Sosteniblablabla: l’abuso di una parola preziosa secondo “State of the World 2013”
È ancora possibile parlare di sostenibilità? Se lo chiedono scienziati, esperti di politica ed economia e opinion leader di fama nel nuovo report del Worldwatch Institute “State of the World 2013“. Il volume (edito in Italia da Edizioni Ambiente), affronta la questione cercando di “ridare un senso al termine sostenibilità” che secondo gli esperti si sarebbe ormai “annacquato” trasformandosi in un mero strumento di marketing.
Per capire come si è arrivati a questa situazione è utile fare un salto indietro. «Il termine sostenibilità – ricorda Michael Renner, senior researcher del Worldwatch Institute – nasce ventuno anni fa al primo Summit della Terra a Rio de Janerio. In quella occasione fu ufficialmente coniato il termine e la sua definizione. Intorno a quella definizione ci fu un vasto dibattito. Molti affermarono che la parola probabilmente non sarebbe sopravvissuta perché ritenuta poco chiara o poco soddisfacente». La storia non ha dato ragione a questa previsione. «La parola non solo è sopravvissuta – continua Renner – anzi è cresciuta a dismisura negli ultimi venti anni. Basta fare una breve ricerca su Google per verificare come questo termine compaia milioni di volte a seconda di come viene cercato».
Secondo il ricercatore del Worldwatch Institute la crescita del termine sostenibilità ha però avuto degli effetti inaspettati trasformandosi in un’arma di marketing molto efficace: «Le persone che si occupano di marketing negli ultimi anni si sono rese conto che non è effettivamente possibile vendere un prodotto se in qualche modo non lo si associa ad un concetto verde. Oggi molte immagini pubblicitarie associano l’idea di sostenibilità ai prodotti più diversi e inaspettati. Questo meccanismo è entrato anche all’interno della retorica politica e va crescendo di giorno in giorno. Il termine sostenibilità ha avuto quindi una forte crescita che purtroppo è stata inversamente proporzionale alla reale possibilità di implementare la sostenibilità e le azioni sostenibili nella vita di tutti i giorni».
Per descrivere questa situazione nel volume è stato coniato il termine “sosteniblablabla”. «Il termine sostenibilità – ha spiegato Renner – è cresciuto talmente tanto da parlare in termini sostenibili di qualunque cosa al di là della sua connotazione reale. La parola sostenibilità rischia di crescere talmente tanto da entrare in ogni discorso perdendo di fatto il suo valore. Questa crescita esponenziale dell’uso del termine sostenibilità è in realtà un fenomeno molto pericoloso. Per tre motivi: innanzitutto sostituisce l’azione con il fatto di mettere un marchio, che non necessariamente corrisponde ad una realtà. In secondo luogo maschera una realtà che è quella della non sostenibilità, con cui ci confrontiamo. Infine tende a sollevarci da quel senso di urgenza che dovrebbe essere accompagnato da questa parola».
La constatazione che il termine sostenibilità è andato di fatto “annacquandosi” nel corso degli anni ha portato i ricercatori a porsi alcune domande: la sostenibilità è ancora possibile? Si può arrivare oggi alla sostenibilità quando di fatto siamo pienamente coinvolti in un sistema che è tutto fuorché sostenibile? Partendo da queste domande State of the World 2013 è diviso in tre sezioni che affrontano come dovrebbe essere utilizzato il termine “sostenibilità”, come possiamo raggiungerla e come possiamo prepararci all’eventualità di non farcela: nella prima sezione “La misurazione della sostenibilità”, gli autori presentano i metodi per monitorare il progresso globale verso una vita sostenibile; nella seconda “Raggiungere la vera sostenibilità” esaminano le politiche e le prospettive che potrebbero costruire una società realmente sostenibile; nella terza “Aprire in caso di emergenza”, affrontano se e come prepararsi per un dirompente cambiamento ambientale globale che sembra sempre più probabile.
Tuttavia, secondo Michael Renner siamo ancora in tempo per raggiungere una “vera sostenibilità”: «La questione fondamentale è ripensare il sistema in una chiave di efficienza di uso delle risorse. Questa efficienza deve partire dal problema energetico, quello più pressante, che deve arrivare ai primi posti dell’agenda dei prossimi anni. Siamo all’apice di un periodo che non potrà durare in eterno: l’era dei combustibili fossili. Questo ci mette nella condizione straordinaria di poter ancora cambiare rotta ed individuare fonti alternative a quelle che utilizziamo oggi. Occorre approfittare di questo spazio di manovra in maniera tempestiva ed urgente. Parallelamente bisogna modificare altri fattori del nostro sistema economico che sono legati alla qualità dell’ambiente che ci circonda». Il ricercatore del Worldwatch Institute concentra l’attenzione sul sistema agricolo: «Questo sistema presenta problematiche diverse dall’utilizzo dei combustibili fossili ma non per questo meno gravi: tende a iperutilizzare le risorse, impoverire i suoli e ad usare in modo inefficiente l’acqua. Tutto ciò unito al generale uso delle risorse energetiche contribuisce alla creazione di un sistema economico insostenibile. Oggi abbiamo ancora l’opportunità e la necessità di ripensare e “ringegnerizzare” le nostre economie».
Per fare tutto ciò, precisa Renner, occorreranno però governance e democrazia. «In assenza di istituzioni e pratiche democratiche in tutto il mondo non sarà possibile risolvere questa problematica. Due capitoli di questo volume sono dedicati al modo in cui le istituzioni e i movimenti sociali si confrontano con le domande che ci siamo posti sulla sostenibilità. Il tema è di tale rilevanza che la governance sarà al centro del report del prossimo anno».
Giuseppe Iasparra