Come trasformarsi da predatori a imprenditori. Facendo il bene dell’ambiente e dell’azienda
“Da predatori a imprenditori. Come le imprese dovranno rispondere alla sfida della sostenibilità per non farsi rovinare dalle tasse”. Il nuovo libro di Diego Masi, edito da Fausto Lupetti Editore, nasce dall’esperienza maturata dall’autore attraverso l’associazione no profit Alice for Children (a cui sono devoluti i diritti), fondata insieme alla moglie Daria per aiutare gli orfani di Nairobi, e in particolare quelli che nascono e vivono nelle baraccopoli e nelle discariche delle periferie. Un libro, dunque, che parte da un presente solo apparentemente astratto e lontano per spiegare alle aziende perché e come attuare, concretamente, politiche aziendali di corporate giving e social innovation. Il perché è drammaticamente semplice: è l’unica scelta possibile di aziende che vivono in un Pianeta sull’orlo di una una crisi sistemica.
Il libro inizia da un’analisi della situazione attuale e dal possibile futuro prossimo a cui stiamo andando incontro, esaminando le cinque variabili da cui dipende il nostro domani: la tendenza demografica, la domanda di risorse naturali, la globalizzazione dei beni e dei capitali, il cambiamento climatico e la rivoluzione tecnologica. E’ questa la tesi descritta da Laurence Smith, studioso americano, nel libro “2050, il futuro del nuovo Nord”: il primo pilastro è la “transizione demografica”, che ci porterà a uno scenario di un aumento della popolazione mondiale di 2,5 miliardi di persone entro 2050. Le risorse sono limitate e perciò da utilizzare con parsimonia, anche a fronte dell’incremento dei consumi da parte dei Paesi in via di sviluppo, mentre il processo di globalizzazione prosegue: se tutti gli abitanti della Terra consumassero quanto un occidentale, ci vorrebbero 11 Terre a disposizione per distribuire a ciascuno le risorse necessarie a soddisfare i bisogni veri e indotti dal consumismo. L’altro pilastro da tenere in considerazione è il riscaldamento del Pianeta: i cambiamenti climatici, causati dai gas ad effetto serra come la CO2, porteranno un ulteriore elemento di pressione sulla sostenibilità del nostro futuro, con aumenti medi globali della temperatura tra i 2° e i 4° gradi centigradi. La tecnologia, ultimo dei cinque pilastri esaminati, è infine lo “strumento che unisce, integra e connette tutte le variabili analizzate”: i progressi tecnologi potranno agire frenando o accelerando i processi che governeranno il nostro futuro.
Ma in questo panorama complesso, come si inserisce il ruolo dell’impresa? Masi nota come le imprese siano esposte a un grave rischio, alla base della loro stessa sopravvivenza: i consumatori sono sempre più attenti alla sostenibilità, come pure i cittadini, nel loro ruolo di elettori, e le istituzioni. Si accorgeranno presto che alcune sporadiche azioni sul sociale o per l’ambiente non sono sufficienti: è necessario strutturare dei veri e propri piani per innescare il cambiamento. “La domanda che una impresa dovrebbe farsi è sostanzialmente una sola, a prescindere dalla sensibilità del management: per rispondere alla sfida della sostenibilità, mi faccio rovinare dalle tasse o anticipo i problemi con progetti di corporate giving originali e seri? Lascio un segno della mia presenza sulla Terra in modo che mi ricordino o lascio un segno sulla Terra, forse di profitti ma senz’altro di spoliazione? Lavoro per gli azionisti o per i figli degli azionisti?”.
Masi confronta la struttura delle no profit tradizionali con il caso degli Stati Uniti e delle fondazioni finanziate in larga misura dalle aziende private: le no profit avrebbero bisogno di rendere le loro strutture più efficienti e trasparenti. Generalmente la struttura di donazione tramite fondazioni, d’altro canto, seppur più efficiente dal punto di vista dell’impiego delle risorse finanziarie, presenta “una debolezza che non può essere trascurata: non denuncia, non sensibilizza il largo pubblico e di conseguenza impedisce che dal basso si creino movimenti atti a fare pressione sui Governi affinché i problemi possano essere risolti”.
L’autore accompagna le aziende in un viaggio verso l’economia sociale: sei tappe per arrivare a lasciare un segno positivo sulla nostra società, sulla strada della sostenibilità. E, diversamente da quanto molti imprenditori ancora credono, alla fine del percorso, il bene delle aziende viene a coincidere con il bene comune, sia per l’ambiente che per le generazioni future. Un perfetto win-win.
Veronica Caciagli