L’estate bollente degli OGM: protesta a Montecitorio per chiedere di fermare i semi biotech
E’ la questione in grado di coalizzare, come quasi mai avviene nel nostro Paese, le associazioni di categoria degli agricoltori, biologici e non, e le associazioni ambientaliste. Questo pomeriggio, la “Task force anti Ogm”, di cui fanno parte, tra gli altri, Legambiente, Slow Food, Aiab, Coldiretti e Cia, manifesterà davanti a Montecitorio per chiedere al governo l’adozione immediata della clausola di salvaguardia, in modo da fermare le coltivazioni di piante geneticamente modificate. Una richiesta peraltro avanzata poche settimane fa dal Senato, quando tutti i gruppi parlamentari hanno approvato all’unanimità (con una sola astensione) un ordine del giorno che impegna il governo a muoversi in tal senso “per tutelare la salute umana, l’ambiente e il modello economico e sociale del settore agroalimentare”.
Dell’argomento si discute da anni. E mentre l’Italia a parole si è sempre detta contraria agli Ogm, è rimasta a guardare quando qualche giorno fa si è diffusa la notizia che a Vivaro, in Friuli Venezia Giulia, l’agricoltore e leader del Movimento Libertario Giorgio Fidenato aveva seminato, per la seconda volta dal 2010, mais transgenico. Tre anni fa venne fermato quando le piante erano già alte. La sua azienda e il conto in banca furono messi sotto sequestro. Ma dopo che sedici giudici italiani, occupandosi del caso a vario titolo, avevano considerato la semina abusiva, la Corte di giustizia europea un mese fa si è pronunciata in suo favore.
A dare l’allarme nei giorni scorsi è stata Slow Food, che nel pomeriggio di sabato ha diffuso un comunicato dai toni preoccupati: “Seimila metri quadrati di mais Ogm sono stati seminati questa mattina a Vivaro in Friuli, come annunciato dagli esponenti di Futuragra con una serie di SMS circolati nelle giornate scorse. Nonostante seminare Ogm in campo aperto sia in Italia tuttora vietato, nonostante ben due procure (Padova e Pordenone) si siano espresse in tal senso a proposito dell’operato di un agricoltore che qualche anno fa aveva seminato mais Ogm, e nonostante anche la Corte di Cassazione, nel marzo 2012, abbia ravvisato nella condotta di chi semina mais Ogm l’integrazione di un reato, le autorità locali e nazionali, pur avvisate, non hanno preso alcun provvedimento”. Da subito, le associazioni hanno attaccato il governo, ritenuto colpevole di inerzia, ma anche la Regione, per non aver “compreso – come ha osservato il presidente Slow Food Roberto Burdese – la gravità di un gesto come questo”. Il presidente di Aiab Alessandro Triantafyllidis ha commentato amaro: “A forza di aspettare che qualcun altro agisca si è lasciato, in tutti i sensi, campo libero a chi importa solo fare show e delegittimare leggi e posizioni della maggioranza dei cittadini”.
Sempre sabato scorso, rispondendo alle critiche, il Ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo ha annunciato: “Quanto avvenuto oggi in Friuli Venezia Giulia non è assolutamente da sottovalutare. In ogni caso è fondamentale ribadire che se non si verificano prima le condizioni di coesistenza, ogni semina di organismi geneticamente modificati non è permessa. Ho già dato disposizioni affinché il Corpo Forestale dello Stato, in accordo con le competenti autorità regionali, si accerti della natura delle sementi utilizzate in modo da assumere i provvedimenti del caso”. Ma il fronte pro Ogm, pur essendo ristretto (insieme a Fidenato ne fanno parte le associazioni Futuragra e Assalzoo), è molto agguerrito. “Al corpo forestale apro solo col mandato di perquisizione, la De Girolamo, lo Stato italiano e tutte le associazioni che sostengono questa cosa, sono fuori legge. C’è stata una sentenza che ha chiarito finalmente tutto. Sono tredici anni che lo Stato italiano ci vieta di seminare”, ha fatto sapere l’agricoltore ribelle.
La speranza delle associazioni è che il governo, di fronte alle pressioni provenienti da più parti, decida di approvare la clausola una volta per tutte. “La non definitiva risoluzione della vicenda Ogm va avanti ormai da troppo tempo – sottolinea Coldiretti – e questa deve essere l’occasione per chiudere definitivamente una questione sulla quale cittadini, agricoltori, rappresentanze economiche e sociali, Regioni ed il Parlamento si sono espressi già tantissime volte”. Meno di un mese fa, la Corte di giustizia europea si è espressa a favore dello stesso Fidenato, stabilendo che “la messa in coltura di Ogm quali le varietà del mais Mon 810 non può essere assoggettata a una procedura nazionale di autorizzazione quando l’impiego e la commercializzazione di tali varietà sono già stati autorizzati da Bruxelles e le varietà già iscritte al registro europeo delle sementi”. Il rischio, adesso, è che andando avanti su questa strada si alimenti un vuoto legislativo pericoloso. “Da anni chiediamo ai diversi Governi di applicare la clausola di salvaguardia. Solo un mese fa il Senato si è espresso approvandola all’unanimità. Adesso spetterebbe ai ministeri competenti dar seguito a questo importante atto. Invece, dopo la sentenza della Corte Europea, ci ritroviamo in una situazione di vuoto legislativo che ha già dato l’avvio a semine non autorizzate, come accaduto nella primavera 2010: per noi sono atti di provocazione gravissimi”, continua Burdese.
Tra i timori delle associazioni agricole c’è anche quello che gli organismi transgenici possano scalfire irrimediabilmente l’enorme valore prodotto dal settore agroalimentare italiano: “La contrarietà agli Ogm – dice preoccupato il presidente della Cia Giuseppe Politi – non scaturisce da una scelta ideologica, ma dalla consapevolezza che l’utilizzazione di biotech può annullare la nostra idea di agricoltura. Annullare l’unico vantaggio competitivo dei suoi prodotti sui mercati: quello della biodiversità. Non si tratta di una posizione oscurantista. Tutt’altro. Chiediamo alla scienza di continuare a contribuire alla crescita di questo tipo di agricoltura. E questo lo può fare senza ricorrere agli organismi geneticamente modificati, come, del resto, è avvenuto fino ad oggi e con risultati molto importanti”.
Veronica Ulivieri