“Good things to do”: la scommessa di Samsø, avanguardia della Danimarca
Vivere di energia rinnovabile al 100%. È questo l’obiettivo che si è posto, entro il 2050, il governo danese, che intanto si è già aggiudicato il prestigioso premio Gifts to the Earth, assegnato dal WWF a quelle nazioni, imprese e altre organizzazioni che dimostrino di contribuire in modo significativo alla conservazione dell’ambiente. “La Danimarca è la dimostrazione che è possibile sviluppare una società sostenibile e al tempo stesso garantire la crescita economica e il benessere. Come organizzazione globale per la conservazione, il WWF riconosce la leadership danese su questa importante questione”, dice Jim Leape Direttore Generale del WWF Internazionale. Una leadership che è stata protagonista anche del documentario Good things to do di Barbara Ferrari e Thomas Peres, realizzato nel 2012 e recentemente premiato all’edizione 2013 del Clorofilla Film Festival curato da Legambiente.
Il documentario racconta l’interessante caso di Samsø, un’isola danese situata nel Kattegat, con poco più di 4.000 abitanti, che dal 1997 non utilizza più combustibili fossili grazie a un impianto di pannelli solari e pale eoliche offshore e in terraferma. “Una mattina abbiamo letto un trafiletto sul giornale – ci racconta Barbara Ferrari – che illustrava brevemente questo progetto. Lo abbiamo subito considerato un esperimento estremamente interessante e abbiamo iniziato a cercare più informazioni. Trovati i contatti e pianificato il viaggio, a fine settembre siamo partiti!”. La scommessa di questo piccolo comune è ambiziosa: diventare un esempio da replicare su grande scala, per avviare l’intera nazione verso l’indipendenza energetica.
Come ci spiega Barbara: “Se si analizzano le risorse rinnovabili presenti sul territorio e le si trasformano con le attuali tecnologie disponibili si può riprodurre questo esperimento in moltissime altre situazioni. La percentuale del fabbisogno energetico globale che potrebbe in futuro essere soddisfatta dalle rinnovabili è ovviamente proporzionale all’impegno che i governi decideranno di dedicare alla questione… Ma aldilà del raggiungimento dell’obiettivo 100%, anche una fetta consistente della produzione rappresenterebbe un miglioramento e una prima conquista”.
La pellicola mostra le soluzioni adottate da Samsø non solo rispetto a energia eolica e solare, ma anche per quanto riguarda l’uso di biomassa, prodotta interamente dall’isola stessa: 3 Kg di paglia danno la stessa quantità di energia di 1 kg di petrolio ma a costi inferiori, con una produzione locale maggiormente controllata e con evidenti benefici sia per l’economia sia per l’ambiente.
Good things to do ha il merito di mettere in evidenza due elementi fondamentali, estremamente importanti: come racconta Barbara, “durante le riprese abbiamo conosciuto molte persone con un forte senso della comunità (da questo punto di vista ci sarebbe molto da imparare per noi italiani) e inserite in un’organizzazione sociale molto efficiente”. Il primo elemento vincente del modello Samsø sta dunque nel senso di appartenenza della popolazione: solo coinvolgendo in prima persona tutti i suoi abitanti Samsø ha ottenuto un interesse costante per le questioni energetiche comuni. Ecco perché è stata offerta ai singoli cittadini la possibilità di partecipare all’acquisto delle pale. Diventando co-proprietari dell’impianto eolico, tutti sono motivati a seguirne gli sviluppi e a tenerlo in buone condizioni. Perché – e qui subentra il secondo principio fondamentale – ciò che spinge queste persone a occuparsi attivamente dell’impianto è curarne l’applicazione pratica e il vantaggio concreto che ne consegue. Un contadino investe nell’acquisto di una pala perché vendendo la sua percentuale di energia guadagna di più che con la sua attività rurale. Un risultato concreto cui si aggiunge anche l’aspetto positivo di fare qualcosa di positivo per l’ambiente e la collettività.
Aggiunge la regista del documentario: “I cittadini danesi sono pochi, ma hanno un contatto diretto con le loro istituzioni, con chi li rappresenta. La cosa che più li distingue dal resto del mondo è che sono sempre aggiornati, puntano a informare e informarsi ed essendo pochi hanno molte più possibilità di realizzare progetti sostenuti dalle istituzioni stesse. Nel resto del mondo dovrebbe diffondersi la stessa cultura ambientale che è stata trasmessa ai cittadini danesi. Bisognerebbe partire dalle scuole e dai singoli cittadini, crescere generazioni più consapevoli. In Italia, ad esempio, le realtà green sono quasi tutte iniziative portate avanti da singoli che si sono informati. Quello che realmente ci manca è il supporto delle istituzioni”.
Il documentario prosegue raccontando i dintorni di Samsø, non meno interessanti. Dalla vita quotidiana di Hortjshøj, un villaggio a emissioni zero, all’attività della sede dell’Ove, l’organizzazione danese per l’energia rinnovabile, che punta a rendere la Danimarca 100% rinnovabile già entro il 2030, vent’anni prima rispetto al termine che si è posto il governo! Chissà che non vincano loro la scommessa.
Daniela Falchero