Dieci associazioni unite per far luce sulle “navi dei veleni”
A distanza di mesi, la controversa vicenda della nave dei veleni torna a far parlare di sé.
Nella giornata di ieri, Agci-Agrital, Cittadinanza Attiva, Comitato Civico Natale De Grazia Amantea, Greenpeace, Lega Pesca, Slow Food italia, Società chimica italiana, Wwf e Adesso ammazzateci tutti-movimento antimafie hanno infatti presentato l’“Osservatorio per un Mediterraneo libero da veleni”: una sorta di cartello per sollecitare governo, magistratura e parlamento a fare luce sulla rete di trafficanti delle “navi a perdere”.
“Il nuovo cartello – hanno spiegato gli organizzatori – rappresenta una convergenza tra ragioni ambientali, socio-sanitarie e economiche, coinvolte nel pericolo rappresentato dal possibile inquinamento di catene alimentari”. Mentre il Wwf aggiunge in una nota: “A circa quindici anni da quando sono emerse le prime evidenze sulle navi a perdere e dopo ventidue anni dall’emergenza internazionale delle navi dei veleni, L’Osservatorio chiede che il nostro Paese finalmente interrompa questi traffici criminali, esercitando pienamente la propria sovranità sulle sue acque territoriali.“
L’Osservatorio seguirà otto filoni di attività. Innanzi tutto, si cercherà di creare un rapporto organico tra i tre organismi parlamentari interessati con potere di indagine (Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie) e di stabilire un coordinamento tra le Procure coinvolte nelle indagini. Verrà poi convocato da parte del Ministero dell’Interno un tavolo con le forze dell’ordine che indagano sulle ‘navi dei veleni’, istituita una struttura ad hoc al ministero dell’Ambiente per una mappatura del fenomeno e richiesto il contributo del ministero della Salute per la raccolta delle segnalazioni dalle Asl. Infine, saranno predisposte azioni di bonifica dei relitti, lo stanziamento di fondi per le indagini e l’accertamento delle responsabilità penali, non solo per i comandanti ma anche per gli armatori e i proprietari delle navi
Al di là degli aspetti procedurali, dalle dieci associazioni arriva anche una perplessità non da poco: gli organizzatori infatti avanzano “forti dubbi sulla possibilità che il relitto a largo di Cetraro sia effettivamente il ‘Catania‘, come sostiene il ministero dell’Ambiente”. I dati forniti dopo le ricerche effettate dalla nave ‘Mare Oceano’ per conto del ministero, infatti, non fornirebbero elementi sufficienti per chiudere la questione.
In primo luogo, secondo Alessandro Giannì, direttore delle campagna di Greenpeace, “la qualità delle immagini fornite dal ministero è molto scarsa, mentre risultano più chiare le immagini divulgate sul primo rilevamento. Perché sono state affidate a questa nave le ricerche se non si potevano ottenere dati decenti?”. La nave ‘Catania’, poi, secondo il ministero sarebbe affondata nel 1917, “quando le paratie delle navi erano tenute insieme da bulloni – prosegue Giannì – mentre dalle immagini si vedono paratie lisce, saldate, pratica introdotta negli anni Trenta”. Dalle immagini si “vedono chiaramente dei fusti metallici, non in uso nel 1917″, mentre “il responsabile dell’inchiesta, il viceprocuratore della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, in una conferenza stampa ha dichiarato che le stive erano vuote, diversamente da quanto affermato dal pilota del ROV della ‘Copernaut Franca’ nel primo rilevamento che ha parlato di due stive piene”.
Infine, non è chiara la localizzazione della nave. “Perché é stata usata dalla Geolab, incaricata della ricerca dal ministero, una vecchia mappa dell’esercito tedesco? - si domanda Giannì – E poi, secondo una nota dell’Ufficio idrografico del Regno Unito, il ‘Catania’ starebbe a 3,5 miglia di distanza dal relitto individuato dalla Regione Calabria, al punto che supponiamo si tratti di due navi diverse“.
La questione, quindi, resta ancora una volta aperta.
Giulia Novajra