Guadagnare rispettando la salute e l’ambiente. Il biologico possibile di Valentino Mercati
Profondità di visione, accento toscano verace. Valentino Mercati, il “commendatore”, ha fondato Aboca nel 1978 nella campagna toscana, per produrre medicinali naturali a partire da piante ed erbe officinali coltivate con metodo biologico. Oggi il gruppo fattura 80 mln. di euro, ha 500 dipendenti, dispone di 1.000 ettari di coltivazione diretta ed è presente in 15 paesi del mondo. Lo abbiamo intervistato a seguito della lettera inviata al Sole 24 Ore l’11 agosto scorso, in risposta ad un articolo di Gilberto Corbellini. L’entità della posta in gioco, nella lettera di Mercati, e la necessità di perseverare in una corretta informazione sul biologico ci sono sembrate due ottime motivazioni per riaprire – proprio in conclusione del 25° SANA – quel dibattito #bioedintorni da cui eravamo partiti alcuni mesi fa.
D) Dottor Mercati, il biologico oggi costa di più, mentre dovrebbe costare meno, in quanto ha meno carico ambientale per la collettività… Non pensa che, in questo meccanismo perverso, ci sia una responsabilità diretta anche delle associazioni di categoria dell’agricoltura? Nessuna affronta questo tema con chiarezza e anzi si difende l’immagine del contadino che “si prende cura della terra”. Si spinge il consumatore all’acquisto diretto illudendolo di comprare un prodotto “sano e genuino”…
R) Certamente. Le associazioni si giustificano dicendo che i contadini sono tutti “poveri cristi” che guadagnano poco (in parte è vero), ma finché si consente che inquinino o che prendano soldi per non inquinare siamo all’assurdo…Sono recentemente intervenuto in un convegno Coldiretti a Cortona dove ho parlato di “avvelenamento“. In tutta la Valdichiana – dove ho due fattorie – si sta praticamente proibendo l’agricoltura perché è talmente alto il livello di nitrati, causa di tumori, che a un certo punto hanno dovuto decidere una sospensione dell’attività agricola. Le falde sono inquinate da sostanze come l’arsenico, nel caso di Viterbo. Fra 20 anni non sapremo che acqua bere, l’acqua del sottosuolo andrà ripulita e filtrata, con costi altissimi per la collettività. E’una pazzia, certe volte penso che abbiamo il cervello anchilosato... Poi si aggiunge l’OGM, che è una vera e propria minaccia alla sopravvivenza del genere umano.
D) Ci spieghi meglio…
R) Chiunque lanci la sfida di vedere come funziona un prodotto OGM non ha contraddittorio, perché nessuno di noi ha i dati di cosa potrebbe succedere tra 50 anni. Però lo possiamo prevedere andando a verificare l’attività sui geni di un prodotto OGM rispetto a uno non-OGM: si vedrà che l’espressione genica è molto diversa…
D) Immagino che la vostra posizione sia suffragata da dati scientifici e non sia frutto di una coscienza “new age” o – al contrario – passatista, come spesso viene imputato all’agricoltura biologica e biodinamica…
R) Noi siamo agricoli, ma siamo anche una delle prime aziende al mondo in questo tipo di ricerca e collaboriamo con le più prestigiose istituzioni internazionali, a partire dall’Università di Cambridge. Comunque chi volesse maggiori informazioni scientifiche a riguardo le trova liberamente sul nostro sito. Abbiamo voluto mettere a disposizione questi dati perché non sono sempre accessibili ai giornalisti – ai quali si potrebbe addebitare il fatto di non essere “troppo curiosi”…
D) Cosa risponde a chi invoca la “libertà d’impresa” di coltivare OGM, come nel caso dell’agricoltore friulano che ha subito l’incursione, nei giorni scorsi, di alcune associazioni ambientaliste?
R) Vogliono farlo? Benissimo, basta che questi agricoltori assicurino il loro prodotto contro danni a terzi. Non si può più tollerare quello che è successo con l’industria del tabacco, o del petrolio o anche con quella farmaceutica, che in passato hanno fatto grandi danni e poi “non avevano i soldi” per pagare… Se questo signore vuol coltivare il mais OGM deve assicurarsi per almeno 30 o 50 anni, perché se tra un certo numero di anni dovesse emergere che quel prodotto ha fatto male a qualcuno ci deve essere chi paga per questo. Noi assicuriamo i nostri prodotti in tutto il mondo, perché non dovrebbero farlo anche loro?
D) Un principio di precauzione dunque…
R) Si, ma c’è un problemino che non le ho ancora detto… Se lei tentasse di assicurare questi prodotti OGM, non troverebbe nessuno, in nessuna parte del mondo disposto ad assicurarli! Questo vorrà dire qualcosa, no?
D) Nella sua risposta sul Sole 24 Ore Corbellini scrive “riaffermo che non c’è contraddizione tra biologico (uso provvisoriamente questo insensato termine) e OGM. Le colture OGM aiutano quelle biologiche e si può fare meglio impresa se si lasciano liberi gli agricoltori”. Cosa risponde?
R) Ho smesso di rispondere a Corbellini perché non vale la pena rispondere a chi “se la canta e se la suona” da solo, non c’è alcuna dialettica costruttiva. Comunque Corbellini confonde scienza e tecnologia. Fare scienza significa vedere anche il lungo termine e cosa sopravviverà… Molti dei farmaci che oggi sono fuori dal mercato perché fanno male, vent’anni fa erano invece il meglio della tecnologia. Riconoscere che una sostanza naturale è fisiologicamente affine a noi è il punto di partenza di Aboca. Quest’anno, a un convegno a New York, mi hanno pubblicato per la prima volta una ricerca che dimostra che una molecola artificiale non è uguale alla molecola naturale – che è una cosa evidente, ma nessuna rivista scientifica ha mai voluto pubblicarla prima d’ora. Pubblicheremo un articolo sul tema in India, ma non riusciamo a pubblicarlo in Europa, dove evidentemente dà fastidio una posizione che spazza via due secoli di ricerca: che una molecola di sintesi sia uguale a una naturale è letteralmente una bischerata!
D) Quanto vi è servita la tradizione di studi sulle erbe officinali riportata nei codici antichi, che raccogliete anche nel vostro Museo?
R) Oggi stesso ho lavorato tutto il giorno a una ricerca antitumorale che stiamo sperimentando in Canada. Stiamo cercando le piante che serviranno a queste sperimentazioni e il bagaglio di conoscenze che ci trasmette il nostro database è immenso. La ricerca storica – da cui nasce Aboca – vale per noi per il 30% di tutti gli investimenti in ricerca. Il Museo raccoglie 20 anni di ricerca.
D) Veniamo alla politica: continuiamo ad essere travolti dai soliti temi “inutili”: IMU, la decadenza di Berlusconi, Renzi e il PD ecc, mentre non si parla delle questioni ambientali. I politici sono “ignoranti” o c’è un’altra spiegazione?
R) Più che un fenomeno di ignoranza lo considero una mancanza di lungimiranza, l’incapacità di guardare al domani. Il politico dovrebbe guardare la luna e invece si guarda il dito, pensando solo alla rielezione, senza una prospettiva nemmeno a media distanza. Ci stiamo mangiando il mondo. La politica…mah, lasciamo perdere, questa non è nemmeno politica, è questione di soldi…
D) Tutti i proclami su provvedimenti a valenza ambientale (a partire dalla fiscalità ecologica di Passera e Clini, più volte annunciata) si sono arenati, come commenta?
R) Guardi, io ho un’azienda che è più verde dei Verdi. E posso dimostrare quanto si può guadagnare seguendo questo indirizzo. L’unica strada che consente alle aziende di reggere alla crisi è la crescita qualitativa, dove i ricavi arrivano da un’impostazione che un tempo si diceva “etica”. L’idea di vivere a lungo termine. Le imprese che guardano a 30 anni, vivono oggi proprio perché hanno l’orizzonte a 30 anni e il consumatore lo capisce – perché è sicuramente più intelligente del politico. Le aziende che guadagnano oggi sono quelle che fanno ricerca, spaccano il capello in quattro e capiscono qual è la farfalla che può scatenare l’uragano… Noi siamo così e lei non immagina quanto oggi il mondo farmaceutico sarebbe disposto a pagare per comprare un’azienda come Aboca… Se c’è una prospettiva che funziona in questo settore, è infatti sicuramente quella della complessità che abbiamo adottato noi. Siamo all’inizio di una nuova frontiera. Il politico fermo sui vecchi schemi questo non riesce a capirlo perché sta ancora ad ascoltare il bottegaio che vuole i finanziamenti altrimenti lo “licenzia”…
D) Non le ho ancora chiesto una cosa: ma com’è nata Aboca? Da quale intuizione?
R) Avevo un’azienda agricola e per un caso fortuito notai i miei collaboratori, che dovevano diserbare il giardino, usare una tanica sulla quale c’era un teschio, come simbolo di pericolo. Li fermai dicendo loro che lì giocavano i miei bambini e che non volevo che la usassero. Ho voluto documentarmi sulle sostanze mutagene e sui loro effetti… Da lì ho deciso di vendere le altre mie aziende e concentrarmi su Aboca perché era per me diventato impossibile che la chimica, così come l’avevo vista, potesse sopravvivere insieme all’uomo…
Andrea Gandiglio