Parco del Pollino: turismo o energia? La centrale della discordia
Eravamo in India quando ne abbiamo sentito parlare per la prima volta. Un amico si è preso una pausa di qualche mese e si è ritirato a Gokarna a gestire una guest house. Ma ci raccontava della sua terra di origine e della lotta che stanno portando avanti i suoi compaesani.
Noi invece ci siamo arrivate dalla Basilicata al Parco Nazionale del Pollino, area protetta istituita nel 1993, che copre un’area di quasi 200mila ettari, 56 comuni (24 per la Basilicata e 32 per la Calabria) e 9 Comunità Montane a cavallo tra le due regioni. È l’area protetta più grande d’Italia e prende il nome dal gruppo montuoso del Pollino, il più elevato dell’Appennino Meridionale.
“Prendete questa – ci hanno detto al noleggio auto di Maratea consegnandoci le chiavi di una minuscola auto a due posti con cambio automatico – così potete fare tutti gli sterrati e scoprire a fondo quella terra meravigliosa”. Effettivamente il parco è incredibile, ancora selvaggio, colorato di montagna, profumato di verde, e capace di riportarti alla natura autentica. Paesaggi sconfinati che si alternano a distese pietrose e vette rigide, poi fiumi, campi agricoli e paesini di pietra arroccati sui monti, dove la vita, dalle cinque di pomeriggio in poi, ruota tutta attorno alla piazza centrale.
Qui c’è chi ci arriva per fare trekking o escursionismo, rafting e torrentismo estremo, e chi si lascia beatamente perdere tra le strade più o meno segnalate che percorrono il parco di confine. Poco abitato, poco affollato, poco costruito: poi scendi a Laino Borgo (CS) e sgrani gli occhi.
Laino Borgo si adagia nella Valle del Mercure, ma, più che per la sua fama internazionale – che richiama ogni anno circa 20 mila turisti appassionati di rafting – il comune è passato alla cronaca perché ospita una vecchia centrale, costruita negli anni ’60, alimentata inizialmente a lignite e poi a olio combustibile, completamente dismessa dal 1997 e appena riconvertita da un progetto targato Enel in un enorme inceneritore di biomasse da legno vergine.
La struttura, di cui il progetto prevede la riapertura per due unità e l’abbattimento della terza, è piuttosto invasiva e aggressiva, soprattutto se si pensa che il Parco Nazionale del Pollino è Zona di Protezione Speciale (ZPS) dell’Unione Europea e che solo lo scorso giugno ha aderito alla Carta Europea del Turismo Sostenibile, un documento preparato dall’ente Parco in collaborazione con Federparchi e Ambiente Italia, per “implementare secondo canoni ben precisi e soprattutto sostenibili, l’offerta turistica del territorio”!
Ma non è “solo” paesaggistica la critica che ha smosso le popolazioni locali – in particolare dei comuni di Viggianello e Rotonda (PZ), più vicini al sito e già danneggiati in passato dalle emissioni – a ribellarsi e opporsi al progetto Enel. Il Forum Stefano Gioia delle associazioni e comitati calabresi, lucani e nazionali per la tutela della legalità e del territorio ribadisce da anni l’insostenibilità del progetto di riconversione a biomasse, di una potenza prevista di 41 Mw elettrici, “che ne farebbe uno degli impianti del genere più grandi d’Europa e per la cui alimentazione l’Enel stessa stima necessarie (e secondo il Forum si tratta di valori sottostimati, NdR) almeno 340 mila tonnellate/anno di biomasse, al cui trasporto dovrebbero provvedere mezzi pesanti in numero di 112 al giorno”, a intasare una strada già al momento poco adeguata e scorrevole.
La preoccupazione è principalmente per la salute pubblica, ma si scende in strada a manifestare anche in difesa dell’economia e dell’occupazione del territorio, visto che la riapertura della centrale penalizzerebbe di certo il turismo e l’agricoltura, “vocazioni territoriali unanimamente riconosciute”, senza prevedere altro sviluppo, se non nell’indotto, visto che non sono previste nuove assunzioni, ma solo trasferimenti da altri siti di produzione.
Eppure i sindacati CGIL, CISL e UIL – a differenza dei sindacati di base, solidali ai comitati cittadini- hanno sottoscritto il 14 gennaio 2014 l’accordo di compensazione economica e ambientale, insieme alla Regione Calabria, alla Regione Basilicata, all’Ente Parco del Pollino e a 30 comuni (su 40) vicini alla centrale.
L’accordo, appoggiato fortemente dal omitato pro-centrale, prevede la riduzione delle emissioni dalla centrale del 20% rispetto ai limiti delle autorizzazioni, in modo da portarle a livello di quelle di un impianto di potenza inferiore, e sarà realizzato un osservatorio ambientale. Sono previste iniziative a favore dei Comuni, con un impegno complessivo di Enel pari a 1,1 milioni di euro per otto anni. Sempre per otto anni, Enel darà 500 mila euro al Parco del Pollino “per progetti specifici volti a favorire lo sviluppo agricolo e turistico dell’area”, con il coinvolgimento delle imprese locali. Infine, un contributo una tantum di 750 mila euro alle Regioni Basilicata e Calabria per rafforzare l’impiego dei lavoratori forestali (i famosi forestali della Calabria…) nella manutenzione e sviluppo boschivo.
Ma “i soldi che Enel darà al Parco e ai Comuni non potranno mai compensare i danni che la centrale arrecherà alla nostra valle”, commenta alla stampa Vincenzo Corraro, sindaco di Viggianello, uno dei cinque comuni contrari all’accordo, secondo il quale “l’impianto dell’Enel è obsoleto, non impiega le migliori tecnologie, non crea occupazione perché la biomassa arriverà dalla Calabria e soprattutto inquina”.
Secondo il Forum Stefano Gioia sono diversi i “problemi strutturali, cioè non eliminabili, relativi ai rischi per la salute delle popolazioni residenti”. Innanzitutto le condizioni microclimatiche della valle del Mercure comportano uno scarso e rallentato ricambio d’aria che determina quindi una prolungata persistenza degli inquinanti immessi in ambiente dalla combustione di biomassa. Un secondo punto riguarda l’afflusso di mezzi pesanti che creerà grandi disagi sia sulla viabilità che per l’inquinamento di scarico, e poi c’è da risolvere lo smaltimento dell’enorme quantità di rifiuti speciali, le ceneri derivate dalla combustione (3.750 tonnellate/anno, secondo Enel), la cui destinazione nel progetto non era specificata. Grandi perplessità anche sulla bonifica dell’amianto nelle due unità della centrale da riattivare, imposta all’azienda dagli organismi sanitari di controllo, e di rifiuti interrati, sostanze tossiche e cancerogene rinvenuti durante alcuni accertamenti giudiziari nel 2005.
Evidenti e gravi rischi per la salute che non sembrano essere affrontati nel progetto Enel, “in cui – si legge in un comunicato stampa del Forum- la valutazione di tali aspetti è gravemente lacunosa o del tutto assente. Già nello Studio di Impatto Ambientale (SIA), presentato dall’Enel, gli aspetti sanitari erano confinati in un paragrafo di appena 10 righe”.
Una carenza ribadita anche a livello internazionale, tanto da spingere l’ISDE (International Society of Doctors for Environment), associazione riconosciuta dal’ONU e dall’OMS, a dichiarare che “nell’iter amministrativo e autorizzativo non ci sia stata, a tutt’oggi, una adeguata valutazione di impatto sanitario centrale, in accordo con metodi e tecniche ormai consolidate a livello internazionale, comunitario europeo e in progressivo sviluppo anche in Italia”. Da qui la richiesta formulata dal presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia per la costituzione di una commissione per la Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) in grado di stimare e valutare gli effetti attesi sulla salute delle popolazioni residenti e sul tessuto socio economico del territorio.
A tutto questo si aggiungono ombre più “politiche” e dinamiche meno evidenti, sul coinvolgimento di “equivoci personaggi legati all’approvvigionamento ed al trasporto delle biomasse, provenienti da altre aree della Calabria, terra dove deforestazione selvaggia, traffico di legname dissesto idrogeologico e criminalità organizzata rappresentano una realtà concreta”, come denunciato dal Forum e da alcuni esponenti politici e amministrativi locali.
“Un lungo travaglio autorizzativo iniziato nel 2000”, si legge sul sito dell’Enel, visto che il progetto è già stato bocciato, su sollecito delle argomentazioni di comuni e associazioni, con la sentenza del Consiglio di Stato n. 4400/2012 nell’agosto 2012 e successivamente dal TAR di Catanzaro il 18 dicembre 2013. Un travaglio non ancora concluso, visto che l’Enel ha richiesto la sospensiva al Consiglio di Stato che si pronuncerà sulla legittimità o meno dell’autorizzazione rilasciata per la riapertura della centrale il prossimo 14 ottobre.
Alfonsa Sabatino