha incontrato a Torino, in occasione della presentazione dei suoi audiolibri al polo culturale Lombroso 16.
D) Testa, cosa significa per lei il legame con il territorio?
R) Sapere dove stanno le radici. Avendo fatto fino a 20 anni il contadino con i miei genitori, penso che per chiunque metta le mani nella terra, poi le radici rimangano in quella terra… Mi stupisce molto che oggi si utilizzi il concetto della provenienza per creare divisioni. Io credo che chiunque abbia un legame profondo con un territorio non debba temere che la sua appartenenza venga inquinata dalle radici di qualcun altro.
D) Cosa le ha lasciato l’esperienza di contadino?
R) Quello che ho imparato del vivere l’ho imparato in quel periodo, in un cortile. Con la possibilità di vedere anche le cose più dure della vita, come la morte. Mi ha lasciato un rapporto con gli animali molto primigenio. È allora che ho imparato il vero valore di una stretta di mano. Mi ha lasciato una quantità di paesaggi e odori che sono le mie madeleine. Non c’è profumo più buono di quello dell’erba appena tagliata da un giorno, quando non è ancora fieno: ovunque lo senta mi riporta a casa.
D) Gli elementi naturali ricorrono spesso nei suoi lavori, l’ambiente è il filtro attraverso cui osserva la vita?
R) Sì, penso che nulla superi la meraviglia della natura. È molto difficile descrivere a parole la bellezza di una margherita, da lì nasce l’incanto ed è intorno a questo incanto che girano anche le vicende umane. Il punto di partenza è l’ineffabilità della natura.
D) Che rapporto ha con il mare?
R) Da orfano. Nel basso Piemonte, dove sono nato, ci sono i giorni di marin, quel vento ligure che porta il profumo del mare. Lo riconosci come un vento di un’altra terra. Sebbene sia nato e cresciuto circondato dalle montagne, mi sento legato al Mediterraneo in particolare. Perché penso che, nonostante ora viva questa tragica situazione di essere tomba di molti immigrati, il Mediterraneo sia la culla della civiltà Occidentale. È un mare diverso dagli altri, per questo il mio desiderio è di finire i miei giorni lì.
D) Qual è secondo lei il problema ambientale più urgente?
R) Sto provando a comporre delle canzoni intorno alla parola terra. Mi rendo conto che è molto difficile scrivere di una parola così usata e presente. Ma ho capito che non si deve cominciare dalla terra, bensì dagli uomini. Siamo arrivati al punto che, per interesse, siamo disposti all’autodistruzione. Stiamo vivendo paradossi giganteschi che in nessuna epoca si sono vissuti. Per questo auspico una sorta di neo umanesimo che ci permetta di uscire da questa epoca medioevale: abbiamo le guerre di religione in corso, abbiamo di nuovo i vassalli, valvassori e i servi della gleba. Ci illudiamo con questa finta libertà dei social network, dove in realtà la grande vittima è la verità. Siamo noi che facciamo i danni, dobbiamo partire da noi stessi.
D) Che fiducia ha nelle nuove generazioni dal punto di vista ambientale?
R) Nelle nuove generazioni ho fiducia massima, come tutti i genitori del resto, che sono obbligati a essere ottimisti nel futuro. Da adolescente immaginavo il mio futuro meglio del mio presente di allora: non è successo, ma il poterlo immaginare permetteva di avere un buon presente, di sentirsi parte di un qualcosa in miglioramento. I giovani di oggi no, sono preoccupatissimi del loro futuro. Questa è la più grave colpa della mia generazione.
D) Come cantautore pensa di poter contribuire alla costruzione di una coscienza ambientale?
R) Le canzoni non fanno le rivoluzioni. Credo che chiunque abbia acquisito qualche diritto di audience debba avere con questo diritto un rapporto doppiamente etico, facendo bene quello che sa fare, senza cadere in quella che il mio amico Gianbeppe Colombano chiama “la sindrome della chiave del cesso” che affligge tutto il mondo occidentale. Mi spiego: immagina un condominio con un solo bagno e la chiave è affidata a una sola persona, che può approfittare di questa condizione privilegiata. Ormai applichiamo questa logica a tutto. La normalità sarebbe la condivisione, non lo sfruttamento.
D) Quali sono le piccole azioni quotidiane che compie per rispettare l’ambiente?
R) Spegnere le luci dietro chi le lascia accese in casa. Chiudere l’acqua. Ad Alba abbiamo una raccolta differenziata molto precisa che seguiamo scrupolosamente. La quantità di sprechi rimane comunque enorme, viviamo al di sopra delle nostre possibilità, son ben cosciente di non fare abbastanza. Il mio sogno sarebbe vivere nel Mediterraneo e con una casa a emissioni zero.
D) Cosa ne pensa del cosiddetto downshifting?
R) Quando ero con i miei, anche se in povertà, i pasti non mancavano mai. Mia madre preparava una minestra con acqua, sale e pane raffermo per recuperare il pane rimasto lì, perché secondo lei non c’è nulla di più anticristiano che buttare via anche solo una briciola di pane. È questa la mentalità da recuperare, non si deve sprecare nulla.
D) Lei riflette spesso sull’importanza della fantasia. Quanto bisogno c’è di fantasia nell’ambiente?
R) Direi piuttosto di creatività… C’è bisogno di creatività ma anche di tanta unione fra le persone comuni, che dicano “ora basta!”.
Daniela Falchero