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Eco-Sistemi: il depuratore low cost che riusa i tappi di plastica

settembre 3, 2014 Campioni d'Italia, Rubriche

Fino al 7 novembre è aperta la consultazione on line della Commissione europea sulle possibili misure per incoraggiare il riutilizzo di acque reflue trattate, via prioritaria per combattere le situazioni di siccità e carenza delle risorse idriche. Ma per raggiungere questo obiettivo, il primo nodo da sciogliere è quello della depurazione. “La direttiva quadro sull’acqua è in scadenza, ma i target di qualità sono stati raggiunti solo nelle grandi città, mentre nelle zone rurali si continua a non depurare. Nella prossima direttiva, la Commissione punterà a migliorare la qualità dei reflui anche in questi territori, e noi a quel punto saremo lì con la nostra tecnologia, già pronti per le sfide del futuro”. Dario Savini, biologo ed ex ricercatore dell’Università di Pavia, è l’amministratore delegato di Eco-Sistemi, start up che ha inventato un’innovativa macchina per la depurazione, efficace, ecologica e low cost.

RCBR, acronimo di Rotating Cell Biofilm Reactor, si basa infatti sulla tecnologia della “biomassa adesa” (batteri attaccati cioè a superfici in plastica), ma piuttosto che speciali dischi costosissimi, utilizza come sostrato per i batteri banali tappi in plastica di seconda mano. “Alcune grandi aziende hanno brevettato plastiche ingegnerizzate, vendute a prezzi molto alti, circa 5.000 euro a tonnellata. Ma visto che il materiale dei tappi è addirittura migliore, ci siamo chiesti perché i batteri non avrebbero dovuto aderirci”. E infatti, facendo dei test, il risultato è stato positivo: i tappi funzionano perfettamente allo scopo, costano 1 milione di volte meno e vengono acquistati dalle tante Ong che li raccolgono sul territorio piuttosto che da grandi multinazionali, abbinando al business aziendale anche un aspetto di responsabilità d’impresa. “Spesso non serve l’hi-tech per fare innovazione verde ma analizzare in maniera integrata il problema e valutare tecnologie esistenti e il loro LCA. Un tocco di ingegneria e il gioco è fatto”, sintetizza Savini, in questi giorni a Stoccolma per presentare la sua tecnologia alla prestigiosa World Water Week.

L’azienda ha progettato un cestello rotante in grado di contenere un elevato numero di tappi che, grazie al sistema innovativo di movimentazione, entrano alternativamente in contatto con l’aria atmosferica e con il refluo da trattare. “I tappi, a contatto con il refluo, sviluppano rapidamente una colonia batterica, in forma di film, che consente in primo luogo di degradare la sostanza organica e in secondo luogo di trasformare l’azoto ammoniacale contenuto in molti reflui in nitrati”. Con questo sistema, RCBR può depurare tutti i liquidi biodegradabili: i reflui urbani e quelli dell’industria alimentare. La gamma comprende otto misure diverse, in base alla quantità di acqua da depurare, ma le macchine sono modulari e possono essere integrate l’una con l’altra. La tecnologia è coperta da due brevetti, uno sulla macchina di depurazione e l’altro sull’utilizzo alternativo dei tappi.

Rispetto a un sistema tradizionali, ci sono diversi vantaggi economici: “In confronto a una tecnologia a fanghi attivi tradizionale, la nostra costa il 50% in meno in fase di costruzione e permette poi di risparmiare il 70-80% per la manutenzione, visto che quella necessaria è molto limitata. Inoltre, c’è un enorme risparmio per l’energia elettrica, visto che RCBR consuma il 90% in meno, ossia 1,2-1,4 kw all’ora”.  Non richiedendo opere in muratura, la macchina può essere smontata e spostata, oppure facilmente potenziata.

Nata nel 2012 come spin off dell’Università di Pavia, l’azienda ha cominciato dopo poco a camminare con le proprie gambe. “Dopo aver vinto la Start Cup a Milano, a gennaio 2013 abbiamo fondato l’azienda. Oggi siamo incubati nell’hub della green economy Progetto Manifattura, a Rovereto: ci siamo trasferiti qui dopo che l’incubatore ci ha contattato per invitarci. Oggi riceviamo un grosso supporto sia da Progetto Manifattura, sia dall’Agenzia provinciale Trentino Sviluppo”.

Un primo prototipo è in funzione nell’impianto di depurazione di Rovereto. Presso il Birrificio Hordeum di Novara sono state installate da qualche mese due macchine per la depurazione delle acque di scarto. “La macchina è assemblata da aziende metalmeccaniche italiane. Stiamo ricevendo molte richieste sia dall’Italia, sia dalla Germania. Stiamo lavorando adesso a una tecnologia in grado di depurare i reflui provenienti dalle centrali a biomasse. Si tratta di scarti liquidi biodegradabili, ma privi di carbonio: elemento che rende tutto un po’ più complesso. Ma insieme alle università di Vilnius e di Pavia stiamo pensando di avviare una ricerca per capire come rendere efficienti i batteri con reflui di questo tipo”.

Oggi nell’azienda lavorano i quattro soci (oltre a Dario Savini, il chimico Sergio Modenese, l’impiantista Aniello Esposito e la biologa Anna Occhipinti) e due giovani ingegneri chimici, Antonino Esposito e Alice Durazzi. Se la depurazione è il business principale di Eco-Sistemi,Eco-Sistemi è attiva anche nel settore delle piscine naturali, in cui l’azione antibatterica del cloro è sostituita dalla fitodepurazione. “Oggi le piscine naturali vengono progettate dagli architetti per un fine prima di tutto estetico. Noi abbiamo messo a punto un processo e un modello alla portata di tutti e con un alto livello di efficienza. Siamo partiti dall’aspetto biologico, creando un ecosistema di animali e piante in grado di garantire la salubrità dell’acqua. Il primo prototipo l’ho costruito a casa mia: dopo alcuni mesi, l’acqua del mio lago naturale conteneva meno nitrati di quella in bottiglia”.

Veronica Ulivieri

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