Green Retail Forum: le aziende della GDO alla scoperta del “marketing consapevole”
Secondo una ricerca di B2Axioma e Web@Research, l’80% delle aziende della distribuzione si sta ancora interrogando sugli effetti positivi che potrebbero avere gli investimenti in sostenibilità, mentre solo il 15-20% ha già preso una decisione, consapevole della loro importanza. Tutte, però, sanno che il tema è centrale e non può essere rimandato a futura discussione. Di come la grande distribuzione si sta muovendo per affrontare questa sfida e, possibilmente, vincerla, si è parlato a Milano a fine giugno durante la quarta edizione del Green Retail Forum. “Il tema chiave, oggi, è la contraddizione tra l’aspettativa del mondo capitalistico di una crescita lineare e la conclamata impossibilità che questo si possa verificare in un sistema chiuso com’è il nostro Pianeta, finito e con risorse limitate. La crescita non può più essere solo quantitativa, ma deve diventare anche qualitativa”, spiega Domenico Canzoniero, esperto di marketing e organizzatore della manifestazione insieme alla Fondazione PLEF (Planet Life Economy Foundation).
D) In che modo le aziende della distribuzione stanno affrontando il tema della sostenibilità?
R) Attraverso il sistema delle 3V – Verde, + Verde e Verdissimo – cataloghiamo le diverse iniziative messe in atto dalle aziende, analizzando gli obiettivi che si sono poste e attraverso i quali misurano il loro cammino di sostenibilità. Nella prima categoria, Verde, si colloca il 70-80% delle imprese della distribuzione: sono insegne che hanno avviato un percorso di sostenibilità in termini di riciclo, risparmio energetico, riduzione dell’impronta ecologica, secondo l’equazione “meno consumi = più profitti”. Walmart, per esempio, grazie al piano di sostenibilità introdotto nel 2006 dichiara di risparmiare ogni anno 500 miliardi di dollari. Qui dunque la sostenibilità si misura attraverso una voce di bilancio.
D) E nelle altre due categorie?
R) Le aziende che seguono l’approccio “+ Verde” aggiungono all’obiettivo di bilancio anche un principio di condivisione della responsabilità. Parliamo soprattutto di attori nati con un livello di business già improntato alla sostenibilità, come EcorNaturaSì o Altromercato. Rientrano in questo obiettivo le azioni di fairtrade, l’attenzione al packaging e alla logistica. In Verdissimo si collocano invece le esperienze di disruptive innovation: sono aziende che cercano alternative alla vendita come accesso ai beni di consumo, sperimentando forme di sharing economy, monete alternative, autoproduzione, scambio. Pensiamo ai makers, o alle cooperative per la produzione di energia rinnovabile. La linea, comunque, non è mai tracciata una volta per tutte, e anche negli attori che si fermano a Verde si osservano punte di + Verde o Verdissimo, relative a un singolo progetto a un solo punto vendita.
D) La quarta edizione di Green Retail ha ospitato anche un’area Expo, con diverse innovazioni per la distribuzione. Qualche esempio?
R) Sixth Continent, per esempio, un’App che dà un vantaggio ai consumatori che scelgono indicazioni d’acquisto etiche e permette di generare un reddito di cittadinanza. Oppure le aziende del progetto SORT, per lo spacchettamento di prodotti scaduti e il recupero di materiale organico, da destinare al compostaggio. E ancora Eurodisplay, che realizza display sostenibili per la comunicazione nei punti vendita.
D) Come sta mutando, in questa cornice, il concetto di marketing?
R) Io parlo di “marketing consapevole”, concetto che prende le mosse dal consciousness capitalism della fondazione PLEF: si tratta cioè della rilettura delle regole dell’economia capitalistica sulla base di una visione sistemica, tenendo in considerazione la totalità degli settori e degli attori coinvolti. Il tema chiave, oggi, è la contraddizione tra l’aspettativa del mondo capitalismo di una crescita lineare e la conclamata impossibilità che questo si possa verificare in un sistema chiuso com’è il nostro Pianeta, finito e con risorse limitate. La crescita non può più essere solo quantitativa, ma deve diventare anche qualitativa. Non si tratta di decrescita, ma di creare ricchezza intesa anche come valore immateriale. Il marketing consapevole punta molto sullo storytelling, sul racconto del prodotto e della filiera, che va resa trasparente. Oggi il consumatore è molto attento, ma l’offerta non è ancora adeguata alla domanda.
D) E le aziende della distribuzione sono pronte?
R) Secondo una ricerca di B2Axioma e Web@Research presentata al Green Retail Forum, solo il 15-20% lo è, il resto sono dubbiose, continuano a chiedersi se la sostenibilità crei o meno valore. A questa domanda, il marketing consapevole risponde investire in sostenibilità vale assolutamente la pena. E la sincerità e la trasparenza pagano sempre, anche quando si svelano aspetti poco simpatici della filiera, soprattutto se si dice che cosa si vuole fare per risolvere le criticità. Un grande marchio della grande distribuzione, per esempio, finora non aveva mai detto ai consumatori quanto la GDO sia energivora. Da qui in avanti, invece, lo spiegherà, raccontando però anche che cosa l’azienda intende fare per aumentare l’efficienza e usare energia rinnovabile.
Veronica Ulivieri