Pacchetto clima ed energia UE: l’incapacità di conciliare green economy e competitività
Avevamo già preannunciato che l’approvazione da parte della Commissione Europea, del nuovo Pacchetto Clima ed Energia sarebbe stata una battaglia all’ultimo sangue. O meglio, all’ultima percentuale. E così è stato. La strada che ha portato al taglio del 40% delle emissioni di CO2 è stata lunga e tortuosa.
I Commissari UE hanno, infatti, dovuto far quadrare il cerchio attorno ai target climatici, energetici, ambientali e industriali che l’Unione Europea dovrà raggiungere nei prossimi anni, fino al 2030.
La complessità delle decisioni ha riguardato, principalmente, i tanti attori ed interessi in gioco e l’incapacità di conciliare le diverse prospettive. Se da un lato c’è infatti la volontà di tutelare la competitività dell’industria e la sostenibilità dei prezzi per i consumatori – già messe a dura prova dalla crisi – dall’altro è ormai evidente l’importanza di investire in tecnologie sempre più verdi. La riduzione delle emissioni – che molti ritengono anche una ricetta per il rilancio di un’economia europea innovativa e di qualità – non è stato osteggiato in linea di principio, ma si è temuto il cosiddetto “carbon leakage” a favore degli impianti industriali ad alto impatto ambientale dei paesi emergenti come la Cina, e la chiusura ulteriore di quelli europei per deficit di competitività. Le parole del Vicepresidente della Commissione Antonio Tajani alla vigilia dell’incontro decisivo sono state chiare: “Non si esce dalla crisi senza economia reale, ecco perché bisogna fare scelte equilibrate”; per questo, ha sottolineato Tajani, “L’Europa deve continuare ad essere all’avanguardia nel mondo nella lotta al cambiamento climatico, ma deve fissare per le proprie imprese obiettivi raggiungibili che non le costringano ad andare a produrre altrove”.
Tra l’incudine ed il martello (per l’incapacità di una visione che esca da questa contrapposizione) l’Esecutivo di Bruxelles ha infine approvato target vincolanti di riduzione del 40% dei gas a effetto serra (GHG) e l’impiego del 27% di fonti rinnovabili a livello UE per il 2030, senza più considerare gli obiettivi di efficienza energetica! Per quanto riguarda la prima misura, la riduzione annua del massimale delle emissioni dei settori compresi nel sistema ETS dell’UE aumenterebbe passando dall’attuale 1,74% al 2,2% dopo il 2020. Le emissioni dei settori che non rientrano nel sistema ETS dovranno ridursi del 30% al di sotto del livello 2005.
Una riduzione di CO2 maggiore di quanto chiedevano alcuni Paesi Membri, ma inferiore alle richieste di Greenpeace e di altri gruppi ambientalisti, secondo cui la misura non basterà a evitare l’aumento della temperatura terrestre oltre la soglia dei due gradi centigradi, come previsto dagli obiettivi della conferenza di Parigi prevista per la fine del 2015.
Anche per quanto riguarda l’energia prodotta da fonti rinnovabili, l’obbligo del 27% sarà vincolante solo per l’UE nel suo insieme e non per i singoli Paesi. L’obiettivo non verrebbe quindi tradotto in traguardi nazionali attraverso la normativa unionale, lasciando così agli Stati la flessibilità di trasformare il proprio sistema energetico. Un compromesso, quest’ultimo, tra il Regno Unito, che non voleva vincoli, e il gruppo guidato dalla Germania.
La Commissione ha, inoltre, annunciato che il sistema di scambio dei crediti per le emissioni di anidride carbonica (ETS) dovrà essere riformato. Si propone di stabilire una riserva per la stabilità del mercato nel 2021, all’inizio del prossimo periodo di scambio ETS. Questa permetterà sia di affrontare l’eccedenza di quote venutasi a formare negli ultimi anni, sia di regolarne la messa all’asta. La creazione di una tale riserva si aggiunge alla recente decisione di congelare 900 milioni di quote fino al 2019-2020 (back-loading).
Il documento presentato contiene poi le linee guida sullo sfruttamento del gas di scisto, materia su cui l’UE aveva recentemente rinunciato a definire una normativa vincolante.
Il quadro 2030 propone, infine, una nuova governance basata su piani nazionali per un’energia competitiva, sicura e sostenibile. Sulla base degli orientamenti che la Commissione fornirà a breve, gli Stati membri dovranno elaborare le loro strategie nell’ambito di un approccio comune che garantirà una maggiore certezza agli investitori e maggiore trasparenza, migliorando i meccanismi di coordinamento e sorveglianza dell’UE.
La Commissione ha allegato alla Comunicazione una relazione sui costi dell’energia, dove vengono confrontati i prezzi europei con quelli dei principali partner commerciali. Il confronto con altri Paesi evidenzia un aumento dei differenziali, in particolare con i prezzi del gas negli USA, che mina la competitività UE. Tuttavia, questo gap potrebbe essere in parte compensato attraverso politiche energetiche e climatiche efficaci in termini di costi; da mercati competitivi e da misure per migliorare l’efficienza energetica. La transizione verso un sistema sostenibile, sicuro e competitivo non è, infatti, pensabile senza l’implementazione di quest’ultimo punto che verrà ulteriormente considerato nell’ambito della revisione della Direttiva sull’efficienza energetica, prevista per la fine dell’anno.
Per rendere concreti gli interventi nei diversi campi la Commissione propone una serie di indicatori chiave per valutare i progressi compiuti nel tempo e fornire una base oggettiva per eventuali riposte strategiche. Gli indicatori riguardano, per esempio, i differenziali di prezzo dell’energia tra i principali partner commerciali, la diversificazione delle forniture e la dipendenza da fonti energetiche interne, nonché la capacità di interconnessione tra i Paesi membri. Attraverso questi indicatori si vorrebbe garantire “un sistema competitivo e sicuro che svilupperà un mercato sempre più integrato, forniture più diversificate, una concorrenza più intensa e fonti locali più sviluppate”, senza dimenticare il sostegno a ricerca, sviluppo e innovazione.
Le proposte dovranno ora passare al vaglio del Consiglio dei Ministri UE, presumibilmente nella sessione primaverile del 20-21 marzo. Ma un ulteriore tassello della strategia UE dovrebbe arrivare a Pasqua, quando il Commissario alla concorrenza Joaquín Almunia presenterà le nuove norme sugli aiuti di stato valide sino al 2020 e che riguardano in particolare l’industria energetica.
Beatrice Credi