Nel classico di Portmann i segreti delle forme degli animali
Per la rubrica “Racconti d’Ambiente“, pubblichiamo oggi un estratto del quinto capitolo di “La forma degli animali“, di Adolf Portmann. Il saggio è l’opera più celebre dello zoologo svizzero scomparso nel 1982, e viene ripubblicato dopo molti anni in Italia da Raffaello Cortina Editore. Il libro indaga il significato della morfoglogia animale: che senso hanno le striature delle zebre, la criniera del leone, gli ocelli della coda del pavone e le mirabili geometrie delle conchiglie dei molluschi? E come mai parliamo dello “spettacolo” della natura, come se ci trovassimo di fronte a un’inarrivabile opera d’arte? L’estratto del capitolo qui sotto è dedicato a “I molluschi e le loro conchiglie”.
Abbiamo visto che la configurazione dei vertebrati è sottoposta a determinate regole, e lo stesso vale per qualunque gruppo di forme animali affini che presenti al suo interno notevoli divergenze nel grado di differenziazione. Prendiamo per esempio il phylum dei molluschi, che manifesta tali divergenze e ha inoltre un’organizzazione estremamente diversa dalla nostra; la digressione ci consentirà di occuparci anche dei loro gusci, una delle più sorprendenti formazioni degli animali che ha attirato da tempo l’interesse dei collezionisti, al punto che alcuni vecchi “cabinet di conchiglie” rappresentano il nucleo originario dei moderni musei di storia naturale.
Il mollusco vero e proprio è per noi certamente più importante di ciò che produce, ma le conchiglie sono così belle e variegate e hanno un rapporto tanto particolare con gli animali al loro interno che non possiamo non prendere in esame anche questi involucri che, pur essendo privi di vita, dalla vita sono stati formati. Il guscio dei molluschi è il risultato di una piega cutanea che avvolge il corpo nella sua interezza, come un mantello, o almeno ne ricopre gran parte, nascondendo il sacco viscerale. La parte più importante di questo “mantello” è il margine, che produce una secrezione ghiandolare in grado di costruire, a partire da sostanze organiche, la matrice della conchiglia, sulla quale vengono poi depositate notevoli quantità di sostanze minerarie (per lo più sali di calcio). La parte esterna del mantello contribuisce anch’essa alla formazione del guscio, e in particolare del suo liscio strato interno.
La forma della conchiglia dei molluschi deriva dalla sua particolare modalità di sviluppo. Strutture solide come le nostre ossa crescono grazie a una continua e simultanea trasformazione, restando armonicamente disposte nella massa crescente del corpo. Tutt’altro discorso, invece, per il guscio dei molluschi, che si accresce soltanto lungo una zona marginale e non può quindi semplicemente adattarsi all’incremento della massa corporea globale. L’adattamento è reso invece possibile dall’aggiunta di nuovi strati, sempre più grandi: il guscio è un’opera del tempo in cui tutte le tappe dello sviluppo rimangono chiaramente visibili. L’accrescimento viene regolato dalla crescita del margine del mantello, dalla sua forma e dal tipo di secrezione. La forma è determinata una volta per tutte dai caratteri peculiari della specie, che sono ereditari. È così che sorgono forme geometriche ben definite che mettono in luce un gran numero di leggi matematiche, cui gli scienziati hanno da tempo rivolto il loro interesse. Le conchiglie più semplici, in cui il margine del mantello avvolge l’animale come un anello, hanno forma di scodella o di coppa: è il caso delle patelle attaccate agli scogli.
Che aspetto avevano le conchiglie dei primi molluschi? Si tratta di una questione assai dibattuta, ma quel che è certo è che i gusci delle patelle non sono i più antichi. Un altro abitante degli scogli, che gli zoologi chiamano “chitone”, mostra al suo interno alcuni tratti distintivi di uno stile costruttivo molto antico; pur con qualche esitazione, c’è stato allora chi ha proposto di considerare il guscio del chitone – formato da otto parti separate – come il tipo originario. Da alcuni anni, però, sull’intera questione è stata inaspettatamente gettata nuova luce. Nel 1952 la nave da ricerca Galathea, battente bandiera danese, ha recuperato a una profondità di quasi quattromila metri alcuni molluschi muniti di guscio che rappresentano – come dimostrato da approfondite indagini successive – un nuovo gruppo molto primitivo.
Il nome scelto per questo nuovo mollusco è Neopilina, in omaggio al fatto che il suo guscio appare sorprendentemente simile a quello di un altro organismo, Pilina, fossile rinvenuto fra gli strati geologici più antichi. Il nuovo Pilina emerso dagli abissi ha un guscio del diametro di circa tre centimetri, rialzato verso la testa e inclinato in avanti. L’intera struttura è così primitiva che possiamo dare per certo che i primi molluschi muniti di guscio si portassero in giro una casa di questo tipo .
In alcuni antichi cefalopodi il guscio si accresceva su tutti i lati, allungandosi a mo’ di cono; in altri, invece, l’accrescimento risultava maggiore su un lato del mantello, e il guscio si avvolgeva come una spirale regolare sopra la testa (con le volute che procedevano in direzione opposta rispetto a quelle delle nostre lumache acquatiche!). Ma l’accrescimento può anche limitarsi a una parte del margine del mantello: poiché questa parte, di solito, è asimmetrica rispetto all’asse del corpo, la superficie in crescita si dispone a spirale. L’accrescimento del guscio su un unico lato del margine del mantello cela in realtà numerosi e difficili problemi, essendo correlato alla particolare torsione del sacco viscerale tipica di molte chiocciole e all’asimmetria di singoli organi riscontrabile assai di frequente nei molluschi. Torsione e asimmetria possono manifestarsi indipendentemente l’una dall’altra oppure insieme, e ciò ha procurato parecchi grattacapi agli zoologi che si sono occupati della forma delle chiocciole.
Adolf Portmann